La comunione ai divorziati, siete favorevoli?
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La comunione ai divorziati, siete favorevoli?

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    CITAZIONE (IAmMarko @ 22/8/2017, 12:15) 
    poi ho seguito la questione-dubia, che ritengo essere un segno di chiusura mentale dei cardinali.

    Mi pare un'affermazione un po' ingiusta (e superficiale). I punti sollevati sono legittimi, e secondo me il papa, se avesse risposto esaurientemente, avrebbe fatto cosa buona e giusta, anziché lasciare cardinali e vescovi con mille grattacapi. Nella tradizione bimillenaria della Chiesa si è sempre data grande importanza alla non contraddizione del magistero. Nello specifico la Familiaris Consortio e la Spendor in veritatis rientrano nel magistero reformabile, per cui, se Francesco avesse voluto correggere il tiro, lo avrebbe potuto fare senza troppi traumi.
    Non è questione di chiusura mentale, è questione di cosa è vero e cosa non lo è.
    In realtà il capitolo 8 di AL l'hanno mal interpretato tanto i progressisti quanto i tradizionalisti. Se io sto alla lettera della risposta della CE Argentina (de facto, secondo la mia umilissima opinione, avallata ufficiosamente dal papa) non trovo niente di così sconvolgente in questo capitolo 8°, ero già a conoscenza di casi particolari in cui il confessore può ritenere non opportuno nemmeno informare il penitente della peccaminosità di una particolare azione, se questa rivelazione, in determinate ed eccezionali circostanze, lo espone ad un pericolo di allontanamento ancora maggiore da Dio, o alla sua probabile dannazione.
    Rimangono tuttavia delle questioni interpretative aperte rispetto al magistero di Giovanni Paolo II, per questo sarebbe auspicabile che il papa ci aiutasse a comprendere meglio come esso vada interpretato.


    CITAZIONE (IAmMarko @ 22/8/2017, 12:15) 
    Credo anche che la differente interpretazione delle Conferenze episcopali sia cosa buona, perché a realtà diverse corrispondono soluzioni diverse.

    Certo per un protestante non può che essere così. Vedo ora che hai aggiornato la foto del profilo. Nella chiesa cattolica non c'è acefalia, e il capo supremo rimane il pontifex. Tutte le conferenze episcopali del mondo sono e devono essere in comunione con il papa, di più ogni fedele deve essere in comunione con il papa. Il problema qui, non è il percorso di discernimento (che appunto può essere diverso da persona a persona, da situazione a situazione), ma l'interpretazione da dare ad AL. Non esiste che una diocesi la interpreti nel modo A, e un'altra nel modo B, questa è una ferita che si deve sanare al più presto, nel frattempo io cerco di seguire, come meglio posso, quella che penso essere la strada tracciata dal papa.

    Edited by mr.chipko - 22/8/2017, 14:01
     
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  2. IAmMarko
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    CITAZIONE (mr.chipko @ 22/8/2017, 13:23) 
    Mi pare un'affermazione un po' ingiusta (e superficiale). I punti sollevati sono legittimi, e secondo me il papa, se avesse risposto esaurientemente, avrebbe fatto cosa buona e giusta, anziché lasciare cardinali e vescovi con mille grattacapi.
    [...]
    Rimangono tuttavia delle questioni interpretative aperte rispetto al magistero di Giovanni Paolo II, per questo sarebbe auspicabile che il papa ci aiutasse a comprendere meglio come esso vada interpretato.

    Credo che Francesco abbia risposto in maniera esauriente, anche ignorando i dubia e i cardinali. Francamente non vedo grossi dubbi interpretativi sul capitolo 8: imposta un discorso di discernimento personale e locale nelle mani dei vescovi - e dei confessori - che consente di superare l'eccessivo giuridismo nel quale era caduta la Chiesa cattolica.


