Scajola si dimette da ministro

La vicenda e le sue conseguenze sul governo

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    Claudio Scajola, PdL, travolto da uno scandalo di fondi neri, ha oggi rassegnato le dimissioni dalla sua carica di ministro dello Sviluppo Economico. Questo fatto apre a considerazioni di vario tipo. Anzitutto vediamo di provare a illustrare la vicenda:

    Inchiesta G8, Scajola si dimette
    "Lascio il governo per difendermi"


    Il ministro dello Sviluppo Economico, travolto dalla vicenda dell'appartamento al Colosseo, abbandona l'esecutivo: "Non posso continuare, dimostrerò la mia estraneità ai fatti"

    Claudio Scajola si dimette. Travolto dalla vicenda della compravendita, con presunti fondi neri, di una casa al Colosseo il ministro dello Sviluppo economico ha annunciato la rinuncia all'incarico di governo. "Per difendermi", ha detto in conferenza stampa, "non posso continuare a fare il ministro come ho fatto in questi due anni". In pole position per la successione, l'attuale viceministro con delega alle Comunicazioni Paolo Romani.

    Scajola aveva resistito fino all'ultimo, ma alla fine la sua posizione è diventata insostenibile, costringendolo ad anticipare il rientro dalla Tunisia e a convocare i giornalisti per annunciare il passo indietro. "Da dieci giorni sono vittima di una campagna mediatica senza precedenti", ha detto ancora. "Vivo una grande sofferenza".

    L'ex ministro ha ribadito la sua estraneità ai fatti che gli vengono contestati, in particolare l'aver ricevuto denaro da imprenditori coinvolti nell'inchiesta sugli appalti del G8 per l'acquisto di un appartamento con vista sul Colosseo: "Non potrei mai abitare in una casa comprata con i soldi di altri", ha affermato. Per la prima volta in dieci giorni, Scajola ha però preso in considerazione l'ipotesi che gli assegni che gli vengono contestati siano effettivamente stati versati: "Se dovessi acclarare che la mia abitazione fosse stata pagata da altri senza saperne io il motivo, il tornaconto e l'interesse, i miei legali eserciterebbero le azioni necessarie per l'annullamento del contratto", ha affermato. Il procuratore di Perugia, Federico Centrone, ha confermato che al momento Scajola non è indagato e che sarà ascoltato come persona informata dei fatti.

    "Le mie dimissioni permetteranno al governo di andare avanti", ha detto Scajola ringraziando Berlusconi e il Pdl per gli attestati di stima ricevuti. Prima della conferenza stampa, Scajola aveva parlato con il premier, che pochi giorni lo aveva incitato a resistere. Poi, soprattutto in seguito alle notizie che arrivavano dalla procura di Perugia, il clima è cambiato. Anche Il Giornale di Vittorio Feltri questa mattina era stato netto: "Le risposte che ha dato fin qui non bastano. Se non ha niente da dire oltre a ciò che ha detto, le conviene rassegnarsi. Anzi, rassegnare le dimissioni". Anche Libero si era mosso sulla stessa linea: "Scajola - scrive il direttore Maurizio Belpietro - deve assolutamente uscire dall'angolo e combattere a viso aperto, tentando di smontare ad uno ad uno i dubbi che aleggiano da giorni sulle pagine dei giornali. Noi gli suggeriamo solo di non temporeggiare più perchè attendere i 10 giorni che mancano all'interrogatorio sarebbe troppo".

    Il passo indietro era stato suggerito anche dal capogruppo del Pdl al Senato Maurizio Gasparri: "Su questa vicenda finora ha difeso il suo comportamento, se dovessero emergere altre cose vedremo. Io credo che debba riflettere sul modo nel quale la sua difesa possa essere condotta meglio, se con l'incarico di ministro o senza".

    Fonte: http://www.repubblica.it/politica/2010/05/...la-pdl-3801350/


    Insomma Scajola, che fino a pochi giorni fa era stato appoggiato senza riserve dal suo partito e incitato da Berlusconi a non dimettersi neanche davanti al grosso scandalo che lo sta travolgendo, sembra sia stato invitato anche dai suoi colleghi di partito a fare un passo indietro. Sebbene non sia mia intenzione esprimere giudizi sulla colpevolezza o l'innocenza dell'ormai ex ministro dello Sviluppo Economico, mi permetto di dire che anche a me le risposte di Scajola e le sue giustificazioni sono sembrate altamente insufficienti e piuttosto improvvisate.

    Le dimissioni di Scajola arrivano in un momento difficile per il governo: paradossalmente dopo aver vinto le elezioni regionali, l'esecutivo ha conosciuto solo problemi, su tutti lo strappo di Fini. Ora questa vicenda rischia, a mio avviso, di portare da un lato a un aumento dell'immobilismo dell'esecutivo e dall'altro a un'accelerazione della "riforma-vendetta" della giustizia a cui penso Berlusconi voglia arrivare in breve. Riporto il commento politico del segretario PD Bersani sulla vicenda:
    CITAZIONE
    "uno scossone piuttosto forte in una fase di impasse politica della maggioranza. Siamo tra la palude delle decisioni del governo e il rischio di precipitare della situazione politica. E' un passaggio complicato, la situazione si sta facendo complicata e paludosa".

