Cittadinanza agli stranieri nati in Italia: favorevoli o contrari?
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Cittadinanza agli stranieri nati in Italia: favorevoli o contrari?

Il dibattito sullo "ius soli"

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    In queste ultime settimane, a seguito della nomina di Cécile Kyenge a ministro dell'Integrazione, il dibattito pubblico si è concentrato sul tema dello ius soli, ovvero del principio giuridico per cui un individuo che nasce sul territorio di uno Stato ne diventa automaticamente cittadino. Storicamente allo ius soli si è contrapposto lo ius sanguinis, ovvero il principio giuridico per cui l'acquisizione della cittadinanza è subordinata al fatto di essere figli di cittadini dello stesso Paese. Lo ius soli tradizionalmente ha trovato applicazione in Paesi fondati sull'immigrazione, su tutti gli Stati Uniti d'America, e in Stati dal forte passato coloniale, come la Francia. Lo ius sanguinis invece è stato applicato in nazioni caratterizzate da un'identità nazionale più chiusa e definita, come la Germania. Nel corso degli ultimi decenni comunque molti Paesi hanno temperato, in modi diversi, l'applicazione di questi due principi, ma il dibattito su quale sia il migliore resta aperto.
    L'Italia ha adottato da sempre il principio dello ius sanguinis che però oggi appare a molti ormai obsoleto in conseguenza del fatto che il nostro Paese è diventato negli ultimi anni, a seguito della forte immigrazione, un Paese multiculturale. Il ministro Kyenge ha annunciato che proporrà una legge per andare nella direzione dello ius soli, che farà sì che chi nasce in Italia da genitori soggiornanti regolarmente nel nostro Paese sarà automaticamente cittadino italiano, senza dover aspettare i diciotto anni per poter fare richiesta ed evitando così di subire fino al compimento della maggiore età forti disagi burocratici e penalizzazioni, come quella di non poter soggiornare all'estero per più di sei mesi prima del compimento dei diciotto anni pena la perdita della possibilità di fare domanda di diventare cittadino per diversi anni. Cosa ne pensate? Siete favorevoli a questa proposta o ritenete che l'attuale legge vada bene?
    Personalmente ritengo una legge che introduca il principio, ovviamente temperato dal possesso di un regolare permesso di soggiorno dei genitori, dello ius soli una decisione necessaria ma non sufficiente: per stare al passo coi tempi e soprattutto per giustizia verso tanti bambini e ragazzi credo sia opportuno pensare a una legge che attribuisca la cittadinanza a tutti i ragazzi che abbiano completato un percorso di studi di cinque anni nel nostro Paese, in nome di quello che potremmo chiamare ius culturae. I minori figli di stranieri che studiano nelle nostre scuole e su cui il nostro sistema scolastico investe devono poter essere cittadini italiani senza avere pratiche burocratiche da compilare e senza dover subire discriminazioni come quella di non riuscire ad andare in gita scolastica all'estero per problemi di visto.
    Naturalmente trovo legittime, per quanto basate su pregiudizi, anche le posizioni opposte alla mia, ma lasciatemi esprimere il mio disappunto per la scelta di alcuni esponenti della Lega Nord, fortunatamente smentiti da Maroni, di sfruttare il recente caso del folle irregolare ghanese che ha preso a picconate alcune persone a Milano per gettare fango sul ministro Kyenge e sul progetto di legge sullo ius soli.

    In definitiva favorevole alle legge sullo ius soli, che ritengo un passo importante ancorché non sufficiente.

    Edited by Oskar - 20/5/2013, 17:47
     
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  2. _SmokY_
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    In linea di principio sono d'accordo con te. Tuttavia io ritengo che fino ai 14 anni di età il bambino non debbe sottostare ad alcuna norma dipesa dalla cittadinanza. Insomma che lo Stato italiano tuteli in egual misura tutti i bambini di ogni nazionalità sotto quell'età.
    Compiuti i 14 anni se il bambino ha ottenuto la licenza media io applicherei per l'appunto lo ius culturae, altrimenti aspettare la maturità o i 18 anni. Parlo ovviamente per bambini non nati in Italia.
     
