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Sia nel caso di Nolde che in quello di Handke si tratta di arte. Il tormento artistico dei due si rivela nell’opera, che emoziona e colpisce. La loro è un’aggiunta al mondo, come diceva Mallarmè, riferendosi ai libri. Il Caravaggio assassino ed artista sublime rimane nella storia dell’arte senza ombre, un campione indiscusso, un modello amato, il commovente riferimento di generazioni di artisti e osservatori, mentre la sua discutibile parabola umana sfuma nei recessi del tempo. Ma è anche vero che le arti figurative sono molto più disancorate dal filo logico del pensiero, mentre la letteratura fornisce interpretazioni del mondo attraverso la potenza di un linguaggio ordinario, come le parole, che tutti maneggiano e che tutti manipolano come una pericolosa tessitura di senso. Lo scrittore Handke guarda il mondo attraverso le sue ossessioni creative, e non è lo stesso mondo degli altri. Nessun mondo somiglia a quello del nostro prossimo, perché ciascuno abita il proprio. La letteratura consente di affacciarsi da tante altre finestre sullo stesso panorama, che si anima come un giocattolo che credevamo fermo, o con il quale non sapevamo giocare in quel modo. La complicità del lettore è il segno di riconoscimento, un pegno di gratitudine verso quella parte di mondo svelata e accolta attraverso la creazione artistica. Anche Cèline era un feroce antisemita, ma la sua cifra artistica si poneva al di sopra e al di là della sua capacità di decifrare quella specifica ingiustizia. La disarmante misoginia di tanti filosofi non li rende meno acuti, semplicemente sono figli di un tempo che dava per scontate certe verità. Avevo uno zio serbo, un uomo colto, un intellettuale seguace di Milovan Gilas, finito in galera ai tempi di Tito, riparato in Francia, cosmopolita e spiritoso, che, quando ci sedevamo in un ristorante, si premurava sempre di far sedere la sua giovane terza o quarta moglie col viso rivolto contro il muro, temendo scambi di sguardi con gli altri avventori. Quando lo rimproverai, trovando inaudito un simile atteggiamento, mi resi conto che tutta la sua cultura e la sua amabilità, lasciavano il campo alla sua ancestrale considerazione dell’entità femminile, una trappola comportamentale che acquietava eventuali sussulti e ulteriori scomodi interrogativi. Il negazionismo è una coazione spietata, che rivendica la cecità e la sordità come unica risposta di fronte all’odio o alla semplice diffidenza nei confronti di qualcuno. Le circostanze possono essere enormi o minimali, ma il riflesso condizionato che spinge a negare qualsiasi ragione in capo a chi si detesta, è al di là di qualsiasi spiegazione, cova in fondo a sentimenti inconfessati, sgorga irragionevole, come un fiotto di sangue da una vena aperta. Queste persone mi fanno paura, anche se sono altrimenti geniali, anche se in grado di illuminare con grazia e verità altri spicchi di mondo. L’esimente dell’arte è esimente solo per la grana comunicativa dell’opera, mentre il comunicatore che esibisce le proprie teorie negazioniste è solo l’ ennesimo irrazionale odiatore, di cui si può continuare ad apprezzare l’opera, ma non premiarlo in un contesto di gara letteraria, che è un contesto che, prima o poi, avrà sempre a che fare con la verità. E non si premia chi è disposto a mentire.
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