La salute del futuro: nuove prospettive con le assicurazioni private

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    Ho una riflessione che spero sia interessante: il ruolo delle assicurazioni private nella sanità.

    Innanzitutto, guardate la situazione attuale: i medici spesso sono incentivati a curare il maggior numero possibile di pazienti, piuttosto che concentrarsi sulla prevenzione e sul mantenimento della salute a lungo termine. Questo perché il sistema attuale premia il trattamento delle malattie piuttosto che la prevenzione.

    Ma cosa succederebbe se passassimo a un sistema di assicurazioni private? Immaginate un mondo in cui le assicurazioni fossero incentivate a mantenere i loro assicurati in buona salute, anziché semplicemente a curare le malattie quando si presentano. Questo potrebbe portare a un cambiamento radicale nella nostra attuale cultura sanitaria, dove la prevenzione diventa una priorità e non solo un'opzione secondaria.

    Inoltre, con l'accesso a una gamma più ampia di fornitori di servizi sanitari e la possibilità di scegliere piani assicurativi personalizzati, le persone avrebbero maggiore libertà di scelta e controllo sulla propria salute. Non saremmo più vincolati a un sistema centralizzato, ma potremmo adattare le nostre cure alle nostre esigenze individuali.

    Insomma, credo che le assicurazioni private potrebbero essere una soluzione interessante per affrontare alcune delle sfide attuali nel settore sanitario
     
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    CITAZIONE (DataDrifter @ 11/4/2024, 17:31) 
    Ma cosa succederebbe se passassimo a un sistema di assicurazioni private? Immaginate un mondo in cui le assicurazioni fossero incentivate a mantenere i loro assicurati in buona salute, anziché semplicemente a curare le malattie quando si presentano. Questo potrebbe portare a un cambiamento radicale nella nostra attuale cultura sanitaria, dove la prevenzione diventa una priorità e non solo un'opzione secondaria.

    La prevenzione è importante, ma temo che la sua portata tenda ad essere sopravvalutata da certe personalità della medicina ed alcuni istituti di ricerca. Nel caso dei tumori, posto il rischio totale uguale a 100, se noi potessimo fare una prevenzione come quella indicata dall'Istituto dei Tumori di Milano, eliminando tutti i rischi evitabili ambientali ed operando su vasta scala gli screening disponibili oggi, al massimo potremmo ridurre il rischio fino a 60, non oltre.
    Quindi, avremmo comunque bisogno di una vasta sanità oncologica per curare i tumori non prevenibili, che rimangono in maggioranza.

    Poi esistono malattie difficilmente prevenibili. Il morbo di Alzheimer, per esempio, è una gravissima malattia incurabile che pare in continuo aumento nei paesi avanzati (colpisce circa il 10% della popolazione sopra l'età di 65 anni). Incide in modo molto pesante sulle risorse sanitarie di un paese e sulla società. Nonostante quello che si legge sulla stampa ordinaria, del morbo di Alzheimer non si conoscono le cause (si conoscono solo i meccanismi terminali), non è curabile e non è prevenibile. I giornali insistono su dieta sana, esercizio fisico e tenere attivo il cervello, ma gli studi più accreditati a livello scientifico dicono che non esistono sufficienti dati scientifici per sostenere questo.

    Negli Stati Uniti d'America, non esiste un sistema sanitario nazionale, comparabile a quello dei paesi europei o al Canada. Questo perchè non fa parte della loro cultura ed è anche osteggiato da gran parte della popolazione. Negli USA, l'idea di una sanità statale puzza di comunismo. Gli americani pensano che i medici impiegati statali non possano essere motivati e non sarebbero certo i migliori.

    Pertanto la sanità americana si basa su sistemi di assicurazione private. Generalmente una parte dell'assicurazione è pagata dall'assistito ed un'altra parte è pagata dal datore di lavoro dell'assistito (se questo è un lavoratore dipendente, ovviamente).

    Negli USA, se una persona deve valutare una proposta di lavoro dipendente,oltre allo stipendio, guarda anche alla pensione (anch'essa privata e variabile a seconda del posto di lvoro) e se la proposta include anche un buon sistema sanitario.

