Fiat Pomigliano

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    POMIGLIANO D'ARCO, 16 giugno (Reuters) - L'assemblea dei lavoratori Fiat di Pomigliano iscritti alla Fiom-Cgil ha votato oggi il no all'accordo per la riorganizzazione dello stabilimento facendo proprio il giudizio già espresso dal comitato centrale dell'organizzazione il 14 giugno ma deciso di partecipare al referendum che si terrà in fabbrica il 22 giugno.
    Lo si legge in un documento diffuso al termine della riunione tenutasi oggi.

    "L'assemblea dei dipendenti Fiom-Cgil della Fiat di Pomigliano d'Arco ha fatto propria la risoluzione del comitato centrale sulla vertenza con il gruppo automobilistico. Ribadisce un netto no rispetto al ricatto della Fiat", scrivono nel documento gli operai di Pomigliano iscritti alla Fiom.

    Per quanto attiene al referendum, continua il documento, "l'assemblea consiglia ai lavoratori la partecipazione al fine di evitare azioni di rappresaglia individuale da parte dell'azienda". La Fiom comunque ribadisce il suo giudizio sulla consultazione definendo il referendum "inaccettabile e illeggittimo e in alcun modo vinvolante per la Fiom".

    Questa questione potrebbe rappresentare una scelta e un precedente importante per tutto il paese , Voi che ne pensate?
     
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    Questa vicenda non è semplice da inquadrare nella sua compiutezza.
    Da un lato è un bene che la Fiat scelga di riportare in Italia parte della sua produzione, ma dall'altro nutro anch'io qualche dubbio sulla proprosta contrattuale della casa automobilistica, che mi sa tanto di ricatto. Allo stesso modo mi sa di ricatto l'idea di farlo passare con un referendum nel quale in sostanza si chiede ai lavoratori se vogliono o no lavorare, ricatto questo ancor più meschino in un momento di crisi occupazionale come quello attuale.
    Spero davvero che non si torni indietro sulla strada dei diritti dei lavoratori.
     
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  3. Armilio
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    Beh ricatto o no, è anche vero che a Pomigliano da sempre c'era stata una produttività molto bassa, e vista la crisi, in parte di sovrapproduzione, che ha colpito il mondo dell'auto, tutte le grandi case o licenziano o chiedono maggior efficienza. Quella della Fiat in effetti potrebbe essere un ricatto che tra l'altro bipassa in parte la contrattazione sindacale, fondamentale per, appunto, evitare ricatti. Ma la situazione non è certo semplicemente quella di una Fiat che fa tutto questo perchè gli è girato una notte di far così.
     
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  4. lupog
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    Il testo dell'accrdo su Pomigliano


    IL COMMENTO DI PIETRO ICHINO

    scusate perchè ci sarebbe il ricatto in un accordo sottoscritto da tutti i sindacati tranne uno ( la Fiom-CGIL) e sottoposto a referendum, uno strumento democratico di consultazione previsto dallo Statuto dei lavoratori? :dunno:

    Edited by lupog - 20/6/2010, 11:52
     
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  5. Armilio
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    Perchè il discorso è: O votate sì alle nostre condizione, oppure vi trovate senza lavoro, e qualunque lavoratore voterà sì. Si salta a piè pari la contrattazione con i sindacati, e in parte si va contro il contratto nazionale e la contrattazione collettiva. La fiom infatti non accetta questo accordo, ma potrebbe essere obbligata a farlo se, com'è sicuro, vince il sì. E se passa questa logica, si rischia che ogni grande azienda potrà ricattare facilmente i propri operai fregandosene dei sindacati. Quindi come misura di emergenza la ritengo giusta, ma spero che non faccia da precedente.
     
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  6. lupog
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    CITAZIONE (Armilio @ 20/6/2010, 11:54)
    Perchè il discorso è: O votate sì alle nostre condizione, oppure vi trovate senza lavoro, e qualunque lavoratore voterà sì. Si salta a piè pari la contrattazione con i sindacati, e in parte si va contro il contratto nazionale e la contrattazione collettiva. La fiom infatti non accetta questo accordo, ma potrebbe essere obbligata a farlo se, com'è sicuro, vince il sì. E se passa questa logica, si rischia che ogni grande azienda potrà ricattare facilmente i propri operai fregandosene dei sindacati. Quindi come misura di emergenza la ritengo giusta, ma spero che non faccia da precedente.

