GUARESCHI E DE GASPERI

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  1. pibe de oro
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    • 20 gennaio 1954
    - II settimanale satirico "Candido" diretto da Giovanni Guareschi pubblica una lettera datata 19-1-1944, attribuita a de Gasperi, in cui lo stesso chiederebbe agli americani il bombardamento di alcune zone di Roma onde accelerare la reazione popolare.


    IL 15 APRILE DELLO STESSO ANNO II Tribunale di Milano riconosce Guareschi colpevole di diffamazione e lo condanna a un anno di reclusione e 100.000 lire di multa per la falsa lettera pubblicata.
     
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  2. mambo
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    De Gasperi-Guareschi, il Candido duello da quotidino.net

    De Gasperi e Guareschi: due italiani diversissimi. L'uno serio e austero, tutto impegnato a ricostruire l'Italia; anche l'altro serio e austero, ma come può esserlo un padano ruspante e sanguigno, democratico e cristiano anche lui, ma senza tessere e responsabilità politiche, e indomabilmente monarchico, fieramente «di Destra», visceralmente anticomunista, anche se — e la straordinaria umanità del suo Peppone lo dimostra — sapeva distinguere l'«errore» dall'«errante». De Gasperi e Guareschi: due «vecchi fusti», appartenenti a un'Italia di cui non è rimasto neppure un vago odore. Ricordarli «insieme» potrebbe apparire una forzatura; non lo è, però, se consideriamo che «insieme» vinsero una battaglia cruciale di questo dopoguerra; e che comunque, ancorché tanto differenti, vissero entrambi con coerenza, non si vendettero al migliore offerente, non rubarono. Ed è inevitabile che oggi di De Gasperi venga riscoperta non solo la tempra dello statista, ma anche la qualità del carattere: un uomo pieno di dignità ed alieno da qualunque concessione alla demagogia — questo è il succo della risposta che Indro Montanelli dà a un suo lettore nella corrieresca «Stanza»; così come è inevitabile che il popolarissimo e scomodissimo scrittore Giovanni Guareschi venga non solo riletto e rimpianto (un lettore ha scritto a Feltri per ricordare i 50 anni di un bellissimo libro di testimonianze come il Diario clandestino), ma addirittura rivalutato dai figli e dai nipoti-democratici, socialdemocratici, liberaldemocratici — di quei comunisti doc. che quando Giovannino morì, nell'estate del '68, lo commemorarono scrivendo sull'Unità che era morto uno scrittore che non era mai nato. De Gasperi e Guareschi. Sarebbe una balla dire che c'è stato un momento della storia italiana in cui si sono «amati». Per carità, troppo diversi di temperamento. Però, la grande vittoria anticomunista del '48 appartiene all'ex-deputato al Parlamento di Vienna come all'ex-umorista del Bertoldo internato in un lager tedesco, dopo l'8 settembre, per aver voluto restar fedele al suo Re. Ma che succede dopo il '48 tricolore, a cui aveva tanto contribuito Giovannino, denunciando la truffa dei baffi di Garibaldi dietro cui si occultavano i baffoni di Stalin? Succede che il Candido — Guareschi l'ha fondato insieme a Mosca e a Giaci Mondaini nel Natale del '45 — la sua battaglia per la verità, la libertà, l'onestà comincia a farla a 360 gradi. E se c'è da dir male del monopolio «democristiano» Guareschi non ci pensa un attimo. Non gli va lo Scudo Crociato che «occupa» lo Stato. Ma se la prende con Scelba e la sua «legge truffa» non con De Gasperi che tra i notabili diccì gode ancora del suo rispetto. Siamo nel '53, in maggio. Ancora qualche mese e nel gennaio del '54, il «Candido» pubblica un «Ta-pum del cecchino» in cui De Gasperi — aveva liquidato il governo presieduto da Giuseppe Pella — viene presentato non più come «lo statista in grado di traghettare l'Italia fuori dal dopoguerra», ma come «il capo di un partito deciso a fare il suo interesse di parte». Ma la fucilata contro il «politicante» deve ancora arrivare. Ed ecco che Giovannino, a corredo dell'articolo, riproduce una lettera scritta su carta intestata della Segreteria di Stato di sua Santità, datata 19 gennaio 1944 e firmata dal futuro presidente del Consiglio. Ecco il testo: «Egregio Signor Colonnello (il destinatario è il tenente colonnello britannico Arthur Desmond Bonham Carter, di stanza a Salerno ndr), non avendo ricevuto alcun riscontro in merito alla mia ultima del 12 gennaio '44, mi permetto di trascrivere interamente il contenuto della precedente, rimasta fino ad oggi senza esito. Tramite un corriere P.O. affidiamo la presente contenente la nostra più ampia assicurazione che quanto S.E. il Generale Alexander desidera venga effettuato, come azione collaterale da parte dei nostri gruppi Patrioti, sarà scrupolosamente attuato. Ci è purtuttavia