    Sono disponibili pacchetti di vario tipo, ed ognuno può scegliere il tipo di assicurazione che ritiene più adatto, più o meno come si fa con l'assicurazione dell'auto.
    La spesa media varia da $ 400/mese per un giovane adulto fino a $700-$1000/mese per una persona anziana.

    Inoltre, essendo assicurazioni private, il premio aumenta se l'assistito si ammala spesso o ha gravi problemi di salute. Inoltre, un disoccupato o una persona povera non può permettersi questi piani assicurativi, e, a seconda dello stato in cui vive, può contare solo su associazioni caritatevoli che possiedono ospedali dove può essere curato, ovviamente con standard molto inferiori alla medicina accessibile dagli assistiti delle assicurazioni private.

    Non mi risulta che le assicurazioni sanitarie negli USA "siano incentivate a mantenere i loro assicurati in buona salute".
     
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    Capisco le preoccupazioni riguardo alle disparità nell'accesso alle cure mediche, specialmente per coloro che non possono permettersi un'assicurazione privata. È una questione complessa, ma credo che ci siano modi per affrontarla attraverso il settore privato.

    Una possibile soluzione potrebbe essere l'introduzione di iniziative di assistenza medica da parte delle assicurazioni private. Ad esempio, le compagnie assicurative potrebbero creare programmi di assistenza sussidiaria per coloro che si trovano in difficoltà finanziarie. Questi programmi potrebbero offrire tariffe scontate o piani di pagamento flessibili per coloro che hanno difficoltà a pagare i premi assicurativi standard.

    Tuttavia, è importante sottolineare che la sanità privata negli Stati Uniti attuali non può essere considerata un esempio di anarco-capitalismo. Il sistema attuale è caratterizzato da una serie di regolamentazioni e interventi governativi che influenzano notevolmente il funzionamento del mercato. Ci sono restrizioni sull'offerta di servizi sanitari, normative sulle assicurazioni e programmi pubblici come Medicare e Medicaid che hanno un impatto significativo sul panorama sanitario.

    Detto questo, rimango convinto che prevenire sia sempre meglio che curare. Investire nella prevenzione delle malattie può non solo migliorare la salute individuale, ma anche ridurre i costi a lungo termine per il sistema sanitario nel suo complesso. È una questione di buon senso: è molto più economico e meno doloroso affrontare un problema alla radice piuttosto che trattare le sue conseguenze una volta che si è sviluppato completamente.

    Pertanto, le compagnie assicurative dovrebbero adottare un approccio proattivo alla salute dei loro assicurati, investendo in programmi di prevenzione e promozione della salute. Questo potrebbe includere campagne di sensibilizzazione, incentivi per uno stile di vita sano e accesso facilitato a esami di screening e vaccinazioni.

    Insomma, credo che ci siano molte possibilità per il settore privato di contribuire a ridurre le disparità nell'accesso alle cure mediche e migliorare la salute complessiva della popolazione. È una questione di trovare soluzioni creative e collaborative che tengano conto delle esigenze di tutti i cittadini, indipendentemente dalla loro situazione economica.
     
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  4. Salvo49
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    La sanità pubblica, come il lavoro e l'istruzione pubblica, è uno dei valori fondamentali della nostra Costituzione, che come gli altri due è stato mandato al macero come conseguenza dell'egemonia dell'ideologia economica liberista. Il periodo migliore dell'Italia unitaria (1861) è stato quello del secondo dopoguerra (anni 60-70) in cui si è data attuazione ai suddetti valori costituzionali mediante l'impiego di politiche democratiche e socialiste; quelle che avevano avuto successo nei paesi scandinavi, che allora erano un modello di civiltà per il resto d'Europa che usciva dalla tragedia della guerra e del nazifascismo che l'aveva provocata.
     
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    Il post in questione presenta un'interpretazione distorta della storia e una visione idealizzata del ruolo dello Stato nei settori della sanità, del lavoro e dell'istruzione.

