IL TIBET E LA REPRESSIONE DI PECHINO

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    A prescindere da qualsiasi discorso circa il regolamento, che comunque va rispettato ( in attesa di cambiarne eventualmente le regole, affinandole, qualora non fossero più rispondenti alle nuove situazioni che dovessero verificarsi), secondo me ciò che scrive Flegïàs ( del pensiero del quale, per il fanatismo e l'inconsistenza storica, non condivido neanche mezza virgola) non andrebbe censurato. Intendo dire che il miglior servigio che si possa rendere ad un lettore "terzo" che intendesse farsi un'idea sulle argomentazioni del post, sia proprio quello di lasciarglielo leggere tutto con gli argomenti di uno e quelli contrari di un altro. Voglio dire che se uno scrive delle cose che non stanno né in cielo, né in terra, paradossalmente provvedimenti di censura (ed intendo anche il warning) lo salvano e di fronte al lettore poco ferrato o anche fanatico allo stesso modo, lo nobilitano.
    In generale la discussione libera, come finora è stata, ad esempio, quella più sopra, non lascia invece scampo, in maniera che a me è parsa evidentissima, ad argomentazioni, che per la loro fragile dogmaticità (data la scarsezza di argomenti veri), appaiono debolissime, quando non risibili.

    Edited by Kodiak2 - 21/2/2015, 14:02
     
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    Torniamo in topic. Ha ragione Romeo, certe affermazioni si commentano da sole. Sabotatori... siamo a livelli pazzeschi. In ogni caso d'ora in poi qui si parla solo di Tibet.
    In generale basta divagazioni: nelle discussioni confrontiamoci sugli argomenti oggetto del dibattito.

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    Le autorità hanno continuato a imporre restrizioni sulla libertà di espressione, di riunione e di associazione, in parte dovute a temi sensibili legati a una serie di anniversari storici, compreso il 60° anniversario della Repubblica popolare, il 1° ottobre. Difensori dei diritti umani sono stati arrestati, perseguiti, tenuti agli arresti domiciliari e sottoposti a sparizioni forzate. Non si sono allentati i pervasivi controlli su Internet e sugli organi di informazione. Le campagne "colpire duro" hanno portato ad arresti su vasta scala nella Regione autonoma dello Xinjiang uiguro (Xuar), in particolare a seguito delle violenze e dei disordini di luglio. Nelle zone a popolazione tibetana è stato impedito un monitoraggio indipendente sulla situazione dei diritti umani. Le autorità hanno continuato ad attuare stretti controlli sui parametri della pratica religiosa, a causa dei quali cattolici e protestanti che professavano la loro religione al di fuori dei vincoli ufficiali sono stati sottoposti a vessazioni, detenzioni e talvolta carcerazioni. È proseguita la severa e sistematica campagna decennale contro il Falun Gong.

    Contesto

    La Cina è stata sempre più vista come protagonista cruciale del panorama mondiale, come nel caso delle questioni riguardanti Myanmar, la Corea del Nord, l'Iran, i mutamenti climatici e la ripresa economica mondiale. Tutto ciò è risultato in contrasto con l'aumento dell'insicurezza del governo sul piano interno, scaturita dalla caduta del tasso di crescita economica, dall'accresciuta disoccupazione e dall'intensificarsi delle tensioni sociali associate a una dilagante corruzione, alla mancanza di accesso a un'assistenza sanitaria adeguata, all'alloggio e alla sicurezza sociale, nonché alla repressione di gruppi della società civile. Mentre l'economia cinese continuava a crescere, il divario tra ricchi è poveri si è allargato.

    Libertà di espressione - Giornalisti/Internet

    Mentre Internet è divenuto sempre più spesso un mezzo di diffusione delle notizie e di discussione, le autorità hanno cercato di controllarne l'uso limitando le notizie di cronaca e chiudendo pubblicazioni e siti Internet, compresi quelli ritenuti "diffamare il sistema politico del paese", "distorcere la storia del partito", "pubblicizzare il Falun Gong e altri culti del male" e "incitare alla divisione etnica". Il governo ha bloccato l'accesso ai contenuti e ha registrato le attività delle singole persone attraverso il nuovo software filtrante, Blue Shield.

    A seguito della pubblicazione nel dicembre 2008 di "Carta 08", un documento che invocava riforme politiche e una maggiore protezione dei diritti umani, la polizia ha interrogato i firmatari e li ha posti sotto sorveglianza per diversi mesi.

    *Liu Xiaobo, un noto intellettuale e firmatario, inizialmente arrestato nel dicembre 2008, è stato condannato a 11 anni di carcere il 25 dicembre per "incitamento a sovvertire il potere dello stato". I suoi avvocati hanno avuto soltanto 20 minuti di tempo per presentare la loro arringa, in un processo che è durato meno di tre ore.

    Difensori dei diritti umani

    Difensori dei diritti umani, tra cui avvocati, giornalisti, ambientalisti e riformisti democratici, sono stati arbitrariamente arrestati, vessati, posti agli arresti domiciliari, trattenuti in incommunicado, detenuti e incarcerati. Le autorità hanno torturato e maltrattato molti di coloro che erano stati tratti in arresto. I familiari dei difensori dei diritti umani, minorenni compresi, hanno continuato a essere presi di mira e sono stati sottoposti agli arresti domiciliari per periodi prolungati e ad altre restrizioni e vessazioni.

    La polizia e le forze di sicurezza hanno detenuto, vessato e sottoposto ad abusi gli avvocati che rappresentavano difensori dei diritti umani impegnati in tematiche politicamente sensibili, praticanti del Falun Gong, contadini in causa contro funzionari locali in merito ai diritti sulla terra o a casi di corruzione e coloro che erano stati coinvolti nella richiesta di riforme da parte delle associazioni della loro categoria professionale. Gli avvocati si sono trovati particolarmente a rischio di perdere la loro licenza di autorizzazione alla professione.