    Fonte: http://www.repubblica.it/politica/2010/05/...tabili-3807500/


    Per concludere, trovo opportuno ripercorrere la parabola politica di Scajola:

    Scajola, da Biagi alla casa sul Colosseo
    un destino da ministro "a breve termine"


    Seconde dimissioni anticipate. Nel 2002 fu costretto a lasciare l'incarico al Viminale dopo la bufera per alcune sue dichiarazioni offensive sul giuslavorista ucciso poco tempo prima dalle Nuove br. Era al Viminale anche durante il G8 di Genova

    Non si può dire che Claudio Scajola sia un ministro su cui puntare nel medio termine. Per la seconda volta in meno di otto anni, la sua avventura dentro il governo si è conclusa malamente con dimissioni anticipate. Oggi è per l'acquisto della casa con vista sul Colosseo, la prima volta invece fu nel 2002 quando Scajola ricopriva la carica di titolare del Viminale. A costargli il posto, però, allora non furono le polemiche seguite al dramma del G8 e alla disastrosa gestione dell'ordine pubblico in occasione del summit di Genova.

    Il ministro forzista dell'Interno del governo Berlusconi cadde per le esternazioni su Marco Biagi, il consulente del ministero del Lavoro ucciso dai terroristi quello stesso anno, alle quali si era lasciato andare con alcuni giornalisti durante una visita istituzionale a Cipro: "Biagi era un rompicoglioni che voleva il rinnovo del contratto di consulenza". Era il 29 giugno 2002. La frase di Scajola, riportata il giorno dopo dal Corriere della Sera e dal Sole 24 ore, provocò un uragano di proteste e reazioni imbarazzate che alla fine, il 4 luglio, costrinsero Scajola a dare le dimissioni da ministro.

    L'esilio in realtà durò molto poco. Il 28 agosto dell'anno dopo, Scajola rientrò in consiglio dei ministri come titolare della delega per l'attuazione del programma. A imporlo ancora una volta è il premier Berlusconi che lo ha sempre considerato concreto e fedele al punto da affidargli prima la carica di responsabile nazionale dell'organizzazione del partito e in seguito anche la presidenza della commissione per la scelta dei candidati alle elezioni del 2002.

    Classe 1948, Scajola è un ex democristiano con un potere fortemente radicato sul "suo" territorio elettorale (Oneglia e la provincia di Imperia); tanto influente che, quando sedette al Viminale, prima Alitalia e poi AirOne istituirono un volo diretto Roma-Albenga. Claudio Scajola era già passato per l'esperienza delle dimissioni prima di approdare in Forza Italia. Il 12 dicembre 1983 era sindaco dc di Imperia - ruolo che già era stato ricoperto da suo padre - quando fu arrestato dai carabinieri per concussione. In quell'occasione, alla fine fu prosciolto dalle accuse.

    Fonte: http://www.repubblica.it/politica/2010/05/...tratto-3807523/


    Da questa ricostruzione credo appaia chiaro come Scajola sia un esempio emblematico di quanto ai politici sia concesso tutto: dopo i disastri del G8 del 2001 e l'imperdonabile gaffe su Biagi da ministro degli Interni, oltre a tutto i suoi altri evidenti abusi di potere come per il volo ad personam Roma-Albenga, nessuno si è vergognato di riproporlo ministro nel 2008.
    Segnalo che molte perplessità sulla scelta di insistere su Scajola erano già state espresse da me e da altri utenti in occasione dell'insediamento dell'attuale governo in questo topic.
     
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  2. lupog
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    La concessione di dimettersi due volte però se la sarebbe volentieri risparmiata..... :dev:
     
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  3. Wanchope89
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    Un ministro di questo governo che si dimette? Che curiosa anomalia, può far pensare che ci sia qualcosa sotto XD

     
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    Vorrei sottolineare questa frase dell ex Ministro , tratta dall' articolo riportato da Oskar
    "Se dovessi acclarare che la mia abitazione fosse stata pagata da altri senza saperne io il motivo, il tornaconto e l'interesse, i miei legali eserciterebbero le azioni necessarie per l'annullamento del contratto"
    Immagino che i i suddetti avvocati nel giudizio di annullamente chiederebbero la testimonianza di Babbo Natale , come persona informata dei fatti : graduated:
     
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  5. lupog
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    propongo alla vostra attenzione l'interessante opinione di Stefano Folli sul Sole24 ore

    CITAZIONE
    In una futura antologia delle battute più felici pronunciate da Silvio Berlusconi non troverà posto la frase di ieri: «In Italia di libertà di stampa ce n'è fin troppa». L'argomento è di quelli su cui un politico non dovrebbe scherzare troppo. Soprattutto nelle stesse ore in cui un importante ministro del suo governo si dimette accusando i giornali di averlo sottoposto a «un processo mediatico». Si deve rispettare la sofferenza umana di Claudio Scaloja e il suo gesto dignitoso, da uomo che ha compreso l'inutilità dei rinvii. Specie alla luce della scarsissima solidarietà raccolta nel suo partito, dove tanti lo consideravano già liquidato ormai da un giorno o due. Ma al tempo stesso è opportuno ricordare al presidente del Consiglio e allo stesso ministro dimissionario che non c'è stata alcuna «gogna mediatica». I giornali hanno svolto la loro funzione civile man mano che emergevano particolari inquietanti e paradossi inspiegabili intorno alla strana compravendita dell'appartamento con vista sul Colosseo.