    CITAZIONE (mr.chipko @ 22/8/2017, 13:23) 
    Certo per un protestante non può che essere così. Vedo ora che hai aggiornato la foto del profilo. Nella chiesa cattolica non c'è acefalia, e il capo supremo rimane il pontifex. Tutte le conferenze episcopali del mondo sono e devono essere in comunione con il papa, di più ogni fedele deve essere in comunione con il papa. Il problema qui, non è il percorso di discernimento (che appunto può essere diverso da persona a persona, da situazione a situazione), ma l'interpretazione da dare ad AL. Non esiste che una diocesi la interpreti nel modo A, e un'altra nel modo B, questa è una ferita che si deve sanare al più presto, nel frattempo io cerco di seguire, come meglio posso, quella che penso essere la strada tracciata dal papa.


    Cum Petro e sub Petro
    non ha questa accezione originaria di netta sottomissione; se guardiamo alla storia della Chiesa, l'uniformità è recente. Per secoli - almeno per tutto il I millennio - c'era forte difformità nella pratica pastorale, pur con unicità di fede, tanto in occidente quanto in oriente.
    Impossibile dare una norma rigida per tutti: la situazione sociale dell'Argentina non è quella della Svezia e non esiste una soluzione pastorale che vada bene nell'uno e nell'altro caso. Verrebbe meno l'universalità della Chiesa, con la quale l'unicità deve sempre essere in equilibrio.
     
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    CITAZIONE (IAmMarko @ 22/8/2017, 19:28) 
    Credo che Francesco abbia risposto in maniera esauriente, anche ignorando i dubia e i cardinali. Francamente non vedo grossi dubbi interpretativi sul capitolo 8: imposta un discorso di discernimento personale e locale nelle mani dei vescovi - e dei confessori - che consente di superare l'eccessivo giuridismo nel quale era caduta la Chiesa cattolica.

    Scusa se hai letto i dubia, e hai letto i punti in questione della familiaris consortio e della veritatis splendor, non capisco come tu non veda il problema. O meglio lo capisco se guardi il problema da un'ottica protestante, dove il magistero e la tradizione non costituiscono alcuna autorità, per cui si possono benissimo contraddire.


    CITAZIONE (IAmMarko @ 22/8/2017, 19:28) 

    Cum Petro e sub Petro
    non ha questa accezione originaria di netta sottomissione; se guardiamo alla storia della Chiesa, l'uniformità è recente. Per secoli - almeno per tutto il I millennio - c'era forte difformità nella pratica pastorale, pur con unicità di fede, tanto in occidente quanto in oriente.
    Impossibile dare una norma rigida per tutti: la situazione sociale dell'Argentina non è quella della Svezia e non esiste una soluzione pastorale che vada bene nell'uno e nell'altro caso. Verrebbe meno l'universalità della Chiesa, con la quale l'unicità deve sempre essere in equilibrio.

    Qui non si parla di pastorale, o della pratica, qui si parla di intepretazione di un documento magisteriale, documento sulla cui interpretazione cardinali e vescovi sono in disaccordo, sono perfino in disaccordo sul fatto che il papa abbia o no risposto ai dubia.
    Io, da cattolico, che sono laico (nel senso che non sono consacrato) e non sono un pastore, guardo ai miei pastori per sapere dove è bene andare, se i pastori iniziano a dirmi cose discordanti fra loro vengono meno al loro compito, il compito supremo del papa è proprio quello del pastore.

    Se io leggo il testo di AL, la nota della CE Argentina e il Dubium n1, mi verrebbe da rispondere che è lecito rispondere tanto con un sì quanto con un no. Non esiste creare il caos nei fedeli. I cardinali non sanno che pesci pigliare e dovrei saperlo io? Io mi sono perfino rifiutato di scrivere sull'argomento dopo essere stato "mangiato vivo" dalle due fazioni contrapposte, mentre a me interesserebbe solo capire.
    Sia chiaro, non è un mio problema, ma da cattolico mi preme sapere quale sia la dottrina della Chiesa, che non è mai stata un "così è se vi pare".
    Al ha mandato in confusione tanti cattolici, se il papa, che è l'unico che ha l'autorità, intervenisse per riportare chiarezza, gliene saremmo tutti grati.
    Io al momento sono giunto ad una riflessione che salva capra e cavoli, il problema è che non so se è giusta.