doloroso, ma necessario, insistere nuovamente, affinché la popolazione romana si decida ad insorgere al nostro fianco, che non devono essere risparmiate azioni di bombardamento nella zona periferica della città nonché sugli obiettivi militari segnalati. Questa azione, che a cuore stretto invochiamo, è la sola che potrà infrangere l'ultima resistenza morale del popolo romano, se particolarmente verrà preso, quale obiettivo, l'acquedotto, punto nevralgico vitale. Ci urge inoltre, e nel più breve tempo possibile, il già sollecitato rifornimento, essendo giunti allo stremo. La preghiamo pertanto nel più breve tempo possibile di assicurarci di tutto e di credere nella nostra immutabile fede contro il comune nemico nazifascista». De Gasperi, rifugiato in Vaticano, chiedeva di bombardare Roma, utilizzando la carta intestata della Segreteria di Stato? L'accusa era enorme. Le prove? Alessandro Gnocchi, nel suo libro Giovannino Guareschi, una storia italiana (Rizzoli) ricorda che l'autenticità della firma di De Gasperi era provata dall'indagine di Umberto Focaccia, perito calligrafo del tribunale di Milano. Ecco, ora, la sequenza degli eventi. L'esplosivo numero del «Candido» esce il 19 gennaio. La sera, in un comunicato, De Gasperi, parla di un «falso documento rimesso in circolazione». Il giorno dopo un nuovo comunicato: è fin dall'ottobre del '52, afferma lo statista, che tentano di ricattare me e i miei collaboratori con questa «bufala». Giovannino torna a sparare sul nuovo numero del «Candido»: come si può subire un ricatto per un documento falso? che c'entrano i collaboratori? chi sono i ricattatori? La faccenda non scotta, brucia. Angelo Rizzoli, editore del Candido, prende le distanze: testa matta di un Giovannino, perché, vero o falso che sia il documento, non mi hai interpellato prima di pubblicare? Ho fatto il mio dovere di cittadino, replica Guareschi. Evidentemente l'Editore non è più d'accordo con me — nel '48 lo era, però — sul «modo» con cui bisogna compierlo. Si parla di cose di guerra e siamo di nuovo in guerra. Guareschi non ha nessuna intenzione di sventolar bandiera bianca. Anzi, tira fuori un altro scritto di De Gasperi del 26 gennaio '44, indirizzato a un capo partigiano: «Carissimo — vi si legge — spero di ottenere da Salerno il colpo di grazia». Ma chi ha dato a Giovannino le 2 missive? Un certo Enrico De Toma, ex ufficiale della Rsi: i documenti gli sarebbero stati consegnati dal Duce, in previsione della tragedia finale. Vero? Falso? Missiroli, direttore del Corriere della Sera, non ha dubbi: è robaccia. Non ha dubbi la stampa cattolica: ha fatto male De Gasperi, in nome dell'anticomunismo, ed allearsi con un tipaccio come Guareschi. Querelato per diffamazione a mezzo stampa. Il dibattimento si apre a Milano il 12 aprile. Quattro udienze. Pubblico appassionatamente diviso a metà. Testimonia il tenente colonnello Bonham Carter: mai stato in corrispondenza con De Gasperi. Testimonia il generale Harold Alexander: mai avuti rapporti con De Gasperi. Tocca a De Gasperi: giuro di non aver mai scritto quelle lettere; ignoravano l'esistenza di Bonham Carter; mai e poi mai avrei coinvolto il Vaticano in certe cose. E poi la zona da bombardare non era già stata bombardata? Guareschi stila una memoria difensiva: la carta intestata usata da De Gasperi conteneva un messaggio ben preciso: cari Alleati, guardate che se dietro il Pci c'è l'Urss, dietro me e la .Dc c'è il Vaticano. Ormai è troppo tardi per gettar acqua sul fuoco. Anzi, tutti vi gettano benzina. E a difender Guareschi — che non è stato mai fascista — resta ormai solo Il Secolo d'Italia. E personaggi «scomodi» come Gioacchino Volpe. Gli altri tuonano: come si fa ad attaccare un uomo come De Gasperi? Donna Francesca De Gasperi osserva: «Io non capisco perché debbano fare la perizia quando mio marito ha affermato di non avere mai visto quei documenti». Erano veri, erano falsi? Guareschi fu condannato, non volle presentare appello eil 26 maggio del '54 entrò in carcere da dove uscì un anno dopo. De Toma, nel '59 fu processato per falso e truffa in seguito alle vicende del carteggio. Ma tra i documenti presi in esame non c'erano gli originali di Guareschi. Secondo Montanelli, che di Giovannino fu amico, il papà di don Camillo e Peppone prese un granchio, in buona fede. E per punto d'onore non ritornò indietro e si fece la sua bella galera. Era una persona perbene. E lo era De Gasperi. Ci fu una verità «impolitica» guareschiana? E ce ne fu una «politica» degasperiana? Forse è il caso di riguardare le carte: tutte.

    di Marco Bernardi Guardi



     
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1 replies since 24/10/2005, 13:43   1632 views
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