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    Sono d'accordo con voi , e aggiungo una riflessione, per così dire, risorgimentale : un amico su un altro sito parlando dell' argomento ricordava una frase di Garibaldi sul diritto di voto , ma che si adatta benissimo a quello di cittadinanza "chi sottostà alla legge deve farla", chi ha un progetto di vita che presumibilmente lo sottoporrà per lungo tempo se non per la vita intera ( e come dimostra l' esperienza dei nostri immigrati nelle seconde e terze generazioni i progetti di rientro sono rarissimi) alla sovranità di uno stato e quindi ai doveri deve godere anche dei diritti . Questo non solo per equità , ma per non creare incongruenze nelle società che alla fine comportano danni anche agli "indigeni". Questo principio ovviamente serve anche a dissipare le immagini di momentanee migrazioni di puerpere interessate solo ad una prole con cittadinanza occidentale
     
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  4. andreaferrari
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    ho votato no
    pero' poi ho letto un articolo ( era intitolato Un’ordinaria mattinata milanese. Dedicato al ministro Kyenge) e boh.. mi ha fatto riflettere
     
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  5. Valerio Beccari
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    Ho votato 'pollice verso' e, se me lo concedete, vorrei argomentare la mia scelta.

    Per prima cosa è corretto sottolineare come, a fronte di un cambiamento tanto sostanziale nella vita di un Paese, sia necessario chiamare il popolo ad esprimersi. Democrazia impone che, simile proposta, venga votata non dal Parlamento, ma dal corpo elettorale. Il climax regnante farebbe supporre ad un 'affossamento' del quesito referendario. Ma è pur sempre atto di rispetto chiederne una verifica sul campo.

    La concessione della cittadinanza ai figli degli immigrati implica una serie di benefici di cui godrebbero i cittadini stranieri. Benefici che, non sempre, sono meritati. Mi sembra evidente, infatti, che un bambino non possa vivere senza la madre ed il padre. Costoro, però, potrebbero essere degli irregolari, che andrebbero automaticamente regolarizzati. In assoluto dispregio delle leggi vigenti in materia di immigrazione.
    E se uno dei genitori ( o entrambi ) fossero cittadini 'non graditi' per atti contrari all'osservanza delle leggi ? Un 'colpo di spugna' non risolverebbe il problema. Anzi: ove possibile, lo aggraverebbe, creando ulteriore disagio sociale e disparità comportamentale tra italiani e 'nuovi' italiani.
    Per questo motivo è pacifico come la concessione debba subordinarsi alla fedina penale, all'integrazione dei genitori ( lingua, lavoro, residenza, etc etc ), al corretto comportamento socio-culturale di chi ha scelto l'Italia qual suo Paese d'adozione.
    Nel dibattito scaturito in questi giorni, non mi sembra che tutto questo sia stato affrontato.

    Occorre, poi, una stretta sull'immigrazione irregolare.
    Con la concessione della cittadinanza ai nuovi nati, avremo barconi di disperati carichi di donne in dolce attesa. Il respingimento alle frontiere è un dovere dettato dalle esigenze. Non è possibile, infatti, reggere l'urto di un'ingestibile ondata migratoria, spesso accompagnata da miseria e assenza pressoché totale di prospettive per il futuro.
    I Centri di Identificazione ed Espulsione ( C.I.E.), oggi funzionanti male e troppo simili a piccoli campi di concentramento, dovrebbero sobbarcarsi un ulteriore incombenza: verificare, quasi sempre con pochi elementi a disposizione, se la partoriente è o non è gradita in Italia. Non si possono accogliere tutti i disperati del mondo; il sistema economico non reggerebbe ad un simile urto.

    Al ministro Kyenge ( avendo visitato il suo Paese d'origine, qualche domanda la proporrei ), mostrerei il totale fallimento di quegli Stati che, sbagliando, credevano di far cosa buona concedendo un pezzo di carta colorata ai figli degli immigrati.
    Negli Stati Uniti con i latinos; in Gran Bretagna con i pakistani e gli indiani; in Germania con i turchi, non si è riusciti nell'impresa, impossibile, di far sentire veri cittadini i nuovi nati. Questo perché, nella maggioranza assoluta dei casi, i bambini vengono cresciuti con i dettami dei padri o dei nonni. In assoluta controtendenza con gli usi e i costumi locali.
    Non è un dato di poca importanza il fatto che, spesso, i piccoli immigrati imparino prima la lingua dei Paesi d'origine e poi, con evidenti difficoltà d'apprendimento, quella del Paese che li ospita. Eppure sono nati su suolo americano, britannico o tedesco.
    Di contro, ultimo ma non ultimo, serve ricordare l'aumento dell'emarginazione e gli atti di pura xenofobia che colpiscono queste comunità. Costrette a chiudersi in se stesse ed ancor più refrattarie al contatto con il mondo circostante.