    Prima di tutto, attribuire l'attuale declino della sanità pubblica, del lavoro e dell'istruzione alla cosiddetta "egemonia dell'ideologia economica liberista" è una semplificazione eccessiva della realtà. In molti casi, è proprio l'intervento pesante dello Stato in questi settori che ha portato a inefficienze, sprechi e carenze nella qualità dei servizi offerti.

    In secondo luogo, sostenere che il periodo migliore dell'Italia sia stato durante l'implementazione di politiche socialiste nei decenni successivi al secondo dopoguerra è fuorviante. Mentre è vero che ci sono stati progressi significativi in termini di sviluppo economico e sociale in quel periodo, attribuire tutto ciò a politiche socialiste è un errore. Molte delle politiche implementate in quegli anni hanno portato a pesanti tassazioni, burocrazia e limitazioni alla libertà economica, il che ha contribuito a rallentare la crescita economica e a limitare le opportunità di sviluppo.
    Mentre molti idealizzano i paesi scandinavi come modelli di welfare statale, è tempo di smetterla con questa retorica falsa e dannosa. I sistemi di welfare estesi di quei paesi sono finanziati da tassi di tassazione esorbitanti che soffocano l'iniziativa imprenditoriale e disincentivano il lavoro. Non si tratta di un paradiso terrestre, ma di un incubo fiscale.

    Invece di dipendere dallo Stato per tutto, dovremmo promuovere l'indipendenza individuale e la responsabilità personale. In un'economia libera, la gente è motivata a cercare lavoro e a migliorare la propria situazione, invece di aspettare che lo Stato li supporti a spese dei contribuenti.

    Dobbiamo smetterla di credere che il socialismo possa risolvere tutti i nostri problemi. Guardiamo oltre le apparenze e riconosciamo che i successi economici e sociali non derivano da politiche socialiste, ma da una cultura del lavoro e dall'innovazione.
     
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    CITAZIONE (Salvo49 @ 13/4/2024, 09:17) 
    Il periodo migliore dell'Italia unitaria (1861) è stato quello del secondo dopoguerra (anni 60-70)

    Quello è stato il periodo PEGGIORE della nostra vita, altro che periodo migliore..
    Sono stati gli anni in cui una politica dissennata ha posto le basi del disastro in cui ci troviamo tutt'ora.
    L'Italia non è mai stato un Paese ricco fin dalla sua nascita nel 1861.
    Negli anni '50 e, parzialmente, negli anni '60 abbiamo vissuto il famoso "miracolo economico" solo grazie a fattori irripetibili: Piano Marshall, bassissimo costo del petrolio, basso costo della mano d'opera meridionale emigrata al Nord, assenza di regolamenti urbanistici ed ambientali: cosa quest'ultima che, da un lato, ha determinato la distruzione di ampie parti del territorio, ma dall'altro sviluppava l’edilizia, creando lavoro, benessere, aumento del PIL e la possibilità per tutti di comprarsi una casa a basso costo.
    Già nei primi anni '70, però, le cose sono iniziate a cambiare: il miracolo era finito ( perché si erano esaurite quelle condizioni eccezionali, in primis basso costo di petrolio e manodopera ), ma i deboli governi democristiani di allora, per paura di essere travolti dall'ondata comunista, concedettero di tutto e di più alla classe operaia ed ai lavoratori in generale ( scala mobile, pensioni a condizioni ultra-favorevoli, impossibilità di essere licenziati ), finanziando le loro "conquiste" nel modo più semplice: stampando moneta. Si potrebbe obiettare che, in sè, non è detto che questa sia una cosa del tutto negativa: lo fanno da decenni gli USA, e per cifre stratosferiche, senza per questo essere mai entrati in crisi e continuando, anzi, ancora oggi ad essere il Paese più potente del mondo.
    Ma noi non siamo gli USA: non siamo un continente, come loro, siamo un piccolissimo Paese, non abbiamo neanche una frazione del loro potere economico, politico e militare. Per noi le conseguenze di quella politica monetaria furono gravissime: la Lira perdeva valore a ritmi vertiginosi, mentre l'inflazione viaggiava a livelli sudamericani ( una Fiat raddoppiava di prezzo ogni due anni). Ma possibile che chi li ha vissuti non se li ricorda quegli anni? Con le domeniche a piedi, i cinema che chiudevano alle 11 di sera per risparmiare elettricità, Canzonissima che veniva spostata alla domenica pomeriggio ( così c'era meno gente sveglia a consumare elettricità di sabato sera ), col governo che metteva un calmiere al prezzo del pane (no, dico, al prezzo del pane! Come in tempo di guerra...).
    Erano anni ORRIBILI, anche omettendo di parlare del terrorismo e della vera e propria guerra civile allora in atto: se chi oggi ha 60 anni o più lascia un attimo da parte il fatto che aveva 20 anni e passava tutte le sere a limonare nella 500 con la morosa di turno, in COSA dovrebbe invidiare quella supposta età dell'oro?
     