    Il responsabile dello Sviluppo economico, che tuttora non risulta indagato, avrà ora modo di spiegarsi con i magistrati e di difendersi in ogni sede. Ma dal punto di vista politico la sua permanenza in carica non aveva più senso. E anzi gettava un'ombra obliqua sull'intero governo, nonché sul partito di maggioranza relativa. Con la solita abilità tattica, il premier lo ha compreso prima di altri. Ed è corso ai ripari, facendo capire a Scajola che era giunta l'ora del ritiro.

    Questo non significa che la vicenda sia chiusa. Al contrario, l'incidente è grave, ma non solo: quel che è peggio, potrebbe essere l'avvisaglia di una valanga che sta rotolando a valle. Se davvero un «sistema» limaccioso operava nell'ombra, con le sue reti di complicità e il tornaconto di tanti, il caso Scajola potrebbe essere il primo episodio di una storia ancora da scrivere.

    Forse anche per questo Berlusconi ha deciso di tagliare corto, pur sapendo che la credibilità del governo ne sarebbe stata comunque incrinata. Ma sotto il profilo politico la tentazione di minimizzare, o peggio l'omertà, era con tutta evidenza una scelta suicida.

    Ora si tratta di gestire le conseguenze della vicenda. Non sarà semplice per Palazzo Chigi. In primo luogo, come si è detto, si tratta di capire se le inchieste giudiziarie (e giornalistiche) riserveranno altre sorprese. In secondo luogo c'è da scegliere il nuovo ministro: operazione che rientra nella potestà di Berlusconi e che non dovrebbe dar luogo a problemi irrisolvibili. Molto più difficile sarà affrontare il terzo punto: la questione della legalità e della trasparenza, la lotta alla corruzione.

    La corrente che fa capo al presidente della Camera sta già sollevando una bandiera su cui campeggia il motto «Legge e Ordine». Lo strumento di questa battaglia insidiosa, da combattere tutta all'interno del Pdl, è proprio il disegno di legge sulla corruzione: annunciato più che altro per ragioni elettorali all'inizio di marzo e poi inabissatosi, anche per difficoltà tecniche. Fini e i suoi hanno deciso di farne un vessillo. Con un messaggio chiaro: da un lato ci sarebbero quelli che vogliono limitare le intercettazioni e ostacolare la magistratura; dall'altro quelli che intendono combattere sul serio i fenomeni di collusione fra politica e affari. E i due «partiti» convivono all'interno del Pdl. L'affare Scajola equivale a benzina gettata sul fuoco. E Berlusconi ne è consapevole
    http://www.ilsole24ore.com/art/SoleOnLine4...ulesView=Libero

     
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    Ecco la lista Anemone


    Gli affari, le case, la rete del potere. Un elenco di beneficiari di ristrutturazioni: da Lunardi a Bertolaso ad alti dirigenti di Stato. Anche interventi a Palazzo Grazioli e Palazzo Chigi

    È un elenco che raccoglie tutti gli interventi edili (di ristrutturazione e ricostruzione) affrontati da Diego Anemone negli uffici pubblici e appartamenti privati della nomenklatura nazionale. Palazzo Chigi, la residenza privata di Silvio Berlusconi a Palazzo Grazioli, le abitazioni degli ex ministri Pietro Lunardi e Claudio Scajola, prime e seconde case, in città e in montagna. Le dimore di Guido Bertolaso (si scopre che a Roma sono due: in via Bellotti Bon e in via Giulia) e i suoi uffici della Protezione Civile.

    E ancora capi di gabinetto, capi di dipartimento nei ministeri, capi di uffici legislativi, della Protezione civile e del ministero della Giustizia, dirigenti Rai, generali della Guardia di Finanza e dei Carabinieri, agenti dei servizi segreti. Una lista dettagliata dei lavori al Viminale, ai ministeri dell'Economia e delle Infrastrutture, nella sede di Forza Italia e negli alloggi privati di segretarie di ministri (è il caso di Fabiana Santini assistente del Ministro Scajola, oggi assessore regionale nel Lazio). Ma nell'elenco appaiono anche i nomi di giornalisti, registi (come Pupi Avati che però respinge gli addebiti: "Tutto regolare"), produttori cinematografici, sacerdoti e parenti di vari "notabili".

    Un "libro mastro" che conterrebbe poco meno di 500 nomi (412 secondo alcune indiscrezioni). Nel novero ci sarebbero anche nomi altisonanti della sicurezza nazionale. Sono ora in corso verifiche per accertare se i beneficiari dei lavori di Anemone ne hanno goduto per fini istituzionali o con finalità private. Non è soprattutto chiaro se e quali lavori siano stati regolarmente pagati o e se sono il frutto di regalie.