    Penso, infine, che l'Italia possa studiare un metodo nuovo e rivoluzionario di integrazione. Senza intaccare un caposaldo della propria legislatura.
    Con l'allontanamento degli indesiderati ed una migliore selezione del flusso migratorio, si getterebbero le basi per la concessione della cittadinanza. Soltanto quando avremo una percentuale elevata di cittadini stranieri perfettamente integrati nella società d'appartenenza ( residenza stabile, lavoro certo, pagamento regolare delle tasse, etc etc ), avremo anche posto una pietra miliare ad una rivoluzione culturale e sociale che, allo stato delle cose, il Paese boccerebbe senza appello. Senza per questo tacciare l'italiano medio di razzismo.
     
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    CITAZIONE (Valerio Beccari @ 18/5/2013, 07:38) 
    Per questo motivo è pacifico come la concessione debba subordinarsi ...... al corretto comportamento socio-culturale


    Al ministro Kyenge ( avendo visitato il suo Paese d'origine, qualche domanda la proporrei ),

    sono in dissenso con quasi tutto quello che hai detto , ma prima di rispondere ti chiederei di chiarire queste due frasi
     
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  7. Valerio Beccari
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    Ti rispondo con piacere, caro lucrezio52, ringraziandoti per il tuo dissenso. Avremo, dunque, motivo di chiacchierare, seppure in modo informale.

    a) Io penso, certo di trovare benevolenza in chi mi legge, che l'acquisizione della cittadinanza non possa non associarsi al comportamento corretto in seno alla comunità in cui si viene a far parte. Poiché molto spesso i cittadini stranieri tendono ad estraniarsi dalla vita del Paese che li ospita ( e, certo, non solo per il razzismo dei locali ); un passaporto in più o uno in meno non farà di essi dei buoni cittadini. Non ci sono riusciti i francesi con gli abitanti delle ex colonie; perché dovremmo riuscirci noi ?

    b) La signora Kyenge viene dal Congo. Terra poverissima e martoriata da continue guerre tribali. Non un esempio di progresso e democrazia. Nonostante ciò, com'é normale, ha espressamente dichiarato di sentirsi tanto cittadina congolese, quanto cittadina italiana.
    Dissento. Il senso di appartenenza è unico ed irripetibile. Un italiano sarà sempre tale nel cuore, anche se le circostanze della vita lo portassero ad acquisire un'altra nazionalità. Come possa essa conoscere i gangli della società che la ospita, mi è di grande mistero.
    In fin dei conti basta gironzolare per la Rete ( escludendo i siti apertamente xenofobi o razzisti o, di contro, i siti che approvano acriticamente la proposta del medico congolese) per rendersi conto che gli italiani ( senza distinzione di ceto sociale, cultura o altro ) non comprendono l'iniziativa del ministro. Anzi: la contrarietà è marcata.
    Domandiamoci come mai. Ma qui, si sa, finiremmo su un terreno viscido e tortuoso che anche un uomo di sinistra come lo scrivente faticherebbe ad analizzare compiutamente.
     
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    Caro Valerio , le tue precisazioni mi fanno capire che il dissenso c'è , ma in un contesto di sicura e amichevole confrontabilità , procedo senza un ordine particolare con alcuni dei punti che più mi colpiscono