    *Il 4 febbraio, 10 agenti di pubblica sicurezza di partito e altri uomini non identificati hanno rapito il noto avvocato per i diritti umani Gao Zhisheng dalla sua abitazione, nella provincia di Shanxi. A fine anno di lui non si sapeva ancora nulla. La moglie di Gao Zhisheng, Geng He e i loro figli sono giunti negli Usa a marzo, in fuga dalle continue vessazioni da parte delle autorità cinesi, come l'aver impedito alla figlia di frequentare la scuola.

    Le autorità hanno continuato a impiegare leggi dalla formulazione vaga che si riferiscono ai "segreti di stato" e alla "sovversione del potere dello stato" per arrestare, incriminare e incarcerare i difensori dei diritti umani.

    *Ad agosto, il difensore dei diritti umani Tan Zuoren è stato accusato di "incitamento alla sovversione del potere dello stato". Egli aveva organizzato un'inchiesta indipendente sul crollo degli edifici scolastici durante il terremoto di Sichuan del maggio 2008. Era in procinto di pubblicare il rapporto prima di essere arrestato. A fine anno, il verdetto non era stato ancora pronunciato.

    *Il 23 novembre, il difensore dei diritti umani Huang Qi è stato condannato a tre anni di carcere per "possesso illegale di segreti di stato". Egli aveva postato sul suo sito web le richieste dei genitori i cui figli erano morti nel terremoto di Sichuan.

    Sistema giudiziario

    I processi iniqui sono rimasti la norma. Le decisioni giudiziarie hanno continuato a essere suscettibili a interferenze politiche; spesso gli imputati non sono stati in grado di assumere un avvocato di loro scelta e non hanno avuto accesso ai loro legali e alla famiglia; ai familiari spesso non è stata data adeguata notifica delle date dei processi ed è stato frequentemente rifiutato loro l'accesso nell'aula di tribunale. Le confessioni estorte sotto tortura hanno continuato a essere ammesse agli atti nei processi.

    Milioni di cittadini hanno cercato di presentare i loro reclami presso le autorità di governo tramite il sistema delle "lettere e visite", noto anche come "sistema delle petizioni". Benché nei termini di legge, la polizia ha spesso sottoposto a vessazioni i reclamanti, rimandandoli nelle loro province di origine con la forza e detenendoli in "carceri nere" illegali o in ospedali psichiatrici dove erano esposti al rischio di maltrattamenti.

    Le autorità hanno continuato a intimidire i genitori dei bambini i cui edifici scolastici erano crollati durante il terremoto di Sichuan del maggio 2008 e ha loro impedito di parlare ai media o di perseguire indagini indipendenti.

    Detenzione senza processo

    Le autorità hanno frequentemente fatto ricorso a pene amministrative, compreso il sistema della rieducazione attraverso il lavoro (Rtl), per detenere senza processo le persone. Secondo il governo, 190.000 persone erano trattenute in strutture di Rtl, a fronte del mezzo milione di diversi anni fa ma si ritiene che la cifra reale sia molto più alta. Ex prigionieri del sistema di Rtl hanno raccontato che il Falun Gong costituiva il gruppo di prigionieri più numeroso e che gli attivisti politici, i reclamanti e altre persone che praticavano la loro religione al di fuori dei limiti autorizzati erano spesso presi di mira. Le autorità si sono servite di una varietà di forme illegali di detenzione, tra cui "carceri nere", "classi di educazione legale", "classi di studio" e gli istituti di igiene mentale per detenere migliaia di persone.

    Tortura e altri maltrattamenti e decessi in custodia

    La tortura ha continuato a essere una pratica diffusa nei luoghi di detenzione, in alcuni casi con esito mortale. Tra i metodi di tortura impiegati contro i detenuti si citano percosse, spesso con un pungolo elettrico, sospensione per gli arti, nutrizione forzata, iniezione di farmaci sconosciuti e privazione del sonno.

    A marzo, la morte di un ventiquattrenne in un centro di detenzione della provincia di Yunnan ha innescato un acceso dibattito on line riguardo alla polizia e ai "bulli delle carceri", che torturano e maltrattano i reclusi. Il dibattito on line ha fatto emergere altri casi di decessi in detenzione e ha indotto il Procuratorato supremo del popolo (Spp) ad aprire un'inchiesta. A luglio l'Spp ha reso pubblico un rapporto d'indagine su 12 dei 15 decessi avvenuti durante i primi quattro mesi dell'anno. Tra questi, in sette casi era stato riscontrato che i detenuti erano stati picchiati a morte, tre si erano suicidati e due erano morti per cause accidentali.

    Pena di morte

    La Cina ha continuato a ricorrere a un uso estensivo della pena capitale, anche per reati non violenti. Le condanne a morte continuano a essere comminate al termine di processi iniqui. Le statistiche riguardanti le condanne a morte e le esecuzioni continuano a essere classificate come segreti di stato. Le esecuzioni sono state a migliaia ma il governo non ha fornito le cifre reali.

    Libertà di religione

    Le persone che praticano la loro religione al di fuori dei vincoli sanciti in via ufficiale hanno continuato a incorrere in vessazioni, detenzioni arbitrarie, carcerazioni e altre gravi restrizioni alla loro libertà di religione. I preti e i vescovi cattolici che si rifiutavano di riconoscere ufficialmente l'Associazione cattolica patriottica cinese hanno continuato a essere detenuti e trattenuti in incommunicado per periodi prolungati o sottoposti a sparizione forzata.

    *Della sorte del settantacinquenne monsignor James Su Zhimin, vescovo ordinario della città di Baoding, provincia di Hebei, non si è più saputo nulla dal momento del suo arresto per mano della polizia nel 1996.

    La polizia ha percosso e detenuto membri delle chiese cristiane locali, che praticano il culto al di fuori delle istituzioni ufficialmente riconosciute, spesso demolendo le loro chiese e condannandoli alla Rtl o al carcere. La campagna del governo contro il Falun Gong è andata intensificandosi, con arresti su vasta scala, processi iniqui terminati con pene a lungo termine, sparizioni forzate e decessi in detenzione a seguito di torture e maltrattamenti.