    L'elenco è stato sequestrato il 14 ottobre del 2008 dalla Guardia di Finanza di Roma negli uffici della società di Diego Anemone, il costruttore appena uscito dal carcere al centro della cosiddetta "cricca", un sistema incardinato nelle figure di Angelo Balducci, Mauro Della Giovampaola, Fabio De Santis, gli alti funzionari che assegnavano gli appalti pubblici. Per oltre 19 mesi queste "carte" sono state "custodite". E sarebbero ancora lì, nel buio, se le inchieste delle procure di Firenze e di Perugia non avessero spezzato il silenzio sul sistema affaristico capace di condizionare decisioni politiche, burocrazie, spesa pubblica, nomine. Una ragnatela che si è rafforzata negli ultimi anni quando il governo ha trasformato le politiche pubbliche in politiche di "emergenza" che hanno cancellato ogni trasparenza nell'assegnazione degli appalti.

    L'elenco, che Repubblica è in grado di rivelare, mostra innanzitutto quanto fragile sia la difesa messa in campo dagli ex ministri Scajola e Lunardi; e soprattutto il capo della Protezione Civile Guido Bertolaso.

    Lunardi ha sempre dichiarato che - è vero - gli è capitato di utilizzare le imprese di Diego Anemone, ma soltanto per trascurabili lavori nella sua casa di campagna nei pressi di Parma. Le carte oggi documentano che gli interventi delle ditte di Anemone a vantaggio dell'ex ministro sono almeno tre, oltre quello di Parma. Nel suo "sistema gelatinoso" risultano lavori di ristrutturazione nel palazzo di via Dei Prefetti (acquistato da Lunardi a bassissimo costo grazie ai buoni uffici di Anemone e forse grazie al suo denaro), a "Cortina d'Ampezzo" (una casa di montagna del ministro) e nell'ufficio di Via Parigi; infine in via Sant'Agata dei Goti dove c'è un appartamento venduto nel 2004 da una società del figlio di Lunardi a "Iniziative Speciali" della madre di Claudio Rinaldi, commissario per i Mondiali di Nuoto (la Procura di Perugia ha chiesto l'arresto di Rinaldi).

    Scajola, ministro dell'Interno e poi per l'attuazione del programma e infine in questa legislatura ministro dello Sviluppo economico, ha detto di non sapere chi fosse "questo Anemone", eppure è stato proprio Anemone a pagare 900 mila euro in nero per il suo appartamento al Colosseo. Nelle carte si scorge un rapporto molto più diffuso. C'è traccia della ristrutturazione della casa di Via Fagutale con vista sul Colosseo ma anche di due "interventi" a suo favore in un appartamento di via Barberini 38 e nel suo ufficio di ministro di Via Molise.

    Guido Bertolaso è però il caso più clamoroso. Nel suo interrogatorio a Perugia non ha ritenuto di raccontare ai pubblici ministeri Tavernesi e Sottani dei rapporti professionali intercorsi tra sua moglie e Diego Anemone. Soltanto nella conferenza stampa convocata a palazzo Chigi, Bertolaso - consapevole che alcuni giornali erano già in possesso della notizia - ha ritenuto di bruciarla svelando pubblicamente che sua moglie era stata incaricata dal costruttore-corruttore di ridisegnare il verde del Salaria Sport Village. Gloria Piermarini incassò 25 mila euro soltanto per la progettazione: "Un lavoro interrotto - ha spiegato il sottosegretario - quando si seppe che Anemone sarebbe stato beneficiario di appalti da parte della Protezione Civile".

    È questa l'affermazione smentita. Dal repertorio contabile sequestrato ad Anemone si viene a sapere che non solo il costruttore ha ristrutturato l'appartamento di Bertolaso in via Bellotti Bon (ha ammesso di essersi fatto risistemare le "tapparelle"), ma anche in due occasioni un altro appartamento in via Giulia, di cui fino ad ora non si conosceva l'esistenza. Il nome di Bertolaso figura in una terza occasione. Soltanto il cognome. "Bertolaso", e nulla più (non è indicato il luogo dell'intervento nè la modalità). Ma soprattutto si legge che già dal 2004 Anemone interviene negli uffici della Protezione Civile di via Vitorchiano e anche in altre due occasioni nell'ufficio personale del capo della Protezione civile in via Ulpiano.

    Quindi, la moglie di Bertolaso accetta di lavorare per Anemone dopo che questi ha già goduto di appalti da parte del marito e non come ha lasciato credere pubblicamente Bertolaso che quel rapporto professionale s'è interrotto perché era nato il legame tra Anemone e la Protezione civile. Dalle carte dell'inchiesta emerge un'altra netta smentita ad una delle affermazioni che il direttore della Protezione civile ha diffuso nei giorni scorsi. Bertolaso ha detto che sempre si è dato da fare con successo per contenere la spesa impedendo che gli appalti si gonfiassero. Se si legge invece, dei "lavori relativi al quarto lotto di interventi infrastrutturali e complementari della Maddalena per il palazzo delle Conferenze", si scopre che i lavori aggiudicati per 52 milioni di euro, lievitano fino 104 milioni di euro. Quindi raddoppiano. Vediamo ora il lungo elenco (ancora provvisorio e incompleto) dei beneficiari delle opere di Anemone così come state raccolte dagli inquirenti che hanno tra parentesi e in neretto annotato le loro generalità, la funzione, il luogo dell'intervento.