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    CITAZIONE (DataDrifter @ 13/4/2024, 09:43) 
    Mentre molti idealizzano i paesi scandinavi come modelli di welfare statale, è tempo di smetterla con questa retorica falsa e dannosa. I sistemi di welfare estesi di quei paesi sono finanziati da tassi di tassazione esorbitanti che soffocano l'iniziativa imprenditoriale e disincentivano il lavoro. Non si tratta di un paradiso terrestre, ma di un incubo fiscale.

    Sono in totale disaccordo. Conosco abbastanza bene uno di questi paesi, la Danimarca, dove ho vissuto e lavorato nel campo della ricerca per tre anni. Non è un paradiso terrestre, nessun paese lo è, ma possiede notevoli vantaggi. Le tasse sul reddito sono effettivamente altissime, io pagavo il 55% del mio reddito ed ero considerato in una fascia media.
    I servizi dello stato sono notevoli: università gratis (le università danesi all'estero godono di maggior prestigio di quelle italiane), burocrazia snella ed efficiente che in Italia ci possiamo solo sognare, asili nido accessibili a tutti, trattamento per anziani non autosufficienti che in Italia, come la burocrazia, possiamo solo sognarci,etc.
    Si tratta di un sistema non esportabile, perchè richiede una particolare mentalità e cultura che hanno i popoli scandinavi e non gli italiani (ma anche altri popoli europei).
    Quindi, non proporrei certo un sistema simile per l'Italia, dove sarebbe inapplicabile.

    Totalmente falso che questo sistema soffochi l'iniziativa imprenditoriale e disincentivi il lavoro. In Danimarca esistono molte industrie avanzate (specialmente in campo farmaceutico e biotecnologico), e la Danimarca è un paese molto ricco.
     
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    Il modello danese presenta alcuni svantaggi significativi che lo rendono poco adatto ad essere considerato un modello ideale per altri paesi, inclusa l'Italia. Innanzitutto, il sistema di tassazione estremamente elevato della Danimarca rappresenta una grave limitazione alla libertà economica degli individui. Un'aliquota fiscale che raggiunge il 55% del reddito, come nel tuo caso, non solo riduce significativamente il potere d'acquisto delle persone, ma anche disincentiva fortemente l'imprenditorialità e l'innovazione. L'alto livello di tassazione implica che una parte significativa del reddito delle persone finisca direttamente nelle casse dello Stato, anziché essere reinvestito nell'economia attraverso il consumo o l'investimento.

    Inoltre, il sistema di welfare esteso della Danimarca, sebbene offra una serie di servizi pubblici di alta qualità come l'università gratuita e gli asili nido accessibili a tutti, può avere effetti negativi sulla motivazione individuale e sulla responsabilità personale. Quando lo Stato fornisce tutto gratuitamente, si corre il rischio che le persone perdano l'incentivo a migliorare le proprie condizioni e a investire nel proprio futuro, confidando piuttosto nel supporto statale. Questo può portare a una cultura di dipendenza dallo Stato e ridurre la voglia di crescita personale e professionale.