    *Chen Zhenping, una praticante del Falun Gong, è stata condannata a otto anni di carcere nel corso di un processo segreto nell'agosto 2008. È stata accusata di "essersi servita di un'organizzazione eretica per sovvertire la legge". Prima, durante e dopo il processo, le è stato negato l'accesso al suo avvocato. A settembre, le guardie carcerarie hanno detto alla sua famiglia che era stata trasferita in un'altra località, ma si sono rifiutate di dire dove. Gli avvocati di Chen Zhenping non sono riusciti a ottenere altre informazioni a riguardo.

    Regione autonoma dello Xinjiang uiguro

    Le autorità hanno intensificato le già rigide restrizioni alla libertà di espressione, associazione e riunione nella Regione autonoma dello Xinjiang uiguro (Xuar), nel nord-ovest della Cina, a seguito dello scoppio di violenze senza precedenti a Urumqi, il 5 luglio. Il governo ha riferito che erano rimaste uccise 197 persone, la maggior parte delle quali erano han uccisi da uiguri, e che più di 1600 erano stati i feriti. Gli uiguri hanno postato su Internet richieste di proteste come reazione all'inerzia del governo in merito ai pestaggi e alle uccisioni dei lavoratori migranti uiguri da parte di lavoratori han, in una fabbrica di giocattoli nella provincia di Guangdong, a giugno.

    I racconti dei testimoni oculari relativi agli eventi del 5 luglio suggeriscono che la polizia e le forze di sicurezza avevano represso pacifici manifestanti uiguri per impedire a migliaia di loro di marciare attraverso la città. Secondo questi resoconti, la polizia ha percosso i pacifici manifestanti con manganelli, impiegato gas lacrimogeni per disperdere la folla e sparato direttamente munizioni cariche sui dimostranti inermi, provocando con ogni probabilità un numero ancora maggiore di morti.

    A seguito dei disordini, le autorità hanno arrestato centinaia di persone per sospetta partecipazione alle proteste, compresi ragazzi e uomini anziani, nel corso di irruzioni effettuate porta a porta. Le famiglie e gli amici di molti detenuti hanno negato che le persone arrestate avessero avuto un qualche ruolo nella violenza o nelle proteste. Di decine di arrestati, a fine anno non si sapeva ancora nulla.

    Ad agosto, le autorità hanno annunciato di aver arrestato 718 persone in relazione ai disordini e che 83 di queste dovevano rispondere di accuse penali come omicidio, incendio doloso e rapina a mano armata. Il 9 novembre, le autorità hanno annunciato l'esecuzione di nove persone, al termine di processi iniqui. Dai loro nomi si è dedotto che otto erano uiguri e uno cinese di etnia han. A dicembre, altre 13 persone sono state condannate a morte e le autorità hanno annunciato il fermo di altre 94 sospettate di coinvolgimento nei disordini di luglio.

    A novembre, le autorità hanno formalmente annunciato la campagna "colpire duro e punire" nella regione, che sarebbe durata fino alla fine dell'anno per "sradicare [...] i criminali".

    Le autorità hanno attribuito i disordini a uiguri "separatisti" che vivono all'estero, in particolare a Rebiya Kadeer, presidente del World Uyghur Congress, senza riconoscere il ruolo delle politiche del governo nell'alimentare il malcontento tra gli uiguri. Tali politiche comprendevano restrizioni alla libertà di espressione, associazione e riunione; limitazioni alla pratica religiosa e ad altre usanze culturali; e politiche economiche che discriminavano gli uiguri e incoraggiano la migrazione han nella regione. Nuove norme hanno irrigidito i già stretti controlli su Internet nella regione, criminalizzandone l'uso con il reato di "separatismo etnico", dalla formulazione vaga. Le restrizioni all'eccesso a Internet, alle telefonate internazionali e alla trasmissione dei messaggi di testo, imposte nei momenti immediatamente successivi ai disordini del 5 luglio, a fine anno erano ancora in vigore.

    Il 19 dicembre, il governo cambogiano ha rimpatriato con la forza in Cina 20 richiedenti asilo uiguri, contro l'obiezione opposta dall'Unhcr, l'agenzia delle Nazioni Unite per i rifugiati. Le autorità cinesi hanno asserito che essi avevano preso parte ai disordini di luglio e alcuni giorni più tardi hanno negato che le espulsioni fossero collegate a un pacchetto di aiuti alla Cambogia pari a 1,3 miliardi di dollari Usa.

    Regione autonoma del Tibet

    Le proteste scoppiate nel marzo 2008 sono proseguite, sia pur a un livello più contenuto, per l'intero anno, accompagnate da continue detenzioni e arresti. Due tibetani sono stati messi a morte per reati che avrebbero commesso durante i disordini del marzo 2008.

    Organizzazioni internazionali per i diritti umani hanno denunciato un aumento del numero di prigionieri politici tibetani nel periodo che ha preceduto anniversari sensibili, come il 50° dalla fallita insurrezione tibetana che portò all'esilio del Dalai Lama. Le autorità hanno bloccato il flusso di notizie verso e dalla regione e hanno impedito il monitoraggio indipendente della situazione dei diritti umani. I diritti dei tibetani alla libertà di espressione, religione, riunione e associazione hanno continuato a essere gravemente limitati. Le autorità cinesi sono divenute più intransigenti nelle loro politiche internazionali riguardanti la tematica tibetana, rilasciando dichiarazioni pubbliche che suggerivano la volontà di punire i paesi sul piano economico e diplomatico per il loro percepito sostegno al Dalai Lama e alla causa tibetana.

    *A ottobre, due uomini tibetani, Losang Gyaltse e Loyar, sono stati messi a morte. I due erano stati giudicati colpevoli di incendio doloso ed erano stati condannati a morte l'8 aprile 2009 dal tribunale municipale intermedio del popolo di Lhasa. Essi erano stati arrestati durante i disordini nella Regione autonoma del Tibet e nelle zone a popolazione tibetana delle province vicine, nel marzo 2008.