    Nel tuo ragionamento sono contenute affermazioni di fatto non corrette: esiste un accordo sottoscritto anche dai rappresentanti dei lavoratori. quindi non si è saltato il momento della contrattazione. Semplicemente uno dei sindacati non ha firmato.
    Ugualmente non è vero nemmeno che in caso di vittoria del si al referendum la Fiom è obbligata a firmare perché il risultato della consultazione non è vincolante e l'accordo aziendale può derogare la contrattazione collettiva solo se tutte le organizzazioni sindacali firmano.
    Allora bisognerebbe chiedersi se chi non ha firmato lo ha fatto con motivazioni condivisibili.
    Come emerge dal commento di Ichino la Fiom si è opposta a due clausole: quella che prevede il non pagamento della retribuzione per malattia nel caso in cui in quelle giornate si registrino tassi di assenteismo fuori norma ; e quella che consente l'irrogazione di sanzioni disciplinari anche ai lavoratori ( e n on solo alle organizzazioni sindacali) che partecipano a uno sciopero indetto in violazione degli accordi sottoscritti.
    Sono clausole perfettamente legittime che hanno lo scopo di contrastare l'assenteismo e gli scioperi selvaggi che compromettono la produttività e che come sottolinea Ichino sono in linea con la regolamentazione presente negli altri paesi Europei, non in Cina. Quindi dal mio punto di vista la tesi di un pericoloso precedente che costituisce attacco ai diritti sindacali dei lavoratori è molto flebile, se non inesistente
    Anzi il ricatto in questo caso mi sembra operato della Fiom: se non fate come vogliamo noi l'accordo aziendale per i nostri associati non è valido e dunque non possono esserlo in generale neppure le clausole in deroga ai contratti collettivi. E con essa le condizioni che rendono possibile l'assenteismo e l'inefficienza produttiva.

    In definitiva mi trovo d'accordo con Romeo: l'accordo di Pomigliano potrebbe essere un segnale importante dato agli imprenditori sul fatto che anche in Italia si va verso l'eliminazione di alcune rigidità che ostacolano la profittabilità degli investimenti.
     
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  7. Armilio
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    Ma lo sò che il referendum non è vincolante: ma potrà la Fiom, una volta che avrà vinto il sì in larga maggioranza, dire di no? certo, potrebbe, e magari lo farà pure, ma a costo di un autogol "politico" enorme.

    Ripeto, in questa occasione trovo l'accordo giusto, ma temo il fatto che questa procedura possa diventare una procedura usata da molte aziende per fare ben più che escludere la fiom. Ciò che tiene alti gli stipendi in Italia è appunto la contrattazione collettiva e il contratto nazionale, ma se si rendessero in grado le grandi aziende di poter mettere direttamente a confronto i propri lavoratori con quelli polacchi/cinesi, attraverso referendum che minacciano "O fate così o delocalizziamo", si potrebbero avere effetti molto gravi.

    Poi oh, se ce l'hai con la fiom ok :D, ma a me interessa relativamente cosa dice la Fiom, le mie perplessità sono diverse dalle loro.

     
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  8. lupog
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    CITAZIONE (Armilio @ 20/6/2010, 13:41)
    Ma lo sò che il referendum non è vincolante: ma potrà la Fiom, una volta che avrà vinto il sì in larga maggioranza, dire di no? certo, potrebbe, e magari lo farà pure, ma a costo di un autogol "politico" enorme.

    appunto Armilio la valutazione non è giuridica ma è politica; e ci manca anche che la Fiom non si assuma la responsabilità anche politica per non firmare, con le motivazioni da lei date, un accordo che prevede 700 milioni di investimenti sottoscritto da tutte le altre organizzazioni sindacali


    CITAZIONE
    Ripeto, in questa occasione trovo l'accordo giusto, ma temo il fatto che questa procedura possa diventare una procedura usata da molte aziende per fare ben più che escludere la fiom. Ciò che tiene alti gli stipendi in Italia è appunto la contrattazione collettiva e il contratto nazionale, ma se si rendessero in grado le grandi aziende di poter mettere direttamente a confronto i propri lavoratori con quelli polacchi/cinesi, attraverso referendum che minacciano "O fate così o delocalizziamo", si potrebbero avere effetti molto gravi.

    Poi oh, se ce l'hai con la fiom ok :D, ma a me interessa relativamente cosa dice la Fiom, le mie perplessità sono diverse dalle loro.