    E il dubium n1 è ancora niente, il due è più complicato. Io qui risponderei più sicuro di sì, ovvero che esistono norme morali assolute, tuttavia, credo, Al non mette in discussione questo, quanto piuttosto il fatto che il non rispettare queste norme sia di assoluto impedimento al sacramento. Ma qui entriamo in un ambito dove davvero la mia è solo un'opinione, è materia da teologi, non di semplici fedeli. Per quanto io sia ferrato, non ho mai studiato teologia morale, né i manuali del confessore, la parte a me nota è quella della pecora, perché pecora sono, io da pecora sono tenuto a seguire il mio pastore, il pastore invece ha il compito di non far finire la pecore nei burroni. Sono lavori complementari ma diversi. Io mi devo sforzare di essere una buona pecora, il prete di essere un buon pastore.
     
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    Sono tutto fuorché un esperto della materia, quindi solo per capire chiedo: se ai pastori é affidato un processo di discernimento personale e pastorale sulla comunone ai divorziati, non è implicito che sia loro consentito darla qualora lo ritengano opportuno, valutando caso per caso?
     
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    CITAZIONE (Oskar @ 24/8/2017, 17:47) 
    Sono tutto fuorché un esperto della materia, quindi solo per capire chiedo: se ai pastori é affidato un processo di discernimento personale e pastorale sulla comunone ai divorziati, non è implicito che sia loro consentito darla qualora lo ritengano opportuno, valutando caso per caso?

    Il problema è proprio questo. Infatti i pastori si chiedono se possono far accedere ai sacramenti anche le coppie che vivono more uxorio (a.k.a fanno sesso). Alcuni pastori interpretano AL nel solco della tradizione e del magistero precedente rispondendo di no, mentre altri dicono che ora anche le coppie che vivono "more uxorio" possono accedere (non chiedetemi a quali condizioni perché non lo so).
    I Dubia puntavano a risolvere questo problema, se il papa avesse detto sì o no, si sarebbe chiusa la vicenda e buonanotte, invece la cosa è diventata talmente ambigua che nessuno sembra più capirci niente. Io ringrazio solo il fatto di non avere responsabilità in quel senso, per fortuna non sono sacerdote e per fortuna non devo confessare, per cui non è un mio problema, il problema è dei pastori.

    La mia idea (ben prima di AL) l'avevo espressa, in certi casi la chiesa mi sembra incorrere in quello che Gesù condannava nei Farisei "mettete sulle spalle della gente dei pesi che nemmeno voi sareste in grado di portare". Per esempio mi pare incredibile che uno che si fa sacerdote (e che passa obbligatoriamente almeno 7 anni in seminario, dove si presume abbia chiaro cosa stia facendo) con uno schiocco di dita possa "spretarsi" e sposarsi, mentre per chi si sposa si fanno 30 ore di corso prematrimoniale (a far tanto), senza accertare alcuna vocazione si mettono i ceppi e le catene invocando il giuramento fatto (poi per carità il proverbio qui cade a fagiolo "fai quello che dicono i preti, non quello fanno").

    Interessante è l'approccio ortodosso, dove è ammessa una seconda possibilità. Dal punto di vista cattolico il problema è legato alla dottrina. Certo il magistero di Giovanni Paolo II non è "magistero irreformabile", ma se papa Francesco intede riformarlo dovrebbe essere più chiaro. Il sospetto è che il tutto si sia trasformato in una faida e in uno scontro di potere all'interno della Chiesa (il che è davvero imbarazzante) per cui il papa, forse (chi sono io per dire cosa ha in testa il papa?), sta cercando di ricucire gli strappi.
     
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    Può essere in effetti che Francesco stia cercando di tenere insieme capra e cavoli, per dirla in maniera molto spiccia. Ciò però genera effettivamente confusione e lascia perplesse anche persone, come me, che osservano il dibattito senza esserne neanche indirettamente parte in causa.
     