    *Il 28 dicembre, Dhondup Wangchen, un cineasta tibetano indipendente, è stato condannato a sei anni di carcere per il reato di "sovvertimento del potere dello stato", al termine di un processo segreto davanti al tribunale provinciale di Xining, nella provincia di Qinghai. L'avvocato originariamente incaricato del caso dalla famiglia è stato interdetto dal rappresentarlo e non è chiaro se egli abbia potuto in seguito valersi di una qualsiasi rappresentanza legale o se sia stato in grado di difendersi da solo durante il processo.

    Regione ad amministrazione speciale di Hong Kong

    Il 4 giugno, secondo gli organizzatori, oltre 150.000 persone hanno commemorato il 20° anniversario della repressione militare di Tiananmen, ma le autorità hanno negato l'ingresso ad alcuni attivisti cinesi e stranieri che desideravano prendervi parte. A luglio, decine di migliaia di persone hanno marciato per chiedere il miglioramento delle condizioni di vita della popolazione, la democrazia e la libertà di parola.
    Discriminazione razziale

    A luglio è entrata in vigore l'Ordinanza sulla discriminazione della razza (Rdo). Ad agosto, il Comitato delle Nazioni Unite sull'eliminazione della discriminazione razziale (Cerd) ha osservato che la definizione di discriminazione razziale data dalla Rdo non era del tutto in linea con l'art. 1 della Convenzione delle Nazioni Unite contro il razzismo. Il Cerd ha raccomandato che fosse aggiunta alla definizione anche la discriminazione indiretta collegata alla lingua, alla condizione di immigrazione e alla nazionalità. Il Cerd ha altresì raccomandato che tutte le funzioni e i poteri del governo rientrassero nel campo di applicazione della Rdo.
    Rifugiati e richiedenti asilo

    Pur osservando la programmata riforma delle procedure relative alle denunce di tortura, il Cerd ha raccomandato che il governo garantisca i diritti dei richiedenti asilo all'informazione, all'interpretazione, all'assistenza legale e ai rimedi giuridici e ha incoraggiato l'adozione di una legge sui rifugiati dotata di una procedura esauriente di valutazione per le singole domande di asilo. Il Comitato ha inoltre ribadito le proprie raccomandazioni per la ratifica da parte delle autorità della Convenzione relativa allo status dei rifugiati del 1951 e del relativo Protocollo del 1967.
    Diritti di lesbiche, gay, bisessuali e transgender

    Il 31 dicembre, il governo della Regione ad amministrazione speciale di Hong Kong (Hksar) ha annunciato che gli emendamenti all'Ordinanza sulla violenza domestica avrebbero esteso la protezione ai coabitanti dello stesso sesso e che sarebbe entrata in vigore il 1° gennaio 2010. La legge della Hksar non vieta la discriminazione per motivi legati all'orientamento sessuale.

    Regione ad amministrazione speciale di Macao

    A giugno, l'unico candidato Fernando Chui Sai-on è stato eletto da un comitato di 300 membri quale capo esecutivo della città fino al 2014. A settembre, 12 candidati sono stati eletti direttamente all'Assemblea legislativa, formata da 29 seggi. I rimanenti seggi sono stati assegnati o scelti da collegi elettorali operativi.

    A febbraio, l'Assemblea legislativa ha approvato la legge sulla sicurezza nazionale comprendente i reati di "sedizione", "secessione", "sovversione", "tradimento" e "furto di segreti di stato". Data la vaga formulazione, questi potrebbero essere usati per violare i diritti alla libertà di espressione e di associazione. A decine di cittadini di Hong Kong, compresi consiglieri legislativi, attivisti, giornalisti e un docente di giurisprudenza, che tentavano di prendere parte alle attività riguardanti i nuovi progetti di legge, è stato impedito di entrare a Macao. A dicembre, tre attivisti di Hong Kong, che programmavano di chiedere il rilascio di Liu Xiaobo, durante una visita del presidente Hu Jintao, si sono anch'essi visti rifiutare l'ingresso.

    www.amnesty.it/Rapporto-Annuale-2010/Cina

    Questo è il rapporto annuale di Amnesty International del 2010
     
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    Ho rinunciato da un pezzo all'idea di convincerlo, voglio convincere chi non ha ancora mandato il cervello all'ammasso a valutare il valore di certe idee e di certi regimi.

    Quando i governi opprimono e sfruttano fanno il loro mestiere e chiunque gli affida senza controllo la libertà non ha il diritto di meravigliarsi che la libertà sia immediatamente disonorata. Se la libertà è oggi umiliata o incatenata, non è perché i suoi nemici hanno usato il tradimento, ma perché i suoi amici hanno dato le dimissioni.
    Albert Camus, Pane e libertà.
     
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  5. Flegïàs
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    Falsità su falsità, tendenziose e banali. Non è forse un insulto nei miei confronti il fatto che determinati utenti mi abbiano etichettato come “fanatico”, un altro abbia accusato di essere un cocainomane?
    «Non ragionar di loro, ma guarda e passa»
    (Inferno, III)


    Atrocità dei media occidentali



    Il False Report nei confronti dei nemici non è una casualità legata all’incidente di Tiananmen. È invece una costante che abbiamo visto applicata per la pagliacciata chiamata gentilmente “Rivoluzione dei Gelsomini”.

    Video
    Motociclista Han assalito e picchiato da tibetani

    20080316_07
    Manifestanti tibetani armati di catene e spade

    La Cina non rispetta le tradizioni ed usanze dei popoli? Gli appartenenti all’etnia Zang Zu possano liberamente girare armati perché il porto d'arma fa parte del loro costume, inteso sia in senso lato, sia in senso stretto. Forse il nome “Zang Zu” non dice niente. Meglio, allora, chiamarli col nome con il quale sono meglio conosciuti in occidente: tibetani. Resta difficile comprendere il perché di una situazione dove il presunto oppressore conceda al presunto oppresso la libertà di girare armato, se non spiegandosela in modo antitetico rispetto alla convinzione comune sul fatto che quella cinese in Tibet sia una un’occupazione tirannica. (Texade. 2012).

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    Uomo di etnia Zang Zu, che porta il tradizionale pugnale Tsep-sa, appeso alla cintura

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    Il Tsep-sa in azione durante i disordini del 2008 a Lhasa.

