GIUSEPPE MAZZINI E LA GIOVINE ITALIA: PENSIERO E AZIONE

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  1. lupog
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    INDICE
    IL PENSIERO POLITICO DEL GIOVANE MAZZINI E L'ATTIVITÀ' COSPIRATIVA CARBONARA
    IL PROGRAMMA DELLA GIOVINE ITALIA
    IL RUOLO DEL POPOLO: EDUCAZIONE E INSURREZIONE
    Lo sviluppo della Giovine Italia
    IL FALLIMENTO DELLE PRIME INSURREZIONI
    LA GIOVINE EUROPA. DIO E LA MISSIONE DI ROMA





    IL PENSIERO POLITICO DEL GIOVANE MAZZINI E L'ATTIVITÀ' COSPIRATIVA CARBONARA

    Mazzini nacque a Genova nel 1805 divenne attivista della Carboneria nel 1827 diffondendola con successo in Liguria ed unendo all'attività cospirativa quella di divulgatore culturale sull’“Indicatore genovese” , e poi sull’“Indicatore livornese” del Guerrazzi.
    In questi giornali era chiara già la sua fede romantica nel progresso, la sua ispirazione religiosa dell'azione e l’esaltazione del martirio per la patria. Nel novembre 1830 fu arrestato in seguito a una delazione e rinchiuso nella fortezza di Savona.
    Liberato nel febbraio 1831 dovette scegliere se restare in patria sotto il controllo della polizia o andare in esilio. Scelse quest'ultima possibilità emigrando a Marsiglia. Prendendo atto del fallimento dell'azione settaria carbonara e delle società segrete nelle insurrezioni del 1820-21 e del 1830-31 fondò nel 1831 la Giovine Italia

    Edited by lupog - 7/8/2011, 11:42
     
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  2. lupog
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    PENSIERO E AZIONE: IL PROGRAMMA DELLA GIOVINE ITALIA

    Il programma della “Giovine Italia” si ispirava ad un'Italia libera ed indipendente dallo straniero ,unita perché il federalismo indeboliva il senso di nazione; repubblicana perché nella repubblica si concretava la sua idea di sovranità del popolo.
    Il metodo del Mazzini può essere riassunto nell'espressione "pensiero ed azione" da intendersi come elaborazione di alcuni principi e valori cardine da propagandare con l'attività educatrice nei confronti del popolo e con ripetute insurrezioni.
    Se la prima redazione dell'Istruzione generale per gli affratellati nella Giovine Italia risente ancora dell'ispirazione giacobino-carbonara del Buonarroti con la versione definitiva abbiamo il definitivo allontanamento del Mazzini dall'azione settaria a favore del coinvolgimento del Popolo (la rivoluzione va FATTA CON IL POPOLO E pel il popolo).
    Emerge inoltre la sua fede etico-religiosa in Dio che si realizza nel continuo progresso dell’umanità e nelle nazioni ognuna della quali ha una missione da compiere. L'Italia avrebbe dovuto adempiere alla sua terza missione storica dopo l'impero romano e il cristianesimo: diffondere in Europa l'idea di popoli, liberi e pacifici associati tra loro.

    Edited by lupog - 27/2/2011, 12:44
     
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  3. lupog
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    Il ruolo del popolo: educazione e insurrezione

    Mazzini inoltre insisteva sull’opera di educazione del popolo attraverso la diffusione del suo programma come elemento propedeutico all'azione insurrezionale che doveva essere seguita da una “guerra per bande” e fatta senza aiuto straniero ma solo da membri della Giovine Italia.
    In Mazzini è centrale il ruolo del popolo, assente in vece nella Carboneria; che va educato dalla “classe media” e sottratto all'ignoranza , al servaggio secolare ed alla miseria che lo attanaglia.
    I vantaggi materiali rimanevano comunque subordinati all’indipendenza nazionale. Mazzini avversava fortemente il socialismo condannandone il materialismo e l'ispirazione classista che creava divisioni all'interno del popolo e la volontà di eliminare la proprietà privata che lui invece voleva mantenere.