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  7. ubrz
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    Secondo vera dottrina cattolica:

    Se un prete si rifiuta di fare officio, per il sacramento possono provvedere stessi cui esso negato o chiunque altro cattolico o cristiano che ne sappia improvvisare o fare;

    Negare officio di sacramento eucaristico è per il prete negazione del ruolo di prete stesso;

    Il divorzio non è la completa fine della relazione amorosa, per cui la questione riguarderebbe ex divorziati o sarebbe inerente relazioni di poligamia;

    La chiesa deve praticare annullamenti di matrimonio o riceverne notifiche, ma queste ultime non sono da ritenersi necessarie;

    Gli elenchi ecclesiastici dei matrimoni non hanno valore indicativo ma solamente storico;

    Per il matrimonio non è necessario alcun rito.

    *
    A fare da controcanto a questa realtà, la quale fissata per principi, c'è una schiera, più di matrice clericale e nondimeno anche di matrice laica, mista o non mista, di fraintenditori che intendono il rito del matrimonio cattolico quale permesso-giuramento concesso-richiesto da padrone ed i quali si avvalgono di "cànoni" non realmente intesi nel riferimento a realtà di chiese cristiane né di riti cristiani né di rituali monoteisti, perché negando cose ed atti del monoteismo vaste folle cercano di riferirne ai Misteri della Natura, tra i quali le meraviglie, presunte o vere, e provvisorie di astinenze, castità, esiguità, rifiutando la serietà per lasciar perdere cristianesimo e monoteismo o non inoltrandosene poi cioè non riferendosi al Mistero della Vita ma tentando di abusare dei riferimenti ad Esso, descrivendo vitali soddisfazioni eccezioni pienezze col linguaggio della morte, e tanta confusione mortifera adducendo in vasti ambienti anche culturali ed offendendo stesse varietà dei culti e delle culture politeiste.

    Tanta scelleratezza è in gran parte e determinante una volontaria dabbenaggine anticristiana generalmente antimonoteista genericamente antireligiosa.


    Entro tali nozioni corrette e considerazioni etiche necessarie, la domanda reca senso, altrimenti reca il nonsenso della morte, la fine di intelligenza utile ed il termine di saggezza spontanea.

    MAURO PASTORE
     
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    volevo aggiungere una cosa, ai vostri discorsi...magari potrebbe essere di interesse...ho studiato giurisprudenza in una università di matrice Cattolica, e c'erano 5 materie di teologia incluse nel percorso di laurea...tra queste anche TEOLOGIA MORALE. Ad una domanda simile ricordo che il professore, che era pure un prete della diocesi di Trapani, ci disse che vi sono dei casi in cui alcuni divorziati possono ricevere la comunione…
    N.B. tenete presente che era il 2008
    Lui ci fece l'esempio di una sua parrocchiana, la cui vicenda, in breve, poteva così riassumersi: era sposata e aveva una figlia. Il marito l'aveva abbandonata, andandosene da casa, e iniziando a vivere con un'altra donna, mettendo su una nuova famiglia. La signora in questione alla fine era stata costretta a divorziare, vista la situazione, ma non si era mai più né risposata né aveva frequentato alcun uomo...o per lo meno non conviveva per certo con nessuno...soprattutto per rispetto della bambina, non volendole creare ulteriori problemi.
    Questa signora non aveva quindi, per anni, ricevuto alcuna comunione, pur continuando ad andare a messa. La cosa le pesava parecchio e una volta l'aveva confidato ad un'altra parrocchiana.
    Quest'ultima era andata dal mio professore, il quale si era preso pure la briga di andare a parlare personalmente con la signora per rincuorarla e dirle che nella sua situazione la comunione era ammessa tranquillamente, e aveva sbagliato chi le aveva detto che non le era concessa (a quanto pare non era stato nessun prete ma era stata la signora stessa a convincersene, mi sembra di ricordare anche a causa di quello che tutte le persone che conosceva pensavano che fosse questa la cosa giusta). Da quello che sosteneva il mio insegnante la comunione era ammessa per quella signora perché non era stato a lei imputabile il divorzio, ma anzi era avvenuto per cause da lei non volute.
    Purtroppo ai tempi rimasi così sorpreso da questa "rivelazione" che non ebbi la prontezza però di porre 2 domande al professore, ma mi sarebbe piaciuto farlo, col senno di poi: mi chiedevo e mi chiedo cioè cosa fosse successo se la signora avesse voluto iniziare una nuova vita con un altro uomo, fermo restando che lei non aveva colpa alcuna nella precedente vicenda di divorzio. In pratica: risposandosi, o vivendo more uxorio, avrebbe perso questo "diritto" alla comunione che invece aveva in quel momento, in base alla sua retta condotta di vita?