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    Un giovane tibetano che ancora impugna il proprio pugnale dopo aver tentato di aggredire un passante

    Cosa è successo a Lhasa nelle giornate del marzo 2008? La tentazione a vedere nei monaci dei “liberali” sfaccendati trasformati in feroci black bloc è davvero forte. Questi “liberali” invidiosi del successo dei comunisti cinesi, mettono a ferro e a fuoco Lhasa. Vedremo come la versione occidentale sia stata pesantemente sbugiardata dai netizen cinesi.

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    Negozi cinesi, sedi governative, mezzi dei pompieri, auto della polizia e persino scuole dati alle fiamme dai separatisti

    Secondo la sinologa Elisabeth Martens le cose stanno così:
    «Le manifestazioni di violenza erano organizzate. I tibetani portavano dei sacchi riempiti con pietre, coltelli e bottiglie molotov. I morti causati da questo dramma sono tutti cinesi. I danni materiali, la distruzione di negozi, l’incendio di di veicoli, erano chiaramente rivolti contro i cinesi. I manifestanti si la sono presa egualmente con scuole primarie, ospedali e hotel.»

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    Una ambulanza scambiata per un carro armato

    20080320_11
    Ancora una TV tedesca che scambia i poliziotti nepalesi per cinesi

    Per la verità, i media occidentali hanno immediatamente parlato di repressione cinese a prescindere. Il primo giorno dei disordini veniva mandato in onda, nei notiziari occidentali, un filmato distribuito dalla TV cinese in cui si vedevano pacifici monaci tibetani armati di machete e sciabole aggredire la polizia, tirare pietre, saccheggiare negozi, dare alle fiamme edifici e linciare passanti.
    I commenti delle TV erano tutti indirizzati alla repressione cinese. Il secondo giorno comparì anche un video amatoriale di un turista australiano in cui invece si vedevano pacifici monaci tibetani aggredire la polizia, saccheggiare negozi, dare alle fiamme edifici e linciare passanti. Il commento era: «Abbiamo un documento unico che mostra la repressione cinese!». Ma di poliziotti cinesi alla carica nemmeno l’ombra.

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    Ancora una volta poliziotti nepalesi scambiati per cinesi

    Intanto si sono presentate le ambulanze che soccorrevano i feriti per carri armati, ma di questo abbiamo già parlato diffusamente. Si sono censurate le immagini sulle 5 ragazze bruciate vive. Poi si è presentata la repressione delle manifestazioni violentemente anticinesi in Tibet e in India come se fossero opera dei cinesi contando sulla ignoranza della gente che appena vede un volto vagamente asiatico pensa alla Cina (sebbene ci sia una differenza notevole tra gli scuri volti degli indo-nepalesi ed i cinesi).

    20080320_15
    In realtà si tratta della polizia indiana

    Si poteva notare che giornalisti, politici o anche gente comune che discuteva nei forum che uno degli argomenti forti contro la Cina è che la repressione cinese l’avevano fatta vedere in TV. Qui non si vuole dire che non ci possa essere stata la repressione cinese, che, anzi, sembrerebbe del tutto legittima visto ciò che è successo, il problema è che i video mostravano tutt’altro. Dopo di questo si è andato avanti in TV e sui giornali per giorni a mostrare tibetani violenti randellati da poliziotti indiani e nepalesi che venivano fatti passare immancabilmente per cinesi. Ma intanto cosa è avveniva realmente?

    20080329_03
    Il parlamento europeo ha espresso solidarietà con il Tibet. L’unico problema che ancora una volta la foto proviene dal Nepal

    James Miles, dell’Economist è il solo giornalista accreditato nella capitale tibetana Lhasa. Per Miles le manifestazioni era tutto meno che pacifiche. Venerdì, nel pomeriggio, piccoli gruppi di giovani tibetani armati di sciabole, di bottiglie molotov e bastoni si sono diretti verso i negozi degli Hui, li hanno saccheggiati e incendiati. Gli Hui sono un gruppo musulmano minoritario che abita nella regione già da secoli.

    20080327_01
    I pacifici monaci tibetani aggrediscono la polizia che non risponde alla violenza

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    La versione dello Spiegel è esilarante. L’Esercito (in realtà la Polizia) risponde in modo crudele. Praticamente si sta difendendo da un lancio massiccio di pietre da parte dei suddetti “pacifici” monaci.

    La sommossa aveva natura etnica, razzista. La polizia cinese, in un primo tempo non è nemmeno intervenuta. Durante tutto il pomeriggio di venerdì, Miles non ha visto un solo poliziotto armato. Solo il sabato a mezzogiorno sono comparsi i primi agenti armati.

    20080325_02

    20080322_05+(1)
    La CNN taglia la foto originale per nascondere i tibetani che attaccano il camion. Poi in seguito ha riproposto l’originale

    Un altro testimone è un turista danese. La testimonianza è ripresa dal giornale Politiken. Dice il testimone che «monaci e ragazzi di 15-16 anni hanno assalito i magazzini cinesi, sfondando porte e finestre e appiccando il fuoco e picchiando i cinesi che si trovavano davanti. Ho assistito ad aggressioni molto brutali. Ho visto come due cinesi sono stati trascinati via e ho potuto rendermi conto che sono stati picchiati a morte. All’inizio la polizia è stata molto prudente. I monaci ed i giovani infuriati erano scatenati. Gli scontri con la polizia, i militari ed i mezzi dell’esercito sui quali vi erano delle armi ci sono stati solo quando i manifestanti si sono avvicinati al Palazzo d’inverno. Tutto intorno a noi era stato dato alle fiamme, ivi comprese le macchine della polizia, quelle dei pompieri e i negozi e i magazzini cinesi. La situazione era assolutamente fuori controllo. Gli attacchi ai magazzini cinesi sono proseguiti senza tregua…». Un turista spagnolo: «Picchiavano la gente con pietre, coltelli da macellaio e machete…».