    Lo sviluppo della Giovine Italia

    la Giovine Italia , si diffuse rapidamente in Piemonte, in Liguria, in Lombardia, in Toscana e in parte della Romagna grazie al fascino di Mazzini ed alla semplicità della propaganda. Per breve tempo Mazzini instaurò anche un alleanza con la società “Veri Italiani” di Buonarroti che ben presto si arenò a causa della necessità sostenuta dal Bounarroti ed avversata da Mazzini di creare ,a insurrezione completata, una dittatura provvisoria di uomini virtuosi. Mazzini era contrario alla dittatura rivoluzionaria in luogo dell’assemblea nazionale eletta dal popolo ,anche perché sapeva di giacobinismo francese a cui non si doveva subordinare la rivoluzione italiana. La scissione tra le due organizzazioni provocò il declino in Italia del buonarrotismo.


    Le prime insurrezioni mazziniane furono un fallimento e ne misero in crisi il movimento.
    Nel 1833 una cospirazione ordita contemporaneamente a Genova ed in Piemonte , in cui erano coinvolti anche ufficiali dell'esercito sabaudo, fu scoperta e repressa nel sangue da Carlo Alberto. Il giro di vite partito da una delazione, porterà all'arresto di 77 affiliati alla Giovine Italia, molti dei quali verranno passati per le armi
    L'anno successivo un'altra insurrezione guidata dal generale Ramorino avrebbe dovuto penetrare dalla Svizzera verso la Savoia ma fallì miseramente per l'intervento repressivo delle autorità elvetiche, per l'inettitudine del comando ( Ramorino che aveva ricevuto da Mazzini 40000 franchi per equipaggiare i volontari , impiegò il denaro andando a giocare d'azzardo a Parigi) e per i dissensi tra i congiurati, con il Buonarrotti impegnato a promuovere il boicottaggio delle inziative mazziniane .
    Tra gli insorti vi era il giovane Giuseppe Garibaldi che partecipò al moto genovese, (3-4 febbraio 1834) e dovette darsi rapidamente alla fuga.
    Analoghe azioni repressive ai danni dei mazziniani si ebbero a Napoli, in Toscana e in Lombardia mettendo momentaneamente in rotta tutta l'organizzazione della Giovine Italia. .


    La Giovine Europa. Dio e la missione di Roma

    la “Giovine Italia” entrò in crisi ma Mazzini non si scoraggiò e decise di dare al suo progetto un respiro più internazionale fondando la “Giovine Europa”, (15 aprile 1834 )e tra il 1834 e il 1836 i suoi rami nazionali (“Giovine Germania”, “Giovine Polonia”, “Giovine Svizzera”) riuscendo quindi a creare un' organizzazione democratica a carattere sovranazionale che però si dissolse pochi anni dopo nel 1837.
    La “Giovine Europa” fu tuttavia importante perché contrappose l’idea mazziniana della rivoluzione su iniziativa nazionale al cosmopolitismo della tradizione rivoluzionaria: Mazzini considerava la supremazia francese conclusa con Napoleone; la nuova epoca era quella dell'associazione dei popoli in cui ognuno dovesse coltivare la propria missione particolare, fatto salvo il ruolo specifico dell’Italia in virtù della funzione universale di Roma.
    Mazzini recuperava questa immagine dalla tradizione cattolica contrapponendosi così al filone intellettuale che considerava Roma l’ostacolo maggiore all’unità d’Italia; d’altro canto elaborava una sua originale concezione religiosa , ritenendo di scorgere “il dito di Dio nelle pagine di storia del mondo” ma allo stesso tempo considerando esaurita la missione della Chiesa che anzi si era oramai allontanata dal messaggio evangelico. Si trattava di una spiritualità fuori dagli schemi delle tradizionali dottrine e per questo destinata a creare malumori sia negli atei che nei credenti : “professo una fede che ritengo ancora più pura e più sublime; ma il suo tempo non è ancora giunto, e fino a quel giorno la visione cristiana resta la più sacra manifestazione dello spirito dell'umanità, che avanza continuamente verso un ideale che, prima o poi, si dovrà realizzare”

    Edited by lupog - 8/8/2011, 12:27
     
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    Ringrazio Lupo per aver riportato all'attenzione un personaggio di cui spesso si parla e poco si conosce.

    Segnalo la riproposizione dei " Doveri dell' Uomo " ripubblicati in questo sito: http://cronologia.leonardo.it/storia/a1860aa.htm

    Fà una certa impressione nella nostra epoca ritrovare un uomo che prima di parlare di diritti esamina i doveri.