    E' importante notare che il successo economico della Danimarca non è dovuto esclusivamente al suo sistema di welfare esteso, ma anche alla presenza di un'economia di mercato relativamente libera e aperta agli investimenti stranieri. Il modello danese è più correttamente descritto come un capitalismo con una vasta rete di sicurezza sociale, piuttosto che come un sistema socialista. Alcune industrie avanzate in settori specifici non devono oscurare il fatto che un'economia prospera richiede anche una certa dose di libertà economica e un ambiente favorevole agli affari.
     
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    CITAZIONE (DataDrifter @ 14/4/2024, 22:54) 
    L'alto livello di tassazione implica che una parte significativa del reddito delle persone finisca direttamente nelle casse dello Stato, anziché essere reinvestito nell'economia attraverso il consumo o l'investimento.

    Questo sarebbe vero se il denaro restasse nelle casse dello stato, ma in realtà viene investito in servizi alla collettività (le universitè e gli asili, per esempio), in servizi sociali, opere pubbliche ecc. diventando nuovamente reddito che viene tassato e il ciclo si ripete.
     
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    Lo stato non è sempre il miglior allocatore di risorse, né agisce sempre nell'interesse del benessere collettivo.

    Mentre è vero che una parte dei fondi pubblici può essere investita in servizi alla collettività come università, asili, servizi sociali e opere pubbliche, è altrettanto vero che lo stato ha il potere di decidere arbitrariamente come allocare tali risorse, spesso influenzato da considerazioni politiche, interessi di gruppo o priorità discutibili. Ad esempio, una parte significativa del budget statale può essere destinata a settori come la difesa militare o programmi governativi inefficienti, a discapito di settori prioritari come l'istruzione, la sanità o la riduzione della povertà.

    Inoltre, la tassazione coercitiva per finanziare queste spese non rispecchia necessariamente le preferenze e i valori della popolazione. Nel contesto dell'anarco-capitalismo, gli individui avrebbero il controllo diretto dei propri mezzi e sarebbero liberi di decidere come spendere i propri soldi in base alle proprie priorità e valori personali. Ciò potrebbe portare a una maggiore efficienza nell'allocazione delle risorse e a una maggiore soddisfazione individuale.
     
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    Il tutto si basa su di un‘immagine illusoria di un mondo di persone idealizzate - peggio dei buoni selvaggi - motivate da nobili principi, rispettose degli altri, sagge e prudenti, equilbrate e morigerate, capaci però di inziative anche non prive di rischi. Degli esseri purtroppo (o per fortuna?), semmai esistenti, minoritari nel genere umano (e non solo in quello).


    Un‘altra cosa mi resta incomprensibile: come potrebbero scomparire quelle storture che sono gli interessi di gruppo, ad esempio, che tu stesso citi? E come potrebbero i cittadini disporre dell‘uso delle risorse, ad esempio per finanziare la costruzione di un ospedale? Mettono il loro obolo in una cassettina sino a che non si raggiunga la cifra necessaria, fondano una S.p.A., raccolgliendo capitali sul mercato finanziario e che altro?

    Quanto alle spese militari (che, considerazioni di ordine morale a parte, generano redditi) che fanno gli anarco-capitalisti se attaccati da qualcuno che non li vede di buon occhio? Si avvolgono nella bandiera dai colori imperiali inneggiando „Mi lagnerò tacendo…“?

    Edited by dceg - 14/4/2024, 23:32
     
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    CITAZIONE (dceg @ 14/4/2024, 23:22) 
    Degli esseri purtroppo (o per fortuna?), semmai esistenti, minoritari nel genere umano (e non solo in quello).

    Quindi è come dire: "Sì, pensiamo che tutti o quasi siano cattivi, quindi diamo il controllo del mondo a un manipolo di individui illuminati, perché sicuramente non abuseranno mai del potere, giusto? Dopotutto, la storia è piena di esempi di come dare il potere in poche mani abbia portato alla felicità e alla prosperità di tutti. Se pensiamo che l'umanità sia malvagia, perché non dare a pochi il controllo totale?"
     