    20080320_08
    Secondo il Berliner Morgenpost si vede un tibetano catturato dalla polizia. In realtà è un Han salvato dal linciaggio

    Un altro turista spagnolo Juan Carlos Alonso: «I giovani volevano distruggere tutto quello che di cinese trovavano sul loro cammino, avevano coltelli, pietre, machete, coltelli da macellaio. Molti cinesi scappavano per salvarsi la vita. Io ho visto almeno 35 cinesi feriti. Ho visto anche i manifestanti strappare una ragazza dalla sua casa e picchiarla con pietre. Lei gridava: “Aiuto!”» (Franssen 2008).

    20080320_06
    Radio France Internationale. In precedenza, RFI aveva pubblicato una articolo con una foto Reuters di poliziotti nepalesi che afferrano un monaco con la didascalia: «La polizia cinese arresta un monaco tibetano, 20 marzo 2008»(sotto). La RFI si è poi scusata per l’errore.

    20080323_02

    Dunque da queste brevi testimonianze casuali ritroviamo subito quello che chiunque non avesse i paraocchi aveva visto nei filmati. Ossia il pogrom anticinese o meglio contro tutte le etnie storiche del Tibet.

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    Si dovrebbero boicottare le Olimpiadi in Cina? Sotto il titolo la polizia nepalese alle prese con manifestanti tibetani

    20080329_05
    Ancora il Bild che vuole boicottare le Olimpiadi perché i monaci tibetani sono stati caricati con canne di bambù dalla polizia nepalese, quando hanno tentato di invadere l’ambasciata cinese

    Nelle interviste della TV cinese compariva anche un negoziante nepalese. I nepalesi sono ricordati da Harrer nel suo libro sul Tibet prerivoluzionario insieme agli editti del Dalai Lama contro i matrimoni misti con musulmani. Proprio questo ci fa riflettere: non sono solo i musulmani Hui a essere presi di mira ma tutta la minoranza musulmana autoctona dei Kachee (di lingua tibetana) che derivano il loro nome dal Kashmir da cui effettivamente immigrarono nel XII secolo. Ebbene la Moschea di Lhasa costruita dai Kachee è stata data alle fiamme. Essi hanno costituito una florida comunità a Lhasa, sebbene discriminati ai tempi del lamaismo imperante e vanno distinti dai musulmani Hui che parlano mandarino ma che comunque hanno sempre risieduto vicino tibetani nelle province contigue al Tibet. Tra l’altro fu un Hui, Zhang Chengzhi a creare il termine Guardia Rossa che definiva i sostenitori della Rivoluzione Culturale mentre un altro Hui, Shi Zhongxin, è attualmente sindaco dell’importante città Harbin. Questo va detto prima che i difensori dei diritti umani attacchino con il mantra delle discriminazioni anti-islamiche, che però gli stessi non vedono nella legislazione tibetana prerivoluzionaria e nemmeno, non sia mai detto, nei pogromisti di Lhasa.

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    Nella prima versione si parla di governo cinese e di Lhasa, mentre si vede chiaramente che si tratta della polizia nepalese

    20080329_01
    Marcia indietro del Washington Post dopo la denuncia dei netizen cinesi

    20080329_02
    L’ultima versione. Finalmente si parla della polizia nepalese

    A testimonianza della proverbiale pacifismo dei monaci buddisti sono state ritrovate addirittura armi da fuoco: «Quelle armi erano state messe in diversi posti del monastero e alcune si trovavano dove i monaci tengono le scritture», ha spiegato alla TV, Lan Bo, un poliziotto. «Si tratta di armi semi-automatiche che sono state modificate», ha aggiunto (Armi nascoste 2008).
    Tra i principali responsabili della sommossa, un monaco che aveva guidato dieci persone tra cui cinque monaci riconosciuti colpevoli di distruzione di uffici governativi, di aver dato alle fiamme undici negozi rubando le loro merci e attaccato la polizia. Basang, il principale responsabile, è stato condannato all’ergastolo altri due a venti anni e gli altri a 15 anni (Lhasa violence 2008). I manifestanti hanno distrutto sette scuole, cinque ospedali, 120 case e 908 negozi. In totale i danni sono stato per 35 milioni di dollari. 18 innocenti sono stati uccisi di cui sei arsi vivi tra i quali una bambina di otto mesi. 382 sino stati i feriti tra i civili e 241 tra i poliziotti.

    Nel furore della battaglia se ne è sviluppata una parallela nel blog dell’unico giornalista appena obiettivo Francesco Sisci, della Stampa, il quale afferma:
    «[…] scrivo che coloro che sono attaccati sono Hui e Han (per la verità non c’è alcuna differenza etnica tra Hui e Han se non la fede religiosa). […] Invece c’è gente che tifa per lo scontro e la rivolta tibetana senza pensare che dietro ci sono molti cinesi i quali si sentono sempre più rappresentati dal governo, in misura quasi proporzionale agli attacchi contro i loro connazionali in Tibet. Lei Verni vuole la morte eroica di alcuni milioni di tibetani o vuole la guerra contro 1,4 miliardi di cinesi, o cosa? Perché un punto è chiaro: giusto o sbagliato che sia, i cinesi non si faranno linciare o pestare più (se mai lo hanno fatto).
    […] i cinesi dei blog saranno disinformati ma questo è quello che pensano. Infatti i negozi degli Han bruciati da parte dei tibetani a Lhasa rischiano di suscitare un odio razziale che potrebbe aprire a sua volta le porte dell’inferno. Questa credo la vera minaccia latente: come si rinchiudono le porte di questo inferno?
    […] I monaci possono avere tutte le ragioni del mondo per fare quello che fanno. Non era questo il punto. Il punto era di fatto che non sono pacifici. Poi io non sono pacifista e possono avere ragione o torto. Ma dobbiamo forse imparare a distinguere i fatti dalle valutazioni, se no non capiamo più niente, o no?» (Sisci 2008).