    1) La tua idea che "Il senso di appartenenza è unico ed irripetibile" ti pone , a mio avviso al di fuori di un "corretto comportamento socio-culturale" italiano . : tutta la politica italiana dello stato e dei governi locali da più di un secolo verso gli 80 milioni di discendenti dei nostri emigrati nel mondo va verso la direzione opposta . Io me ne occupo , fra altre cose , professionalmente da quasi 20 anni , conosco abbastanza bene le comunità italiane in particolare argentine uruguacie e brasiliane e decine e decine di migliaia di cittadini italiani sono pronti a sottoscrivere la frase , "mi sento pienamente cittadino Italiano e argentino , brasiliano , uruguacio …" tra l' altro credo che la Kyenge abbia perso la cittadinanza congolese e abbia detto che si sente appartenente non alle due cittadinanze ma alle due culture , cosa che è alla base delle manifestazioni del Columbus day da parte della potentissima comunità italo americana . Ovviamente si può non essere d'accordo e rinnegare la nostra storia e cultura in materia , ma di questo si tratta . Aggiungo che è nella forza delle cose che la purezza di cittadinanza diventi sempre più una arcaismo , "in questo mondo globalizzato" come si usa dire , coloro che vivono nello stesso paese dove sono nati e sono figli di genitori della stessa cittadinanza saranno sempre meno . Ti sembra strano ? Un secolo fa appariva strano che nelle grandi città la maggioranza della popolazione non appartenese a famiglie lì residenti da generazioni , ora è così
    2) Temevo che con "subordinarsi ...... al corretto comportamento socio-culturale" tu aderissi alla formula che considero immonda “l'immigrato deve rispettare le nostre e leggi ed usi”, ovviamente le leggi è assolutamente necessario , ma gli usi ? Perchè e quali ? Sono italiani anche i punk a bestia , i militia cristi , i mormoni , gli emo , le comunità di promiscuità sessuale …. a quali usi si devono adeguare ? Ma tu , fortunatamente , parli di integrazione . Ma le condizioni per perfezionare un atto giuridico devono essere fatti giuridicamente rilevanti : e quale sarebbe la “prova” dell' integrazione ? Una minima base di lingua e cultura italiana sarei d'accordo ( non pretendiamo però nulla di più di quanto in possesso di alcuni politici. E non sto scherzando ), ma per il resto cosa ? giocare a briscola con i vicini ? avere figli fidanzati con indigeni/e e non solo con altri immigrati ? Ho l'impressione che la orte di strasburgo ci farebbe (giustamente ) un c biiip così
    3) Nell' elenco dei fallimenti che dimostrerebbero l'ineguatezza dello ius soli ,( scusa se te lo dico ) dimostri un po' di confusione sull' argomento , mettendo anche paesi come la Germania che utilizza un sistema di ius sanguinis abbastanza simile al nostro attuale . Ma lasciamo pure stare questo livello di confusione , se quelli sono i modelli falliti , quali sarebbero quelli di successo ? Vuoi provare ad incarne uno ? Capiremmo meglio come la pensi . Ma posso indicarne uno io ( di successo solo per per questo punto intendiamoci ) L' Argentina ! E il paese extra europeo che conosco meglio : non ci sono quartieri etnici, ogni tanto si ammazzano fra di loro , ma la derivazione etnica non c'entra nulla . Tutti tengono molto alle proprie radici ( il circolo italiano a Buenos Aires è più lussuoso di un ambasciata ) e sono molto nazionalisti per l' argentina ( ai mondiali tifano argentina ). Hanno una delle maggiori comunità ebraiche del mondo ed una fortissima comunità araba (che ha dato loro anche un presidente , non proprio un esempio di onestà , ma anche questo da quelle parti è interetnico ).Ma non ci sono state mai tensioni a livello collettivo . L' argentina adotta uno dei sistemi più estremi di ius soli .

    Sia chiara una cosa io non auspico per l' Italia un sistema come quello argentino , secono me una più moderato come quello francese andrebbe molto bene , tra l' altro esclude propblemi come quello delle puerpere in trasferta , e molto anche quello dell' espulsione dei genitori , che al quel punto avrebbero già un permesso di soggiorno lungo se non permanente

    una sintesi dei vari sistemi nel mondo , un pò sbrigativa , ma dopotutto soddisfaciente è questa

    http://www.repubblica.it/politica/2013/05/...uropa-58478439/
     
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  9. Valerio Beccari
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    Caro Lucrezio52, grazie per aver così cortesemente esposto il tuo punto di vista.

    A) Io non sono contrario, per principio, ad una soluzione intermedia. Mi pongo di traverso per come é stata presentata la proposta. Per prima cosa é gravemente errato il 'contesto storico' in cui essa é stata formulata.
    Il Paese vive una fase di profondi cambiamenti. Forse non tutti se ne accorgono, ma la società italiana è radicalmente cambiata, in quest'ultimo quinquennio. Vivo in Grecia, certo, ma torno assai spesso nella mia terra. Una terra composta da industrie grandi, piccole e medie. Una terra dove ci sono innumerevoli esempi di integrazione ( settori come l'edilizia occupano quasi tutta manodopera extracomunitaria ) e, di contro, innumerevoli esempi di chiusura totale verso la realtà che circonda lo straniero.
    Cambiamenti, dicevo. La società autoctona vive la più profonda crisi economica di sempre. Perdita dei posti di lavoro, frantumazione dei sogni, rinunce spesso dolorose. Suicidi. Da un ministro per le Pari Opportunità, rappresentante del governo nazionale, ci si sarebbe aspettato un maggior coinvolgimento verso il popolo che rappresenta. Invece si é parlato, sin da subito, di cittadinanza per i neonati e vari altri diritti. L'unica conseguenza tangibile di questa improvvida scelta è facilmente sintetizzabile in un aumento della xenofobia e del razzismo. E dalle parole ai fatti il passo, si sa, é molto breve.
    Vedesse la luce, il provvedimento della signora Kyenge innalzerebbe il livello dello scontro sociale. Già in atto, ove qualcuno non se ne fosse ancora accorto. In alcune città, come per esempio Milano, il sindaco Pisapia (quello delle villette donate in uso ai Rom) ha chiesto un nuovo intervento dell'esercito, costretto a riconoscere quanto elevato sia il desiderio di sicurezza, messo in ambasce dai recenti fatti e da quanto avviene un giorno sì ed uno pure.