    Riproduciamo integralmente il testo sequestrato dalla Guardia di Finanza con l'elenco dei lavori effettuati dalla ditta Anemone. Un elenco in cui non si specifica se le ristrutturazioni siano state pagate o meno.

    "Via Aosta Ingegner Rinaldi (Claudio, commissario Mondiali di nuoto). Via Merulana + via Poliziano (Pittorru, Francesco, generale della Guardia di Finanza ora ai servizi segreti). Mario (GF) Frosinone (Mario Pugliese, guardia di finanza, lavorava nella sede di via dell'Olmata, è ritenuto un informatore di Anemone).

    Enrico B. (Bentivoglio, funzionario di via Ferratella dove ha sede il Dipartimento delle opere pubbliche diretto da Angelo Balducci). Mauro Della Giovampaola Materiale per casa Infernetto (è il capo missione struttura G8 alla Maddalena, all'Infernetto c'è la sua casa privata).

    S. Giuliano Scuola Campobasso (il terremoto, il 21 ottobre 2002, distrusse la scuola di S. Giuliano uccidendo 27 bambini e un'insegnante). Palazzo Chigi - Letto. Palazzo Chigi - Cucina. Ladispoli, Marco Caiazza (funzionario provveditorato opere pubbliche di Roma o sovrintendenza) Spinaceto. Todi Pupi Avati (regista).

    Riggio Federico (figlio di Vito Riggio, Enac?) Via La Spezia. Mancino Chiara (figlia di Nicola) + Corso Rinascimento. Fabio De Santis. Sarappalti Alessandria (la società è collegata con Giandomenico Monorchio, il figlio dell'ex-ragioniere dello Stato). Donati (Alberto, genero di Ercole Incalza, capo struttura di missione nel ministero delle infrastrutture di Alterio Matteoli). Innocenzi (Giancarlo. membro Agcom?), Via della Conciliazione. Fiori Villa Settembrini (potrebbe essere Publio, ha rapporti con Anemone). Liolli Luigi (ingegnere dei vigili del fuoco di Roma). Cesara Bonamici Via Della Vite (giornalista Tg5). Rino (Settembrino Nebbioso, detto Rino). Peppe Pascucci (suocero di Anemone e padre di Arnaldo Pascucci, funzionario dei servizi, fornitore di un cellulare ad Angelo Balducci).

    Via Merulana 71 Pittorru. Gen. Via Due Macelli Gen Savino Parquet-Cucina-Scala-Armadi-Porte (generale dei carabinieri ora in pensione). Pugliese (Mario viene attivato da Anemome dopo i controlli dell'ottobre 2008, oggi sarebbe ai Servizi). Via Ruffini P. Fiori (Publio).

    Imbrighi (Giampaolo, ha progettato lo stand italiano a Shangai Expo, professore universitario, è suo il progetto della piscina di parco san Paolo). Lungotevere dei Papi via Aosta (casa di Claudio Rinaldi). Piazza della Pigna - Via della Pigna (case di Angelo Balducci, comprate con gli assegni di Zampolini). Prof. Thau (suocero di Angelo Balducci, la cui moglie è Rosanna Thau)Vicolo delle Campane n. 16. Luciana Segretaria AB (segretaria al ministero di Balducci). Roberto Calcabrini (titolare Cogecal, impresa che ha fatto la bonifica al G8, un lavoro che ha visto la collaborazione di Francesco Piermarini che da una nota risulta essere retribuito con 125 mila euro). Via Ofanto - Poletti (ex generale della Guardia di Finanza, ora ai Servizi segreti, già coinvolto nell'inchiesta Why not).

    Monorchio Via Sistina (Andrea Monorchio è stato ragioniere generale dello Stato). Forleo (Maria Pia, funzionario del ministero delle infrastrutture, stretta collaboratrice di Balducci, importante il suo ruolo nell'assegnazione dei lavori per il Mondiali di nuoto) Via Foscari 121. Paolo Zini (tecnico ufficio Mondiali di nuoto, tra i progettisti della piscina parco San Paolo di Pisciscelli). Ing. Rinaldi Via Appia-Via Aosta-Via Nazionale. Di Mario (Roberto, segretario particolare di Algelo Balducci) Via Franco Sacchetti - Opere di falegnameria. Aiello (Giacomo, capo ufficio legislativo della protezione civile, la vera mente del dipartimento: prepara tutte le ordinanze) Via Appia 442 Lavori Vari di Falegnameria. Viale Giulio Cesare 15 a sig. Leone G. Carlo (vice direttore generale della Rai). Dottoressa Iurato (dirigente del ministero degli Interni che si occupa di logistica, caserme...). Colonnello Granada GF. Mons. Camaldo (Francesco, decano dei cerimonieri pontifici) Università Cattolica S. Giovanni.