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    O forse scegliamo meglio quelli che deleghiamo, inserendo meccanismi di controllo e capaci di correggere le storture.
    Non sono assolutamente favorevole ad uno stato che pretende di regolare ogni aspetto della vita dei cittadini e che disattende ai loro bisogni o che pretende di livellare tutto, ma non credo nella „bontà“, sia sul piano individuale che collettivo, troppi sono i fattori personali e sociali che portano a comportarsi in maniera ben diversa da quella auspicata e magari auspicabile; e questo non per una qualche innata cattiveria, ma perché le motivazioni degli esseri umani sono dei fenomeni complessi e le società sono dei fenomeni complessi.
     
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    Delegare poteri a entità centralizzate è un errore fondamentale che compromette la libertà individuale e l'autonomia. L'idea di inserire meccanismi di controllo per correggere le storture perpetua solo il mito che l'autorità possa gestire meglio le nostre vite di quanto potremmo farlo noi stessi. Non c'è spazio per un compromesso con un sistema che limita la nostra libertà e mina il principio della proprietà privata.

    Lo stato non ha il diritto di regolare ogni aspetto della nostra esistenza. I cittadini non sono pedine da manipolare a piacimento delle autorità centrali. L'idea stessa che un'entità possa imporre il proprio concetto di "bontà" è arrogante e pericolosa. La libertà individuale è sacra e non può essere sacrificata sull'altare di qualche presunta benevolenza statale.

    La complessità delle motivazioni umane e delle dinamiche sociali non è una giustificazione sufficiente per l'intervento statale. Al contrario, è proprio questa complessità che rende essenziale il rispetto della sovranità individuale e la decentralizzazione del potere. Solo in un contesto di libertà e responsabilità individuale possiamo sperare di realizzare una società veramente giusta e prospera.

    Nel XIX secolo, se avessimo ascoltato coloro che difendevano la schiavitù con argomenti sulla complessità sociale e le necessità economiche, non avremmo mai visto l'abolizione di quella barbarie. Se si fosse detto loro che un giorno la schiavitù sarebbe stata abolita, avrebbero probabilmente risposto che la società non sarebbe potuta andare avanti senza la forza lavoro degli schiavi.

    Allo stesso modo, difendere la libertà individuale e la decentralizzazione del potere può sembrare difficile in un contesto dominato dallo stato. Tuttavia, è un passo necessario verso un futuro in cui ogni individuo possa godere dei propri diritti e della propria dignità senza essere soggetto alle decisioni arbitrarie di un'autorità centrale.
     
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    Sostenere la bontà di un sistema sanitario basato sulle assicurazioni private parlando di prevenzione è un'operazione insidiosa.
    Lo è perché usa un argomento valido (quello della necessità di investire sulla prevenzione delle malattie) per giustificare uno scenario che per molte persone vorrebbe dire, senza tanti giri di parole, morire.
    La prevenzione si può e si deve fare senza smantellare il sistema sanitario nazionale. Lo Stato avrebbe enormi guadagni in termini di riduzione della spesa sanitaria se la popolazione adottasse stili di vita sani e monitorasse periodicamente il proprio stato di salute. Esistono però, come accennato da Mario, malattie che non sono prevenibili. Allo stesso modo, ci sono patologie associate a particolari tipi di lavoro ed altre ad eventi traumatici che non si possono azzerare neanche con la migliore prevenzione. Se affidassimo la sanità ai privati finiremmo per lasciare milioni di nostri concittadini indigenti senza gli strumenti per curarsi.

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    Nel contesto dell'anarco-capitalismo, gli individui avrebbero il controllo diretto dei propri mezzi e sarebbero liberi di decidere come spendere i propri soldi in base alle proprie priorità e valori personali. Ciò potrebbe portare a una maggiore efficienza nell'allocazione delle risorse e a una maggiore soddisfazione individuale.

    Questa è, spero mi perdonerai la franchezza, un'illusione che si basa sull'idea che l'uomo sia un essere pienamente razionale e che ha tutti gli strumenti e le informazioni per decidere al meglio come investire le proprie risorse. Non è così: vi è una enorme disparità di cultura, situazione famigliare di partenza, intelligenza, accesso ai dati e finanche gusti tra la persone che, in un sistema senza alcuna regolazione statale, porterebbe a una società talmente piena di disuguaglianze da essere a perenne rischio di collasso sociale.
     
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