    Edited by lupog - 1/6/2010, 15:35
     
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  5. lupog
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    grazie a te Romeo per l'interessante link.
    con un po' di pazienza arriveranno altri contributi :)
     
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    All' epoca il Buonarroti aveva già abbandonato le posizioni giacobine (era stato un convinto sostenitore di Robespierre e per questo fù incarcerato) , in carcere conobbe Babeuf , di cui abbracciò le idee , un comunismo premarxista che Mazzini , sostenitore dèlla propietà privata (pur temperata dall' Etica sociale) , non poteva approvare .
    Permettetemi un' opinione personale , gia esprèssa dal mio Montanelli , se si vogliono capire le ideologie ottocentesche e novecentesche bisogna necessariamente partire dall' Illuinismo , semplifiando , da Rousseau e Voltaire , non a caso Babeuf era un grande ammiratore e seguace dèl primo , mentre Mazzini fu profondamènte influenzato dal secondo .

    Edited by Romeottavio - 30/5/2015, 10:50
     
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  7. lupog
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    CITAZIONE (Romeottvio @ 27/7/2010, 12:08)
    All' epoca il Buonarroti aveva già abbandonato le posizioni giacobine (era stato un convinto sostenitore di Robespierre e pèr quèsto fù incarcerato) , in carcere conobbe Babeuf , di cui abbracciò le idee , un comunismo premarxista che Mazzini , sostenitore dèlla propietà privata (pur temperata dall' Etica sociale) , nòn poteva approvare .

    In realtà le idee di Buonarrotti erano un misto di Robespierre e Babeuf. Proprio durante la collaborazione con il mazzini scrive un libello dedicato alla situazione italiana in cui porta avanti l'egualitarismo sociale di Babeuf e l'idea di sovranità popolare giacobina
     
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    Ovviamente , anche Babeuf veniva da quell' esperiènza e addirittura aveva criticato Robespierre su posizioni più radicali , le sue idee erano un' ulteriore evoluzione radicale del giacobinismo.
     
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  9. Italo-romano
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    Sul piano tattico-militare ritengo si possa definire Mazzini come un estimatore di Carlo Bianco di San Jorioz, il primo italiano a codificare una teoria organica sulla migliore modalità attuativa del progetto repubblicano; nella sua fondamentale opera del 1829, Della guerra nazionale d'insurrezione per bande, egli riprende le teorie già sviluppate dal polacco Tadeusz Kociunsko nel 1794, esaltando quasi fideisticamente il ruolo delle bande capillarmente distribuite come strumento principale per passare dalla cospirazione all'insurrezione, anche se Carlo Bianco credeva nella guerra di bande per sostenere l'insurrezione repubblicana una volta scoppiata, mentre Mazzini dimostrò di credere nella guerra di bande per affermare l'insurrezione.

    Sul piano strettamente militare, comunque, si rivelarono ambedue forse troppo sicuri dell'efficacia del metodo guerrigliero, che ad es. aveva sì riscosso gran successo in Spagna contro Napoleone, ma soprattutto perchè, una volta scioltosi l'esercito regolare e caduta Madrid, a sostenere gli insorti furon il clero e gli Inglesi di Wellington dalle loro basi in Portogallo.

    Insomma credo si possa affermare che tutta questa fiducia nella guerriglia popolare fosse sostanzialmente malriposta, poichè presupponeva delle masse popolari maggiormente autoconsapevoli della propria "soggettività rivoluzionaria", ossia della loro capacità di farsi soggetto attivo della storia.

    E' in buona sostanza la critica che mosse il Pisacane alla suddetta concezione tattica, partendo dalla sua opera sulla guerra del 1848/'49, in cui egli, già brillante ufficiale di carriera, demolisce appunto in concreto la fattibilità della guerriglia, declassandola alla funzione di mero supporto, ad es. in caso di assedio di un esercito nemico ad una città fortificata e presidiata (si veda l'esempio di Brescia nel marzo 1849, con l'azione delle bande di don Boifava).

    E voi cosa ne pensate, amici? Sul piano eminentemente tattico, chi aveva ragione? Pisacane, che credeva nell'efficacia risolutiva di inquadrare - politicamente,oltrechè militarmente - le masse popolari in grandi unità capaci di ingaggiare battaglia anche in campo aperto contro gli eserciti stranieri invasori, o Mazzini, che reputava decisiva la costante e capillare azione "molestatrice" delle bande come piccole unità mobili alle spalle ed ai fianchi delle truppe nemiche, attivando una escalation destinata a terminare coll'insurrezione generale del popolo stanco delle rappresaglie?

    Da notare che la suddetta differenza di visione tattica presupponeva anche una oramai netta distinzione per così dire ideologica tra i due, col Pisacane oramai già arruolabile come "protosocialista", mentre sappiamo bene quale fosse l'opinione di Mazzini sulle coeve dottrine collettivistiche.
     