    Mancino (Nicola, vicepresidente del Csm) via Arno corso Rinascimento via Adda. Via Poggio Catino 33 signora Nastasi (moglie di Salvo Nastasi, capo di gabinetto di Bondi?). Via Latina Lorenzo (Balducci abita al 25). Via Orticara 14 Sig Occhipinti Andrea (produttore cinematografico, Lucky Red). Via dei Cartari (al numero 11, abita Mauro Masi, direttore generale Rai, la casa è di proprietà di uno dei figli di Balducci, acquistata con gli assegni di Zampolini). Blandini (Gaetano, direttore cinema del ministero dei beni culturali). Collina Fleming Sig. Lillo (Calogero) Mauceri di Palazzo Chigi (è stato nel governo Prodi alla segreteria generale di Palazzo Chigi con Carlo Malinconico). Via Bruno Buozzi 107 figlia M. Pia Forleo (vedi sopra). Della Giovanpaola Mauro Casa (funzionario del ministero delle Infrastrutture), min. Mazzella-Silvestri-anno 2005 (Luigi Mazzella e Gaetano Silvestri, giudici costituzionali).

    Fonte: http://www.repubblica.it/politica/2010/05/...nemone-4026164/




    Le prime reazioni della casta a questa lista esplosiva sembrano orientate all'autodifesa e al negare tutto. Io, come sempre, non giudico mai prima che si sia espressa la Magistratura, ma colgo l'occasione per ribadire quanto le intercettazioni siano utili e quanto sia da condannare chi vuole mettere un freno ai giudici e un bavaglio all'informazione. Noi cittadini abbiamo diritto di sapere da chi siamo governati.
     
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    Dopo cinque mesi, il ministero dello Sviluppo economico ha un nuovo ministro.

    Sviluppo, Romani giura da ministro
    Il premier lascia l'interim dopo 5 mesi
    Dopo 153 giorni Berlusconi si decide alla nomina, dopo le ripetute pressioni del Colle e le lamentele degli industriali. Ma il dicastero è stato smembrato. Il gelo di Napolitano durante la cerimonia


    ROMA - Stavolta è vero. Silvio Berlusconi ha nominato il nuovo ministro dello Sviluppo. Dopo 153 giorni di interim e vane promesse, il Cavaliere e Paolo Romani, attuale viceministro alle Comunicazioni, sono saliti al Quirinale per il giuramento. Un giuramento svoltosi nel gelo del rapporto fra premier e capo dello Stato. Le formalità, ridotte all'essenziale, sono durate pochi minuti, il tempo di leggere la formula del giuramento. Berlusconi si è presentato puntuale e ha atteso in piedi insieme a Gianni Letta ed al candidato ministro. Tutte spie, si ragiona in ambienti parlamentari dei dubbi del Capo dello Stato su questa nomina ma anche della presa di distanza del Colle dalle ultime esternazioni del Cavaliere, comprese quelle sulla magistratura. Il presidente della Repubblica è arrivato cinque minuti dopo, si è scusato per il ritardo e ha invitato a procedere senz'altro. Poi ha stretto la mano al neo-ministro, gli ha augurato "buon lavoro", ha salutato Berlusconi e lo ha congedato.

    Si chiude così una vicenda che si è trascinata per cinque mesi, portandosi dietro uno strascico velenoso di polemiche e problemi irrisolti. Per 153 giorni, infatti, la poltrona lasciata vacante dopo l'addio traumatico di Claudio Scajola, 1 è stata "occupata" dal premier. Lo stesso che, ciclicamente, davanti alle continue sollecitazioni, rispondeva spostando in avanti l'orizzonte temporale della scelta. "La prossima settimana avrete la nomina" è stato il ritornello ripetuto più volte nonostante le sollecitazioni del Colle, degli industriali e delle opposizioni. 2

    Eppure all'inizio sembrava una questione destinata a chiudersi in breve tempo. Dopo le dimissioni di Scajola il Cavaliere dava l'impressione di voler chiudere la partita alla svelta. Anche perché la crisi economica assegnava (e assegna) un ruolo più che attivo allo Sviluppo. E così il 4 maggio maggio il premier assicura: "L’interim sarà breve e sarà un incarico limitato nel tempo. È un incarico diciamo così, tecnico. Durerà giorni". Ma la partita si complica rapidamente e diventa una partita che il premier fa fatica a sbrogliare. Meglio, allora, far passare del tempo. Ma quel vuoto di potere, nonostante le continua assicurazioni del Cavaliere sulla sua assoluta capacità di occuparsi del dicastero, si nota eccome. Lo nota Giorgio Napolitano, che più di una volta ne segnala l'urgenza. Lo nota l'opposizione che accusa il governo di disinteressarsi di un ruolo centrale in un momento di crisi economica. E lo notano anche gli industriali, che di un ministro del genere hanno bisogno come il pane.

    Dopo l'interim il premier riceve una serie di "no grazie" di peso. Il primo è quello del presidente della Ferrari Luca Cordero di Montezemolo. Il secondo tentativo è ancor più plateale. Il 27 maggio, all'assemblea annuale della Confindustria, il premier, dal palco, si lascia andare: "Volete che Emma Marcegaglia diventi ministro?". La risposta è il gelo della sala e l'imbarazzo del presidente. Uno schiaffo per il premier che replica stizzito: "Allora non potete lamentarvi..". Passa il tempo e la poltrona restra vacante. Anche perché sfuma il tentativo (informale) di piazzarci il leader della Cisl, Raffaele Bonanni. Dopo due industriali e un sindacalista, Berlusconi pensa bene di fare una nomina ministeriale. Non quella delle Attività produttive, però. Bensì quella di Aldo Brancher, ministro per l'Attuazione del federalismo (che sarà costretto a lasciare sull'onda delle polemiche per i suoi processi in corso).