    Scusa ma le tue preoccupazioni mi sembrano decisamente esagerate alla luce della legislazione italiana. :)
    Anzitutto il referendum viene convocato non dall'azienda ma dalle rappresentanze sindacali. Quindi le aziende come farebbero a servirsi per scavalcare i sindacati di uno strumento come il referendum che la legge mette a disposizione proprio dei sindacati? :D
    Inoltre non c'è alcun pericolo per la solidità della contrattazione collettiva proprio in virtù di quanto detto: e cioè che il referendum resta comunque uno strumento consultivo e che i contratti aziendali non possono derogare a quanto stabiliscono i contratti collettivi senza che vi sia l'accordo di tutte le organizzazioni sindacali.
    Piuttosto a proposito della contrattazione occorrerebbe introdurre delle innovazioni come il legame i salari alla produttività e una rappresentanza unica dei lavoratori che ottenga preventivamente dai sindacati pieni poteri in sede di contrattazione in modo da rendere vincolante per tutti gli accordi raggiunti e impedire forme paralizzanti di ostruzionismo

    Ciò che ci deve preoccupare seriamente è invece ciò che già avviene adesso: che l'Italia a causa della sue rigidità, anche nel campo delle Relazioni industriali, è il Paese europeo che dopo la Grecia attrae meno investimenti in Europa. :( Quindi se non mi trovo d'accordo con l'atteggiamento della Fiom, non è certo per un antipatia pregiudiziale nei suoi confronti, ma perché nello specifico fornisce spazi di manovra e legittimazione a comportamenti come le assenze in massa per malattia dovute non a ragioni di salute ;) , o gli scioperi in violazione degli accordi sottoscritti, alla luce dei quali poi non ci si può sorprendere se il nostro Paese fatica a essere attrattivo per chi fa impresa.

    Edited by lupog - 20/6/2010, 16:57
     
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  9. lupog
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    Il sì vince ma non sfonda al referendum tra gli operai dello stabilimento Fiat di Pomigliano d'Arco: il 62,2% dei lavoratori ha dato il consenso all'intesa siglata lo scorso 15 giugno tra la Fiat e la sigle sindacali, eccetto la Fiom. Ma non c'è stato alcun plebiscito, come sottolineano i metalmeccanici della Cgil da sempre contrari. E ora sia la Fiat che la fabbrica campana devono fare i conti con il peso che sull'immediato futuro avrà quel 36% raggiunto dal fronte del no. Anche se al momento viene manifestata sì disponibilità, ma solo a discutere con i sindacati favorevoli all'accordo, non con i contrari: "L'azienda lavorerà con le parti sindacali che si sono assunte la responsabilità dell'accordo al fine di individuare ed attuare insieme le condizioni di governabilità necessarie per la realizzazione di progetti futuri", ha comunicato la Fiat a metà giornata, a commento dei risultati del referendum su Pomigliano.

    Un segnale distensivo, che sembrerebbe scongiurare la paventata possibilità di voler rimettere in discussione il trasferimento della Panda dalla Polonia allo stabilimento campano. A Torino si è parlato di un Marchionne in sede dalle prime ore e particolarmente irritato, con la certezza che il livello dei "no", come aveva più volte paventato, rischi di rendere l'intesa in fabbrica ingestibile. La tentazione di non trasferire la produzione della Panda, dicono, è sempre più forte, mentre a Pomigliano verrebbero spostate produzioni più deboli. Ma adesso il comunicato della Fiat sembra scongiurare le ipotesi peggiori, pur rafforzando il 'muro contro muro' con la Fiom: "La Fiat ha preso atto della impossibilità di trovare condivisione da parte di chi sta ostacolando, con argomentazioni dal nostro punto di vista pretestuose, il piano per il rilancio di Pomigliano".

    L'allarme successivo alla diffusione dei risultati dei refendum era stato talmente forte oggi da aver in meno di un'ora, in tarda mattinata, fatto salire i toni di uno dei maggiori sostenitori dell'intesa, il segretario della Cisl. Prima Bonanni esordisce con un "Ora niente scherzi", rivolto alla Fiat, che si trasforma velocemente in un "se l'intesa viene revocata lotteremo con la stessa forza con cui l'abbiamo sostenuta". Parole durissime di fronte alle quali vale a poco la rassicurazione del ministro Sacconi: "I patti saranno rispettati".

    Secco il commento di Bersani: "Adesso bisogna che la Fiat proceda senza tentennamenti, senza se e senza ma, e ribadisca l'investimento. Poi con calma, nei prossimi mesi, si trovi un modo di comprendersi meglio".

    Intanto la Fiat in Borsa cede l'1,16% a 9,4 euro. Il titolo del Lingotto che ha iniziato la seduta in leggero rialzo, è in linea con l'indice di settore europeo (Dj stoxx auto) che cede l'1,08 per cento.