    B) Secondo punto. Parimenti al suddetto provvedimento, la signora Kyenge ( il gelo verso la sua proposta, tra i colleghi ministri e parlamentari é abbastanza significativo ) parla di un abbattimento del reato di clandestinità.
    La Bossi-Fini é una legge imperfetta; i Centri di Identificazione ed Espulsione ( i famigerati C.I.E. ) andrebbero migliorati o, addirittura, chiusi. Tutto vero, ma l'immagine che ne consegue, almeno agli occhi dell'italiano medio, è disarmante. Un'ordalia di stranieri di varia nazionalità si abbatterebbe sul Bel Paese, di fatto rendendolo ingestibile quanto ad ordine pubblico.
    Cittadinanza ai neonati in Italia e derubricazione del reato di clandestinità sono argomenti potenzialmente ' esplosivi ', che il premier Letta ha il dovere di affrontare con serietà. Magari cercando di far capire al suo ministro che non v'é razzismo nel voler lasciare le cose come stanno. Si chiama necessità. Magari, tra un decennio e con una situazione economica più florida, potremmo riproporre la stessa idea. Non già per via parlamentare, ma per referendum popolare.

    C) Terzo punto. Ci si può integrare in una società senza averne il passaporto. Basta volerlo veramente. Io vivo in Grecia da diversi anni, quindi appartengo alla categoria degli emigranti. Mangio l'ottimo cibo greco, conosco approfonditamente la cultura, la lingua e la società che mi ospita. Rispetto le sue leggi. Frequento i locali che frequentano gli ateniesi, vado regolarmente allo stadio ed al palazzo dello sport. Eppure non ho passaporto greco. Mi sento, almeno in parte, greco. Semplicemente, mi sono integrato presso la società che mi ha aperto le braccia, nonostante la crisi e l'innalzamento del livello di guardia verso gli extracomunitari o gli stranieri in generale.
    In Italia non sempre accade. Sono tanti gli esempi di mancata integrazione. Cioè di assoluta chiusura verso il mondo ospitante. Non v'é un'etnia diversa dalle altre; tutte tendono ad evitare il contatto con i locali. Spesso faticano a comprendere anche i più semplici comportamenti che regolano la vita sociale. Certo, é innegabile che un figlio d'immigrato, nato in Italia, apprenderà più velocemente il modo d'essere di un italiano che non quello del proprio padre. Ma la severa perseveranza nel difendere l'origine mal si accosta con la realtà dei fatti.
    A volte, quando torno a casa, mi accorgo che la mia mentalità, ormai ellenica, mal si accomuna con quella originaria. Debbo compiere un discreto sforzo per allinearmi alle persone che mi circondano. Se gli extracomunitari non comprendono questo, entreranno in rotta di collisione con i cittadini autoctoni. Probabilmente più di quanto già non accada ora.

    D) Perché l'iniziativa del ministro Kyenge abbia un senso, occorre compiere un sostanziale passo. Un'antefatto, se vogliamo.
    Occorre, cioè, rimpatriare chi non ha diritto di stare sul suolo italiano. Lo svuotamento delle carceri, per esempio, sarebbe un atto di assoluto interesse. L'accompagnamento alle frontiere, oggi 'anello debole' della lotta alla clandestinità, deve essere potenziato. Soltanto con la presenza di stranieri realmente integrati ( casa, lavoro, scuola dei figli, etc etc ) si avranno le premesse per un cambiamento così radicale della società italiana. Sino ad allora vivremo in un contesto a due velocità. Gli ' indigeni ' che lamentano i troppi privilegi cui accedono gli stranieri. E questi ultimi costretti a vivere in disparte per paura delle manifestazioni di odio e rancore nei loro confronti.