    Attenzione: immagini forti
    Video

    Video
    Tra le varie vittime del pogrom anti-Han, quattro ragazze morte tra le fiamme

    Sisci cerca di resistere come può all’assalto all’arma bianca dei radicali:
    «Il Tibet del Dalai Lama era uno stato teocratico e lei Andrea lo sostiene, ma non sostiene, credo di capire, il vecchio stato Pontificio. Mi sembra che lo stato Pontificio fosse più liberale dello stato teocratico del Dalai Lama. O no? La teocrazia del Dalai Lama era migliore di quella del Papa-re? Oppure alcuni radicali hanno abbandonato la laicità dello stato e vogliono il ritorno del Papa-re a Roma? Queste sono domande scandalose, lo ammetto, ma le sembrano illeggittime? Dov’è la differenza, perdoni ancora l’ignoranza, io non la vedo con chiarezza» (Sisci 2008).
    La chicca però è quella della rete canadese CTV che durante l’intervista all’ambasciatore cinese mette in onda immagini della polizia nepalese (scambiata per quella cinese) che carica i dimostranti tibetani per dimostrare che l’ambasciatore mentre e dimostra solo quanto siano ignoranti i giornalisti occidentali.

    Youtube
    Questo video su Youtube è stato visionato da 734.000 persone nel giro di pochi giorni diventando un caso. Il video è stato seguito da 23.400 post.

    Youtube

    Sisci mette il dito sulla piaga. I radicali sono prima anticomunisti e sinofobi, e poi eventualmente laici. Ma anche ai simpatizzanti della causa tibetana non è sfuggita la violenza degli scontri: «Devo confessare che i filmati della recente rivolta mi hanno lasciato alquanto perplesso, per la violenza con la quale sono stati portati avanti – indubbiamente – dalla minoranza tibetana, poco avvezza a questi scenari di guerriglia urbana. Sembrava quasi d’osservare Gaza o Beirut» (Bertani 2008).
    Cosa che non ci sorprende dato che spesso la religione è un pretesto l’azione politica, anche quella violenta e il buddismo non è un’eccezione.

    Video con contenuti forti:
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    Bibliografia
    Armi nascoste 2008. “Armi nascoste dai tibetani”, Pechino 14 aprile, Reuters
    Bertani Carlo 2008. Un’altra puntata del Great Game, 26 marzo. www.disinformazione.it/tibet2.htm#_ftnref2
    ESWN 2008. The Editor Does The Job. 08/22/2008. www.zonaeuropa.com/200808c.brief.htm
    Franssen Peter 2008. Cosa è successo veramente a Lhasa? Giornalisti e turisti raccontano un’altra storia, http://nuke.ossin.org/SearchResults/Cosa%C...33/Default.aspx
    Lhasa violence 2008. “Seventeen people were sentenced on Tuesday to jail terms ranging from three years to life in connection with the Lhasa violence on March 14”, a Lhasa court said, Xinhua, Lhasa, 29Aprile 2008.
    Texade 2012. Tre uomini fanno una tugre. Reportage di Controinformazione Storica. TexadeBooks Edizioni.15.03.2012 http://texadebooks.altervista.org/default.htm

    Fonte: La crescita felice


    Ripetete una bugia cento, mille, un milione di volte e diventerà una verità
    (Göbbels)
     
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    Io semplicemente non ho più parole. Davanti a una persona che ha il coraggio di usare il termine "incidente di piazza Tienanmen", una cosuccia che il governo cinese occulta per puro sport ai suoi stessi cittadini e che ha causato, secondo la Croce Rossa, 2600 morti, mi chiedo se abbia senso continuare a discutere.

    Il tuo sproloquio cerca di dimostrare che i pacifici, miti e docili cinesi hanno subito l'assalto di reparti tibetani armati fino ai denti (coltelli tradizionali contro carriarmati!!!), resistendo nella non violenza fino all'ultimo per poi attuare una severa ma giusta repressione di sabotatori che non riconoscono i grandi risultati della magnifica Cina comunista, impero del bene in cui tutti concordano col governo.

    In questo quadretto c'è giusto qualcosa che non va. La Cina comunista è un Paese che nega i diritti umani più fondamentali, come dimostrato dal rapporto di Amnesty International riportato da Romeo, e che ha ha sacrificato ogni forma di rispetto dei propri cittadini e lavoratori e dell'ambiente per la crescita economica. Limitandoci al Tibet tutto il tuo sbrodolamento sostiene cose in parte anche reali, distorcendole e facendole passare per una grande verità che può riabilitare l'immagine della Cina comunista.
    Ripercorriamo la storia del rapporto tra Tibet e Cina grazie a Wikipedia che, a differenza tua, si basa su fonti serie:

    CITAZIONE
    Privato dei suoi territori settentrionali ed orientali, il 9 settembre 1951 il Tibet dovette accogliere 3.000 soldati cinesi da acquartierare nella capitale Lhasa e dovette cambiare il proprio nome adottando quello cinese di Xizang. Questa data segna effettivamente la fine dell'indipendenza tibetana.

    Le pesanti imposizioni provocarono locali rivolte duramente sedate dai cinesi, che arrivarono a bombardare con l'aviazione i monasteri in cui si erano asserragliati i ribelli khamba. Vennero anche imposte pesanti tasse sui monasteri sia per indebolirli come centri di potere, sia per finanziare le costose campagne di occupazione.

    Già nel 1952 i cinesi vennero economicamente incentivati a trasferirsi in massa in Tibet dalle regioni limitrofe, tanto che oggigiorno i tibetani, sei milioni, sono in minoranza nel proprio paese nei confronti degli immigrati han. Il Dalai Lama chiese due anni dopo un incontro con Mao Tse Tung (1893 - 1976) e con Deng Xiaoping (1904 - 1997) per negoziare invano una soluzione pacifica.

    Nel 1954, contemporaneamente al riconoscimento indiano dell'annessione cinese del Tibet, il Dalai Lama e il Panchen Lama, invitati a Pechino, rimasero affascinati da Mao e dagli altri leader comunisti e solo alla fine del loro soggiorno questi ultimi gettarono la maschera accusando il Buddhismo di essere un "veleno". Tornati in patria i due giovani leader religiosi scoprirono che lontano da Lhasa, nelle provincie di Amdo e Kham, le milizie comuniste avevano già cominciato a svuotare i monasteri ed a perseguitare il clero buddista. La colonizzazione "pacifica" del Tibet si scontrava con una reale e sistematica distruzione del culto tibetano e dei monasteri, nella completa indifferenza mondiale. Repressione e arresti di massa scatenarono nel 1955 le prime fiammate di insurrezione armata, a cui partecipano i monaci buddisti.