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  10. Italo-romano
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    Scusate gente,


    se per caso ho contribuito ad ingenerare quella situazione di confusione ve ne chiedo scusa, non era assolutamente mia intenzione farlo, intendevo semplicemente offrire un punto di vista critico di quella specifica branca del pensiero mazziniano afferente alle modalità attuative del suo disegno politico (pur essendo "ideologicamente" più vicino a lui che al Pisacane, debbo confessarvi d'aver trovato non infondate le critiche di quest'ultimo all'illustre genovese).

    Ribadisco comunque che non intendevo assolutamente creare il benchè minimo disturbo (parola d'onore), se pertanto vi son comunque riuscito, nei fatti, allora vi rinnovo le mie scuse.
     
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  11. lupog
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    Allora ti ringrazio Claudio per il tuo notevole contributo pieno di spunti, che proprio a causa del sovrapporsi di più argomenti colpevolmente rischiavamo di trascurare. :ok:

    Hai opportunamente sottolineato le diverse impostazioni strategiche di Mazzini e Pisacane. Ma paradossalmente il loro agire più che contrapporsi finirà per convergere.
    Premesso che non sono un esperto del campo, mi pare però che Mazzini fosse tutto tranne uno stratega militare e di ciò era consapevole. In lui sovente si ravvisa un'ingenuità non solo nel progettare le insurrezioni ma anche nella scelta dei personaggi a cui affidarne la conduzione. Mazzini era convinto che all'insurrezione dei suoi avrebbe fatto seguito la rivolta di massa, e non si arrese mai all'evidenza che in Italia non vi erano le condizioni per una rivoluzione di popolo. Pisacane elaborò una strategia di battaglia in campo aperto senza avere la concreta possibilità di realizzarla. Sia Mazzini che Pisacane non riuscirono ad adattare i mezzi di cui disponevano agli obiettivi che intendevano perseguire.
    I due personaggi finiscono per convergere anche sotto un altro aspetto: ho già detto che Mazzini era convinto della necessità di fare della continua azione la linfa vitale per mantenere il progetto da lui preventivamente elaborati. Pisacane invece è un militare che grazie alle successive frequentazioni fa proprio quell'ideale e ad esso finisce per subordinare tutta la sua logica di stratega. Sapri fu obiettivamente una follia e lo stesso Pisacane nel suo testamento è consapevole di andare verso un probabile annientamento; ma la logica del sacrificio in nome dell'ideale finisce con il prevalere, nella speranza che quel martirio sia la scintilla che provocherà l'agognata rivolta del popolo.
    Pisacane muore più mazziniano di Mazzini. Ed è proprio perché i i suoi più intransigenti seguaci finiscono spesso per lasciarci le penne, che l'idea politica repubblicana di Mazzini verrà scavalcata dall'opzione piemontese e monarchica del Cavour. :)

    Edited by lupog - 23/1/2011, 16:17
     
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  12. Italo-romano
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    Grazie Lupo,


    concordo anch'io sulla limitata preparazione tecnico-militare di Mazzini, che del resto ebbe semmai l'immenso merito di tenere ben viva la fiamma dell'ideale nazionale anche quando essa pareva ignorata dai più e severamente repressa dal potere; fu insomma un profeta coerente ed instancabile, e come tutti i veri, rivoluzionari profeti, non fu profeta in patria.

    Tu mi insegni, del resto, che proprio la continua azione di stimolo anche militare delle cospirazioni mazziniane risolse più volte - ad es. nel 1858 con il fallito attentato di Orsini a Napoleone III, eppoi nel 1860 con l'organizzazione dellaspedizione dei Mille, ad opera dei più importanti luogotenenti di Mazzini, come Crispi e Bixio - l'empasse in cui era venuta a trovarsi la politica cavouriana, lesta ad approfittarne per organizzare prima la seconda guerra di indipendenza, eppoi l'occupazione di quasi tutti i territori dello Stato pontificio.

    p.s. Mi pare quantomai indovinata anche la tua affermazione di una sostanziale unità d'intenti tra i vari leaders dell'area democratica e repubblicana del tempo: tanto per restare nel campo della polemologia, le tre maggiori figure del campo rivoluzionario - ossia Mazzini, Pisacane e Nicola Fabrizi (personaggio a mio modesto avviso iniquamente misconosciuto) - ricercarono spesso forme di cooperazione, o quantomeno di fattiva non belligeranza (il Fabrizi, ad es., si dichiarò sempre, pur nella distinzione tattica ed organizzativa della sua Legione Italica basata a Malta rispetto alla Giovine Italia, un estimatore e seguace dell'opera mazziniana).
     