    Mi spiace argomentare così criticamente un provvedimento che, in altra epoca, avrebbe suscitato un serio e concreto dibattito. Mi spiace soprattutto anteporre la logica alla politica composta da serietà e solidarietà. Ma ho raccolto troppe testimonianze e troppi esempi di disparità palese ( verso cittadini italiani ) per non sentirmi in dovere di ' affossare ' l'operato del ministro Kyenge. Ribadisco, quindi, un concetto già espresso in un precedente intervento: l'Italia di oggi non è pronta per questo tipo di cambiamento. E non lo sarà nemmeno domani. Un giorno, forse, ma con tutte le premesse del caso. Oggi, probabilmente senza averne notizia, l'uscita dialettica della signora ministro ha innalzato solo la popolarità ed il populismo di chi non vedeva l'ora di potersi 'stracciare le vesti'. Un risultato disarmante e molto pericoloso per la vita sociale del Paese.
     
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    Questo è un tema che mi sta molto a cuore per ragioni personali e professionali; cercherò di essere breve nell'esporre alcune considerazioni:

    1. Nessuno propone di istituire uno ius soli puro: la cittadinanza andrebbe automaticamente solo ai nati in Italia figli di immigrati che risiedono nel nostro Paese regolarmente, stando a una proposta del PD della scorsa legislatura da almeno cinque anni (ma ovviamente sul termine si può discutere). L'immagine delle navi di clandestini piene di gestanti è quindi allo stato attuale uno spauracchio privo di fondamento.

    2. Perché un immigrato dovrebbe conformarsi alla nostra cultura (che cosa poi voglia dire "la nostra cultura" è una domanda a cui nessuno sa dare risposta) per avere accesso ai diritti di cittadinanza? Il rispetto della legalità è una cosa fondamentale e su questo siamo tutti d'accordo, ma per quanto riguarda i nostri usi e costumi, come ha ben detto lucrezio, ci sono moltissime categorie di italiani che ne sono estranei. Non si può limitare la libertà di espressione e di comportamento di chi risiede regolarmente in Italia.

    3. Il reato di clandestinità non ha senso: non è condizione necessaria per l'espulsione dei clandestini, non ha bloccato gli arrivi ed è solo un fardello giudiziario; i rimpatri, se conformi al diritto internazionale in materia di tutela di rifugiati, sono difendibili, il reato in sé a mio avviso no.

    4. Integrarsi senza passaporto: può essere una scelta per alcuni, per altri è solo un fardello: per tanti giovani stranieri nati e/o cresciuti in Italia vuol dire disagi burocratici, difficoltà ad accedere a progetti come l'erasmus e a concorrere per posti pubblici. In altre parole, significa discriminazione.

    5. Il ministro Kyenge ha detto che si sente sia congolese che italiana: non vedo dove stia il problema. Chi di noi ha un'identità monolitica al cento per cento italiana? Nessuno. Non c'è alcuna contraddizione nell'avere un'identità culturale composita. L'importante è il rispetto delle leggi italiane. Ulteriore considerazione: sentire i leghisti che da sempre sputano sul tricolore attaccare la Kyenge perché si sente italo-congolose è qualcosa di surreale.

    6. Questo è il punto più importante. Vorrei che qualcuno mi rispondesse a questa domanda: a un ragazzo nato in Italia o arrivato qui da piccolo, che ha frequentato le nostre scuole magari diplomandosi e che ha tutta la sua vita qui, cosa manca per essere italiano? Che senso ha per lui l'idea di un "rimpatrio" visto che è l'Italia la sua patria?
     
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    solo per combattere la disinformazione : la Keynge non è ministro delle pari opportunità , la delega è della Idem , tedesca naturalizzata italiana , bianca e bionda a cui nessuno ovviamente non solo rimprovera ma nemmeno rimarca le origini non italiche.
    Caro Valerio , a mio avviso tutte le tue motivazioni si riducono ad una sola : la gente non lo vuole .
    Io sono più vecchio di te , se capisco bene sei nato negli anni 70 : allora e nei successivi anni , tutti i sondaggi ( e anche la senzazione a pelle da lettere sui giornali e discussioni pubbliche ) davano per certo che la maggioranza della popolazione fosse per la pena di morte e contro l'integrazione missilista nella NATO ( i famosi missili di comiso) . A mio avviso pur con tutti i suoi difetti quella classe politica (per comiso ricordiamo il ruolo di un politico come Craxi di cui ci hai parloato ) ebbe il coraggio di non badare alla "pancia della gente" , a costa di lasciare che partiti come MSI e PCI ciascuno su uno dei due temi lanciassero proclami di fuoco perchè il governo tradiva il volere della gente. Fortunatamente siamo in una democrazia delegata e la balzana e spregiudicata idea di fare referndum su quegli argomento fu stroncata sul nascere . Ora gli eredi di quei partiti ammettono di aver avuto torto . Purtroppo oggi il populismo becero ed ignorante è molto più forte .

