LE RELAZIONI TRA ITALIA E IRAN NELL'ERA AHMADINEJAD-BERLUSCONI

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  1. lupog
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    Segnalo questo interessante, e a mio parere lucido , editoriale del professor Vittorio Emanuele Parsi, pubblicato su La Stampa di oggi in cui prendendo spunto dalla manifestazione antiitaliana davanti alla nostra ambasciata a Teheran si commenta con un orizzonte più ampio la mutata strategia diplomatica del governo Berlusconi nei confronti dell'Iran.

    Non c’è mai da star troppo tranquilli quando degli «studenti» iraniani prendono di mira un’ambasciata occidentale a Teheran. Il ricordo non può non tornare al ben più drammatico assalto del 1979 alla legazione americana, proprio agli albori di quella rivoluzione di cui domani ricorre il 31° anniversario.

    Questa volta, a differenza di quanto accadde allora, le manifestazioni ostili non hanno portato a nessuna occupazione e a nessuna presa di ostaggi. Seppur tardivamente la polizia è intervenuta a «disperdere» i manifestanti, che più di un indizio fa ritenere fossero basiji, le stesse squadracce di miliziani utilizzate in questi mesi dal regime contro gli studenti dell’«onda verde». Lo stato delle relazioni tra Roma e Teheran, per tanti anni così buono da suscitare se non scandalo per lo meno imbarazzo presso altre più intransigenti cancellerie occidentali, è precipitato in pochi giorni, e difficilmente tornerà a volgere al sereno. Durante la sua visita a Gerusalemme era stato lo stesso premier italiano a dare un chiaro segnale che la musica stesse cambiando. Alla difesa a spada tratta del diritto alla sicurezza per Israele, Berlusconi aveva accompagnato l’appello alla comunità internazionale affinché adottasse dure sanzioni contro l'Iran, ed era giunto a rivendicare il dovere morale delle democrazie di sostenere l’opposizione iraniana.

    Contenuti così forti, proclamati con quei toni davanti alla Knesset, era difficile che potessero non incontrare una violenta risposta da parte iraniana. E infatti così è successo, in un crescendo di toni che ha visto prima intervenire la tv di Stato, poi la Guida Suprema, che ha promesso ceffoni all’Occidente in occasione della ricorrenza della Rivoluzione, quindi il suo sodale Ahmadinejad, che ha annunciato l’avvio del processo di ulteriore arricchimento dell’uranio, per culminare nell’espressione pubblica della «spontanea indignazione popolare». Con l’ultimo, veramente obliquo e di stampo gangsteristico, la gamma degli avvertimenti sembra, per adesso, completata. Staremo a vedere; nel frattempo l’Eni si è detto pronto a seguire le indicazioni del governo, ridimensionando il valore dei propri contratti in loco, e anche questo lascia ritenere che Roma abbia deciso di abbandonare ogni possibile ambiguità nelle relazioni con Teheran. Per un Paese che cerca di ritagliarsi un proprio ruolo internazionale, innanzitutto nel Levante e più in generale nel Mediterraneo, il peso dei buoni rapporti con Teheran era diventato insostenibile, tanto più che Roma vanta, secondo alcuni critici, rapporti fin troppo cordiali anche con Mosca.

    Ma se la rilevanza della Russia di Putin e Medvedev può giustificare la scelta di far innervosire Washington, non avrebbe avuto senso seguitare ad applicare la stessa filosofia con l’Iran. Del resto, quello di Khamenei e Ahmadinejad è ormai un regime totalmente screditato, che solo uno sciocco potrebbe sperare di riuscire a condizionare o indurre a più miti consigli attraverso il dialogo e le profferte di amicizia. Persino i cinesi, che si oppongono a un inasprimento delle sanzioni per ragioni meramente opportunistiche, non credono a una tale prospettiva. E non è detto che a Pechino non inizino a domandarsi se valga la pena rischiare di finire essi stessi isolati sulla vicenda iraniana. Se non può farlo la piccola Italia, a maggior ragione una potenza emergente come la Cina, che rivendica un ruolo globale, non può permettersi di apparire l’ultima degli opportunisti...

    La violenza e la scompostezza delle reazioni iraniane alle mosse italiane segnalano quanto queste brucino, e come la prospettiva di una totale solitudine sia temuta a Teheran più di quanto siano disposti ad ammettere. Ora è possibile che qualcuno accusi Silvio Berlusconi di aver agito sventatamente. Ma in questo caso l’accusa apparirebbe capziosa. Come ha ricordato il ministro degli Esteri Frattini, l’Iran ha problemi con il mondo e non con l’Italia o con il governo Berlusconi. Quest’ultimo ci pare abbia invece semplicemente fatto una scelta che non vanificasse l’azione che l’Italia ha responsabilmente deciso di svolgere in Libano e Afghanistan: fare la propria parte per contribuire alla sicurezza regionale e internazionale. Si tratta di una scelta di coerenza, costosa e non indolore, ma non per questo meno necessaria o apprezzabile.
     
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    Appoggio l'opinione di Lupo , spero solo che l' Europa non si defili e ci lasci in prima linea da soli.
    Comunque sempre per la Democrazia , per Neda e l'Iran.
     
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    Non condivido del tutto l'articolo riportato da Lupog. Sebbene io sposi senza neanche la più minima riserva la causa di Neda e di chi vuole un Iran democratico, ma ritengo anche che occorresse da parte nostra una maggiore prudenza nei proclami.
    Comunque visto come stanno evolvendo le cose spero davvero che tutto il mondo si unisca per fermare Ahmadinejad e il suo governo criminale e imprevedibile.
     
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2 replies since 10/2/2010, 15:15   133 views
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