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    Mazzini non ebbe mai esperienze militari , come rivoluzionario sul campo , a mio giudizio , fù un vero disastro , come ideologo fù un vero successo , Garibaldi si innamorò di quelle idee , e a causa di quelle strategie , o meglio , di quelle tattiche insurrezionali fallite , fù ridotto alla macchia , ma se quell' idea non l' avesse assimilata da Mazzini , se quel moto insurrezionale fallimentare e male organizzato non ci fosse stato , avremmo avuto un Garibaldi?
    La stessa logica possiamo applicarla ad ogni singolo patriota , chi credete che fossero i volontari che accorsero a Roma nel 49 (e la Repubblica Romana , retta da Mazzini , è la prova delle sue capacità e del valore delle sue idee morali , a Roma in quel breve ma caotico periodo , impedisce ogni tentativo di terrorismo , ogni tentazione giacobina , bada alle finanze e persino ai rappori diplomatici , garantisce il culto cattolico , non rappresenta un partito , vuole la “nazione morale” che và predicando da sempre) ,i mille , chi impedì , o meglio ritardò , le idee socialiste radicali , che in quel momento avrebbero potuto confondere , e quindi ritardare , l' apporto della parte più aperta ai problemi sociali del paese?
    Chi fece da freno nel partito d' azione , contro l' idea repubblicana stessa , per favorire la riunificazione del paese , accettando una guerra sabauda che porterà alla vittoria di Solferino , contro una parte non indifferente dei suoi stessi alunni , scavalcando l' ortodossia repubblicana?
    Mi fermo qui , le ingenuità , che costarono tante vite ci furono , eccome , ma coloro che sacrificarono la vita per quelle idee non ricevettero mai una cartolina di precetto , lo fecero volontariamente , questo è un altro dei tanti aspetti da considerare.


     
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  14. Italo-romano
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    Taluni insigni studiosi sono stati abbastanza critici verso la tattica insurrezionale di Mazzini - come ad es. Piero Pieri sui moti in val d'Intelvi dell'ottobre 1848 -, ma è fuor di dubbio direi, come Romeo ha già sottolineato, che se non vi fosse stato il suo instancabile apostolato laico probabilmente non avremmo avuto la generazione dei Garibaldi, dei Bixio, Crispi, Depretis, ecc ecc, ma soprattutto il processo unitario sarebbe presumibilmente stato completato più tardi, e dalla sola forza organizzata capace, ossia il Regno sabaudo col suo esercito (più o meno la soluzione avvenuta inn Germania con Bismarck), quindi in forma sostanzialmente più elitaria ed autoritaria di come storicamente poi si sviluppò.

    Mai come nel caso di Mazzini ritengo sia valido il vecchio adagio latino per cui nessuno è profeta in patria...
     
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    Sono d' accordo , a pensarci bene , i mazziniani furono i migliori alleati del Re , in fondo l' esercito piemontese , da solo , non colse mai eclatanti vittorie , la conquista delle due sicilie non sarebbe stata un' impresa facile , dovendosi guardare le spalle dall' Austria .
    Mazzini arrivò a Genova 3 giorni dopo la partenza dei 1000 , e forse non fù un caso che restasse a terra , la legione italica del Fabrizi arrivò da Malta a dar manforte a Garibaldi , l' avanzata fino al Volturno e all' unica vera battaglia campale della guerra , fù rapida e in quella battaglia il generale dimostrò insospettabili doti militari , ben oltre la fama di guerrigliero .
    Quando arrivarono le truppe piemontesi e il Re incontrò Garibaldi a Teano , fù gioco facile per Cavour far passare l' occupazione come intervento pacificatore , le monarchie europee avevano più paura di un regno delle due Sicilie repubblicano che dell' espansionismo piemontese.
    Hò letto una lettera di Vittorio Emanuele a Garibaldi , in cui chiedeva addirittura l' invio delle truppe napoletane passate al generale e di quelle disponibili garibaldine , per contrastare la possibile reazione austriaca.
    Si potrebbe persino dire , esagerando , che l' Italia non la fece Mazzini , ma la fecero i mazziniani.

    Edited by Romeottvio - 26/1/2011, 09:40
     
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