    PS non mi hai detto quale paese applica una poltica dell' immigrazione che consideri accettabile

    PPS facilitare l' acquisizione della cittadinanza a determinate condizioni ( per semplicità ho chiamato opzione francese) darebbe visibilemnte la differenza fra chi è qui con un progetto di vita che contribuisce allo sviluppo economico e cultruale del paese e chi , illegamente o ai margini della legalità viene a fare casino . Alla fina potrebbe capirlo perfino la pancia dellaq gente, malgrado la cialtronaggine di cerrti mass media tenta in tutti i modi di impedirlo
     
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  12. Valerio Beccari
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    Caro Lucrezio52,

    Grazie per le numerose precisazioni poste ai miei precedenti interventi. Esse completano ed ampliano la mia visione d'insieme. Dunque provo a risponderti, cercando di essere il più sintetico possibile.

    Non esiste, credo, un modello d'integrazione che si possa definire 'privo di pecche'. In ogni angolo del pianeta l'inserimento massiccio di una o più ernie ha creato nuovi stravolgimenti, disagi, scarso trasporto nella popolazione locale. Se non aperta ostilità. Piaccia o meno, questo è quanto accade nei cinque continenti che compongono il globo terrestre. Una condizione che si è ripetuta nei secoli, con i vari flussi migratori.

    'La gente non lo vuole'. Che c'é di male, in questo ? La signora Kyenge, al pari di tutti gli altri ministri, sottosegretari, senatori e parlamentari, rappresenta il popolo italiano e non può non considerare l'opinione diffusa. Per questo motivo insisto tanto sul fatto che un provvedimento di simile portata debba essere sottoposto a referendum e non delegato ai soli due rami del Parlamento.
    Di contro, ove fosse promosso solo per via camerale, rappresenterebbe un inasprimento di tensioni già esistenti. Partiti e movimenti xenofobi aumenterebbero il loro credito verso le genti locali. Il ministro otterrebbe il risultato opposto a quello originario e si formerebbe una cittadinanza di serie B, vista con fastidio e rancore.

    Nei miei precedenti interventi, non ho mai chiuso la porta ad una soluzione simile a quella proposta del ministro Kyenge.
    Dico soltanto che il clima generale ed il contesto storico lo sconsigliano. Mi sembra che il dicastero dell'Integrazione ( forse non se ne sentiva la mancanza ) dovrebbe agire in modo differente. Aiutare, cioè, chi già è regolarmente residente in Italia e sconsigliare ad altri di intraprendere nuovi, infruttuosi, 'viaggi della speranza'.
    La chiusura dei Centri di Identificazione ed Espulsione, che auspico vivamente, dovrebbe corrispondere con una più celere espulsione dei non aventi diritto. Invece i C.I.E. funzionano malissimo e mi paiono simili a piccoli campi di concentramento.
    Integrare, secondo la mia visione, significa porre le basi affinché i cittadini stranieri possano vivere un'esistenza del tutto simile a quella degli autoctoni. Con gli stessi diritti e gli stessi doveri. Invece sono troppe le persone che non hanno i requisiti elementari per rimanere sul territorio italiano (casa, lavoro, pagamento delle tasse, etc etc).

    Infine: sarà pur vero che sono nato a metà degli anni '70, ma ho gli occhi per vedere; le orecchie per sentire; una coscienza critica da ascoltare. Lavorando come giornalista incontro, ogni giorno, molte persone. Mi é del tutto naturale ascoltare i loro racconti, i drammi che vivono quotidianamente, le loro piccole conquiste.
    Quando mi capita di passeggiare per le vie di Milano, sento palpabile il disagio ed il fastidio che gli italiani provano verso gli stranieri. Eppure Milano è una città cosmopolita. Come dovrebbe esserlo Atene. Invece, proprio nella città ellenica, Alba Dorata aggredisce, distrugge, inscena manifestazioni che la gente, silenziosamente, applaude.
    La crisi economica ha acuito le differenze, inutile negarlo. Cercare di mostrare artatamente che 'siamo tutti fratelli', in questo contesto, è un suicidio politico ed ideologico. Infatti l'Est Europa mostra governi retti su fazioni ultra nazionaliste (Ungheria, Polonia, Bulgaria). Mentre l'Occidente, un pò alla volta, si sta allineando.
    Sarò ancora giovane (soprattutto di spirito), ma la verità preferisco guardarla negli occhi, anche quando è tremendamente scomoda.