    Purtroppo non ebbi la prontezza di approfondire la questione, anche perché la lezione verteva su altri temi.
    Però la ritenni una cosa importante, in quanto per molte persone partecipare all'Eucaristia vera e propria e non solo alla celebrazione è una cosa molto ma molto importante, e il non potervi accedere, per di più avendo la considerazione di stare vivendo nel peccato e di essere estromessa dal sacramento principale, deve esseere fonte di notevole sofferenza morale.

    Sono però passati ben 10 anni (aggiungerei "ahimè!") per cui non saprei come sono messe le cose oggi o se qualcosa è cambiato.

    Ciao a tutti :D
     
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    CITAZIONE (ironmaiden @ 15/12/2018, 14:28) 
    Da quello che sosteneva il mio insegnante la comunione era ammessa per quella signora perché non era stato a lei imputabile il divorzio, ma anzi era avvenuto per cause da lei non volute.
    Purtroppo ai tempi rimasi così sorpreso da questa "rivelazione" che non ebbi la prontezza però di porre 2 domande al professore, ma mi sarebbe piaciuto farlo, col senno di poi: mi chiedevo e mi chiedo cioè cosa fosse successo se la signora avesse voluto iniziare una nuova vita con un altro uomo, fermo restando che lei non aveva colpa alcuna nella precedente vicenda di divorzio. In pratica: risposandosi, o vivendo more uxorio, avrebbe perso questo "diritto" alla comunione che invece aveva in quel momento, in base alla sua retta condotta di vita?

    Purtroppo non ebbi la prontezza di approfondire la questione, anche perché la lezione verteva su altri temi.

    Esatto la differenza sta lì.
    Anche io mi attengo a quanto risaputo prima di Amoris Laetitia, dopo la situazione si è, come dire, complicata.

    Di fatto il divorzio, per la Chiesa cattolica, non esiste (finché morte non vi separi). Quindi anche se due divorziano civilmente, per la Chiesa cattolica i due sono ancora marito e moglie (il divorzio civile non ha alcun effetto).
    Detto ciò se il marito (ex marito per la legge) va con un altra è adulterio (motivo per cui non può ricevere la comunione), ma se la persona lasciata vive in castità non c'è alcun adulterio, motivo per il quale i divorziati che non si risposano e non convivono, ma che sono stati "semplicemente" lasciati, possono fare tranquillamente la comunione. C'è in effetti in giro un po' di ignoranza, un sacerdote proibì la comunione ad una che si era sposata civilmente e poi divorziata, il che ovviamente non ha assolutamente senso, in quanto i due, per la Chiesa, non si erano mai sposati, quindi una semplice confessione bastava e avanzava.


    Dopo Amoris Laetitia le cose sono più complesse in quanto si lascia al sacerdote il compito di compiere con il fedele un cammino di discernimento, all'interno del quale può essere concesso di far l'eucaristia anche alle coppie viventi more uxorio. I criteri in base ai quali sia possibile concedere l'eucaristia a queste coppie non sono mai stati dati (il papa si è rifiutato di stilare una casistica) per cui siamo un po' in balia all'arbitrio dei singoli.
    La mia opinione è che tale sacramento possa essere concessa in situazioni particolari, dove si crede che la grazia sacramentale possa aiutare il fedele a giungere ad una maggior chiarezza sulla via da seguirsi, ovvero la castità, o, se è possibile, l'annullamento del precedente matrimonio, o ancora altre casistiche estremamente particolari (nullità non dimostrabile ma probabile).
    Per fortuna non devo decidere io in merito.
     
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    Ti ringrazio per le tue delucidazioni Mr Chipko :)
     
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    L han data a Berlusconi. Se uno vuole deve averla
     
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