    Approfittando dei dissidi in seno al Partito comunista cinese in seguito alla fallimentare e tragica esperienza del "grande balzo in avanti" e con il supporto della CIA, il 10 marzo 1959 il movimento di resistenza tibetano, ormai esteso a tutto il Paese, culminò in una sollevazione che fu repressa col dispiegamento da parte del governo cinese di 150.000 uomini e di unità aeree. Migliaia di uomini, donne e bambini vennero massacrati nelle strade di Lhasa e in altri luoghi. Il 17 marzo 1959 il Dalai Lama abbandonò Lhasa per cercare asilo politico in India seguito da oltre 80.000 profughi tibetani, negli anni successivi la diaspora continuò fino a toccare il numero odierno di 130.000 profughi dispersi in tutto il mondo. La sollevazione si stima abbia comportato una strage di almeno 65.000 persone (cifre più attendibili indicano in 80.000 vittime e 300.000 profughi). Per il Tibet iniziò un periodo tragico, privato com'era del suo capo di stato e guida spirituale.

    Tenzin Gyatso (il XIV Dalai Lama) e altri funzionari del governo si stabilirono a Dharamsala in India, ma sparuti gruppi di resistenza continuarono la lotta in patria fino al 1969. Più volte il ministro cinese Zhou Enlai (1898-1976) chiese all'India l'estradizione del Dalai Lama.

    Nel 1965, con la proclamazione della nascita della "T.A.R." ("Regione Autonoma del Tibet"), il paese perde ogni forma seppur velata d'indipendenza, divenendo una regione autonoma della Cina amministrata direttamente da Pechino, con questo atto il Tibet venne annesso alla Cina de facto, come annunciò l'allora presidente della Repubblica popolare, Liu Shaoqi (1898-1969).

    Il biennio 1966-1968 fu tragico per il Tibet. Durante la Grande rivoluzione culturale, i rivoluzionari cinesi organizzarono campagne di vandalismo contro monasteri e siti simbolo della cultura antica. Dal 1950 venne distrutta la quasi totalità dei monasteri, oltre 6.000, di cui molti secolari. Un gran numero di tibetani venne ucciso e molte migliaia furono arrestate. Anche oggi si contano tibetani, soprattutto monaci e monache, nelle carceri cinesi per reati politici legati alla richiesta di indipendenza.

    La nuova resistenza ha inizio nel 1977 e dura tuttora, dopo due dure repressioni, rispettivamente nel 1980 e nel 1989. Nel 1978, 1979, 1981, 1984 e 1991 la stampa mondiale si occupò dell'irrisolto problema tibetano. Il Governo tibetano in esilio denuncia la volontà del Governo cinese di cancellare definitivamente la cultura del paese con la repressione e con una propaganda martellante sui mass media e per le strade. Il Dalai Lama ormai non richiede più l'indipendenza del Tibet, ma una vera autodeterminazione che possa preservare ciò che è rimasto della sua cultura e garantire ai tibetani i diritti umani fondamentali.

    Dopo la morte di Mao, è continuata la resistenza attiva e passiva dei tibetani. Il nuovo leader cinese, Deng Xiaoping (1904-1997), ha promosso a partire dal 1983 massicci trasferimenti di cinesi in Tibet ed il trasferimento forzato è stato incrementato dopo il fallimento dei colloqui segreti tra il governo cinese ed il Dalai Lama nel 1987, quando quest'ultimo propose agli Stati Uniti un accordo di mediazione con la Cina che salvaguardasse l'identità culturale del suo Paese (21 settembre). Tuttavia questo "trasferimento forzato" non è provato da nessun documento. Alle manifestazioni in Tibet la Cina rispose con un'ennesima repressione che fece due morti.

    La morte del Panchen Lama nel 1994 ha aggravato la tensione. Nel marzo del 2008, con l'approssimarsi dell'apertura a Pechino dei giochi olimpici, sono scoppiate nuove manifestazioni a Lhasa, promosse da elementi estremisti tibetani contestatori della linea "morbida" del Dalai Lama, che sono state represse con mano inizialmente cauta. Tali scontri hanno provocato grande imbarazzo al governo cinese, che su pressione della comunità internazionale ha ripreso i colloqui poche settimane più tardi in un incontro a Pechino con i rappresentanti designati dal Dalai Lama.

    Le parti evidenziate in grassetto dimostrano inequivocabilmente che Wikipedia, il "grande organo occidentale di diffamazione verso la Cina", non sostiene affatto che le proteste tibetane siano sempre state pacifiche, anzi. E già qui tutto il tuo castello dogmatico cade.
    Appare poi evidente che non hai alcun rispetto dei morti tibetani e che nel 2008, l'anno cuore del tuo sproloquio, la Cina ha risposto in maniera inizialmente cauta alle manifestazioni violente dei tibetani perché aveva gli occhi del mondo puntati addosso a causa delle Olimpiadi, segnando così un unicum nella propria storia di violenza nel rapporto col Tibet.

    In chiusura del tuo intervento hai rirportato una famosa frase di Goebbels: essa si applica alla perfezione alla tua manipolazione sistematica e grottesca della realtà. Le tue parole assomigliano molto alle spiegazioni naziste su passaggi storici come lo scoppio della seconda guerra mondiale e sulle annesse responsabilità politiche.
     
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    Con questo ritengo opportuno chiudere la discussione. Diversi passaggi del regolamento sono stati violati e allo stesso modo raccomandazioni come quella di non cadere sul personale sono state disattese, anche da me nell'ultimo post, sulla spinta del clima non positivo né costruttivo creatosi in questo dibattito.
    Ho la convinzione che le posizioni in campo siano state liberamente ed esaurientemente espresse, che i lettori abbiano gli strumenti per formarsi una propria opinione e che sia necessario evitare strascichi che verosimilmente porterebbero solo a un inasprimento dei toni.
     
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51 replies since 16/3/2008, 12:49   1378 views
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