    Si va avanti così. Con le tensioni sociali che crescono e le situazioni di difficoltà che si moltiplicano. Ci vorrebbe un referente nel governo. Ma non c'è. Scoppia il caso Pomigliano, protestano i minatori del Sulcis. ma Berlusconi non molla l'interim. Repubblica decide di far partire un contatore dei giorni senza ministro. Le opposizioni si scuotono. L'Idv scrive a Napolitano che non manca di far sentire la sua voce. «L'istituzione governo non può ormai sottrarsi a decisioni dovute, come quella della nomina del titolare del ministero dello Sviluppo Economico e del presidente di un importante organo di sorveglianza come la Consob...» dice il capo dello Stato.

    Poche ore dopo Berlusconi prova a correre ai ripari. E ripete: "La prossima settimana procederemo alla nomina del nuovo ministro per lo Sviluppo Economico...". Sembra fatta. Ma non è così. Agosto si apre senza il ministro 3. Le opposizioni insorgono e dal Colle trapela una noteva irritazione. Comincia a circolare il nome di Paolo Romani, attuale viceministro delle Comunicazioni, un passato nelle aziende del Cavaliere. Ma i suoi legami con l'editoria (che lui circoscrive al passato) gli mettono il piombo sulle ali.

    Passa l'estate e i contrasti con i finiani esplodono. Le indiscrezioni dicono che dietro allo stallo ci sia l'intenzione del premier di "calmare" i fedelissimi del presidente della Camera affidando il dicastero ad un loro uomo. Vero o falso che sia, non se ne fa nulla. Persino il ministro dell'Economia, Giulio Tremonti è costretto ad ammettere 4: "Serve un ministro". L'ad della Fiat, Sergio Marchionne, è lapidario: "Il ministro? Lo aspettiamo anche noi".

    Si arriva così al voto di fiducia per il governo. Berlusconi la ottiene e torna a promettere: "Lunedì avrete il nuovo ministro". 5Stavolta è vero. Dopo 154 giorni è fumata bianca. Sul tavolo Romani troverà il dossier nuclare, la legge sulla concorrenza, quella sul made in Italy e le tante crisi aziendali ancora aperte. E risentirà le parole di Berlusconi che, in Senato, rivendicava l'ottimo lavoro fatto. Sarà, ma in questi mesi il ministero è stato, silenziosamente, smembrato: la manovra 2011 gli ha sottratto 900 milioni di fondi di dotazione, i fondi Ue e Fas sono stati trasferiti al ministro degli Affari regionali Raffaele Fitto, i circa 800 milioni di fondi per il turismo sono passati direttamente sotto la gestione di Michela Vittoria Brambilla, l'Istituto per la Promozione Industriale è stato soppresso. Colpi di scure che fanno dire al segretario del Pd Pier Luigi Bersani, "che dopo aver cercato per tanto tempo un ministro, adesso si corre il rischio di non trovare più il ministero".

    Fonte: http://www.repubblica.it/politica/2010/10/...nistro-7710106/



    E ora conosciamo Romani, il nuovo ministro:

    Digitale, Sky e banda larga
    Romani e Mediaset a braccetto
    Frequenze concesse in anticipo al Biscione, pressioni per evitare che Murdoch sbarchi sul DTT, strategie per controllare Telecom. Successi e insuccessi di un viceministro da sempre vicino agli interessi di Cologno Monzese. Che tanti anni fa lanciò il porno sulle tv commerciali


    ROMA - "IL 24 settembre 1974, con l'avvio delle trasmissioni di TV Libera, seconda emittente privata italiana, contribuisce alla rottura del monopolio radiotelevisivo italiano gettando le basi del futuro mercato dell'emittenza privata". Si chiude così, sul sito del governo italiano, la pagina che ci racconta la biografia nel neo ministro per lo sviluppo, il 63enne deputato del Pdl Paolo Romani. Uomo che di mercato televisivo se ne intende, considerando che negli anni, nel ruolo di viceministro allo Sviluppo economico con delega alle comunicazioni (carica che ha ricoperto dal 2008) si è guadagnato il titolo, coniato dai suoi perfidi detrattori, di "Ministro allo sviluppo di Mediaset".

    Il canale 58. Certo, l'ultimo episodio che in ordine di tempo ha visto scivolare Romani nel vortice delle polemiche - con Mediaset coinvolta - non poteva che ridar fiato a chi proprio non riesce a vederlo come uomo delle istituzioni "super partes". Nemmeno un mese fa, all'oscuro di tutti, il viceministro autorizza Mediaset a occupare una super frequenza - il canale 58 - per sperimentare il digitale in alta definizione. Un vantaggio sui concorrenti considerando che consente al Biscione di portarsi avanti in vista di una gara che ancora non si è svolta. E allora?, risponde lui: si tratta di test. Niente affatto, attacca senza tanti giri di parole Paolo Gentiloni, responsabile Comunicazioni del Pd, questo è un regalo a un privato. E questo privato si trova a Cologno Monzese. Insomma, "il
    canale in questione non è utilizzato per alcuna sperimentazione ma per arricchire l'offerta in HD di Mediaset".