    Il fronte sindacale. La Fim e la Uilm da un lato si dicono soddisfatte del successo ottenuto, dall'altro chiedono alla Fiat di ratificare presto l'accordo e, quindi, di tener fede agli impegni. Saranno quindi giorni altrettanto decisivi quelli che seguiranno al referendum di ieri. Il sindacato più critico all'accordo, la Fiom, anche stanotte ha ribadito il suo no all'intesa, ma secondo quanto sottolineato dal segretario della federazione napoletana, Massimo Brancato, "se la Fiat apre una trattativa e si predispone ad una mediazione che rispetti la costituzione, le leggi dello stato e il contratto, ci sediamo a un tavolo e siamo disponibili a fare un negoziato". Concetto ribadito da Susanna Camusso, che in ottobre succederà ad Epifani: "Si riapra il confronto. La partecipazione al voto era prevedibile come la prevalenza del sì. Chiediamo a Fiat di avviare l'investimento e la produzione della nuova Panda a Pomigliano e di riaprire la trattativa per una trattativa condivisa da tutti".

    Il ministro del Lavoro. Sacconi afferma di non voler neanche prendere in considerazione l'ipotesi che la Fiat decida di chiudere lo stabilimento di Pomigliano per mancanza della maggioranza sperata dei sì all'accordo. E ne sottolinea la portata: "Il fatto che il 62% si pronuncia a favore è un dato molto importante, che sarebbe assurdo sminuire perché anche solo il 51%, sarebbe comunque una vittoria". Secondo il ministro l'accordo non è una sconfitta della Fiom, ma una vittoria del futuro dello stabilimento di Pomigliano. "Bisogna attuare accordi e verificare anche con coloro che non hanno firmato l'adesione a quel modello e io sono sicuro che nessuna organizzazione voglia sabotare il modulo di lavoro che l'unico può attrarre gli investimenti sulla Panda", ha concluso Sacconi. Un'indicazione che sembra andare in direzione opposta a quella annunciata dalla Fiat, che annuncia il dialogo solo con i sindacati del sì.

    www.repubblica.it/economia/2010/06/...166/?ref=HREA-1
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    Speriamo che nonostante la presenza di una quota minoritaria ma consistente di lavoratori contrari l'accordo possa comunque essere realizzato. Purtroppo però in queste condizioni si prospetta una notevole conflttualità interna che Fiat avrebbe motivate ragioni per non accettare

    Edited by lupog - 23/6/2010, 15:26
     
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  10. onestobender
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    he l'Italia a causa della sue rigidità, anche nel campo delle Relazioni industriali, è il Paese europeo che dopo la Grecia attrae meno investimenti in Europa.

    La corruzione capillarmente diffusa e la massiccia presenza della criminalità organizzata non influiscono?
     
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  11. lupog
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    CITAZIONE (onestobender @ 23/6/2010, 16:02)
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    he l'Italia a causa della sue rigidità, anche nel campo delle Relazioni industriali, è il Paese europeo che dopo la Grecia attrae meno investimenti in Europa.

    La corruzione capillarmente diffusa e la massiccia presenza della criminalità organizzata non influiscono?

    ovviamente. Tra le rigidità vanno inclusi anche un sistema politico e giudiziario che non funzionano che di conseguenza favoriscono lo sviluppo della corruzione e dei fenomeni criminali.
     
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  12. karma207
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    Ciò che tiene alti gli stipendi in Italia è appunto la contrattazione collettiva e il contratto nazionale, ma se si rendessero in grado le grandi aziende di poter mettere direttamente a confronto i propri lavoratori con quelli polacchi/cinesi, attraverso referendum che minacciano "O fate così o delocalizziamo", si potrebbero avere effetti molto gravi.

    Armilio non mi sembra che gli stipendi in Italia siano alti. Credo siamo il terz'ultimo paese OCSE come salari. E il motivo è anche la contrattazione collettiva che ha lasciato sempre poco spazio alla contrattazione di secondo livello, quella in cui si legano salari e produttività.
    Il problema del paese è proprio questo: bassa produttività (oltre a una fiscalità sul lavoro davvero pesante, resa necessaria dall'evasione).
    Poi, "o fate così o delocalizziamo" nella maggior parte dei casi non viene nemmeno detto: si delocalizza punto e basta. La sfida della FIAT va proprio nella direzione opposta: investimenti in cambio di serietà da parte dei lavoratori e dei sindacati. D'altra parte le aziende non sono ONLUS: esistono per garantire un profitto agli azionisti, o delocalizzano, o chiudono. Non ci sono soluzioni sindacali al problema, semmai soluzioni sistemiche: innovazione, ricerca e formazione, nuove forme di contrattazione. Per produrre meglio di altri.
     
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11 replies since 16/6/2010, 18:40   223 views
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