    Fermare Murdoch. Sul fronte televisivo il nemico, per Romani, si chiama Sky. E anche per Mediaset, ovviamente. La guerra con Murdoch è in atto da almeno due anni, da quando cioè il governo Berlusconi alzò l'Iva sulla pay-tv, colpendo a tradimento il colosso satellitare. Ma non è così facile fermare l'avanzata del network del magnate australiano. Anche quando dal satellite vuole estendersi al digitale terrestre. Così succede che Sky chieda a Bruxelles una deroga per partecipare all'asta per frequenze vecchie e nuove e ottenga il sì della Commissione nonostante le pressioni proprio di Romani - nella sua veste istituzionale - e di Fedele Confalonieri, che di Mediaset è presidente. Un atteggiamento, questo del viceministro italiano, che irrita non poco il commissario Ue alla concorrenza Joaquin Almunia. Il quale certo non la manda a dire.

    La rete del futuro. Anche dove si gioca il domani delle comunicazioni il terreno non può che essere scivoloso. E qui Romani si è fatto una certa esperienza, con strategie che coincidono sempre con quelle del Biscione, che guarda un po' una rete di suo non la possiede. Così l'obiettivo diventa la proprietà di Telecom, azienda che ha il monopolio della rete telefonica italiana. Una partita tutt'altro che facile, una missione che vede Romani impegnarsi a manovrare ma senza grande successo, almeno finora. Fallisce il tentativo di sostituire Franco Bernabè con Stefano Parisi, ad di Fastweb (e amico del viceministro) con l'obiettivo di scorporare la rete Telecom. Romani chiama allora come consulente un esperto come Francesco Caio e gli chiede studiare una soluzione per dotare l'italia di una rete di nuova generazione. Questi conclude dicendo che la rete va scorporata e divisa tra tutti gli operatori. Facile, no? Bene, ma c'entra Mediaset? Per esempio In una riunione tra lo stesso Romani, Caio e Confalonieri nella quale si discute come scorporare la rete Telecom ma senza che quest'ultima sappia nulla. L'operazione viene bloccata. Romani insiste: lancia il progetto - assieme a Vodafone e Wind - di una nuova rete superveloce. Ma tutto resta fermo.

    Il moralista. Chi non ricorda la sollevazione del popolo web quando, all'inizio dell'anno, filtrarono i contenuti delle disposizioni del decreto Romani su cinema, web e televisioni? Molte di queste furono poi epurate all'atto dell'approvazione - il cosidetto bavaglio al web, per esempio - e fecero sorridere alcune di quelle contenute nel capitolo "tutela ai minori" come l'sms che avvisava i genitori che il figlio stava navigando un sito hard. Sì, perché l'estensore, padre di tre figli, proprio con il porno ha fatto qualche soldino. Come quando era l'editore di Lombardia 7 - dal 1990 al 1995 - e portava avanti una tv privata con una forte presenza di programmi a luci rosse e linee 144, le cosidette hot-line che regalavano bollette astronomiche agli utenti più ingenui. Il programma di maggior successo era "Vizi privati e pubbliche visioni" con protagonista l'esuberante Maurizia Paradiso. Che sembra abbia rotto il suo rapporto professionale con l'editore dopo una litigata rimasta nella leggenda.

    Fonte: http://www.repubblica.it/economia/2010/10/...38/?ref=HREC1-6



    Insomma, dopo mesi e mesi di imbarazzanti esitazioni e fallimenti, Berlusconi ha scelto per un ministero in teoria fondamentale ma in parte smembrato nientepopodimeno che un suo fedelissimo, privo di qualsivoglia competenza nel settore e che negli ultimi anni si è adoperato in tutte le maniere per favorire mediaset, falsando la concorrenza e alimentando il conflitto di interessi del premier.
    E' l'ennesimo segnale del fallimento di Berlusconi e della sua maggioranza e non dubito che Napolitano dentro di sé deplori questa scelta tardiva e dal profilo assai mediocre.
     
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    Interessante , abbiamo letto le opinioni di Repubblica su Romani e su Berlusconi , nòn me lo sarei mai aspettato , credevo che lo amassero , veramente interessante.
    Penso che la stessa notizia , pubblicata dal Sole 24ore , lasci più spazio ai giudizi personali :
    www.ilsole24ore.com/art/notizie/201...l?uuid=AYxZVeNC

    Questa dell' ASCA poi è esilarante.

    GOVERNO: SACCONI, ROMANI MINISTRO SVILUPPO SCELTA NATURALE

    (ASCA) - Roma, 5 ott - ''Un viceministro che diventa ministro: piu' naturale di cosi'...'': e' il commento del ministro del Lavoro, Maurizio Sacconi, alla nomina di Paolo Romani a ministro dello Sviluppo economico.

    Ai cronisti che gli chiedevano a margine di un convegno della CNA, se avesse gia' contattato Romani per delineare un'agenda comune, Sacconi ha ironizzato: ''Non ho passato la notte con lui''.




    Edited by Romeottvio - 5/10/2010, 17:46
     
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    Scelta naturale e scontata...peccato che arrivi dopo cinque lunghissimi mesi. Sacconi patetico, lasciatemelo dire.
     
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8 replies since 4/5/2010, 14:36   263 views
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