    Grazie.
     
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    Valerio, sono d'accordo sul fatto che non esistano modelli di integrazione perfetti e anche sul fatto che l'opinione delle persone vada tenuta in considerazione da chi legifera (cosa che purtroppo spesso non avviene). Tuttavia c'è una cosa di base da non dimenticare, ed è il rispetto della verità: se si dice che con l'introduzione di una legge sullo ius soli avremmo barconi pieni di gestanti in arrivo si agita uno spauracchio fasullo che può impedire alle persone di formarsi un'opinione serena e basata sui fatti.
    Naturalmente tutte le posizioni vanno rispettate, ma devono essere basate sulla realtà; a mio avviso la realtà dice che i ragazzi nati e cresciuti in Italia sono già italiani, anche se la legge ancora non se n'è accorta.
     
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  14. Valerio Beccari
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    ...Quindi i nati in Italia, pur considerati cittadini stranieri, al compimento del diciottesimo anno di età potranno attivare le comuni procedure per la concessione della cittadinanza. Accade tutti i giorni, mi sembra.
    Lo Ius Soli è uno strumento apparentemente inutile. Se non del tutto dannoso. Se, invece, voglia perseguire nell'errore ( ...ma sarà il Parlamento a decidere, quando ne verrà investito ufficialmente ), che si adoperino tutte le cautele del caso.
    Noi sappiamo, con discreta approssimazione, le terre d'origine dei poveri barconi carichi di disperati. Or bene: con questi Stati ( ...per lo più africani ) potremmo iniziare una profittevole collaborazione. Attraverso le nostre ambasciate sul territorio di competenza, infatti, è possibile stilare un elenco delle posizioni lavorative disponibili ( ...più o meno come accade in Australia ). Inoltre, ci impegneremmo ad aiutare concretamente lo sviluppo territoriale, così da agire su due fronti: il drastico dimezzamento dei disperati che, ogni giorno, attraversano vere odissee per giungere in un Paese che non può offrir loro null'altro che un rimpatrio certo o il nulla assoluto. E la creazione di opportunità ( ...mi viene in mente il microcredito ) professionali nei Paesi d'origine.
    Sulla possibilità di avere un numero sensibile di puerpere appresso alle 'navi della speranza' ( ...si fa per dire ), mi sembra evidente che, almeno nel primo periodo di applicazione dello Ius Soli essa sarà elevata. Come ci si dovrebbe comportare, in questo caso ? Umanità impone di accogliere le partorienti e prestar loro le cure del caso. Pragmaticamente, si dovrebbero valutare le singole posizioni. Cosa oggettivamente di difficile applicazione.

    Insomma, miei buoni amici, che male c'é nel lasciare le cose così come stanno?
    Se vogliamo aiutare questi Paesi disagiati e, spesso, poverissimi senza intaccare la nostra nazione, ci sono molti altri metodi. Non già riconducibili alla cooperazione internazionale in stile anni '80, quando si inviavano container carichi di farmaci ed alimenti non conservabili per assenza delle apposite attrezzature, bensì aiutando i suddetti a crescere economicamente. Favorendo l'agricoltura e l'impresa, quasi del tutto assente.
    Con questi improvvidi provvedimenti, invece, a crescere rischia d'essere la xenofobia ( ...già a livelli preoccupanti allo stato delle cose ) e la manovalanza per la malavita organizzata.
    Per quanto mi riguarda non prestiamo un buon servigio a nessuno. Men che meno alla nostra gente che, ne converrete, ha la priorità assoluta.
     
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    Dunque Valerio, se la legge sullo ius soli prevederà (come da proposta della scorsa legislatura) che siano considerati italiani i nati in Italia figli di immigrati regolarmente risiedenti nel nostro Paese da almeno cinque anni, come potremmo avere i barconi delle puerpere?
    In secondo luogo: è vero che ai diciotto anni i figli di immigrati nati in Italia possono chiedere la cittadinanza, ma questa cosa va a mio avviso cambiata perché fino al compimento della maggiore età devono subire discriminazioni a cui porre rimedio (è difficile per loro anche solo andare in gita all'estero); inoltre basta che nei primi diciotto anni di vita siano stati fuori dall'Italia per più di sei mesi perché perdano il diritto di fare domanda di cittadinanza. La cittadinanza alla nascita non è dunque un dettaglio.
    Per il resto la legge secondo me dovrebbe anche occuparsi dei bambini giunti qui da piccoli o piccolissimi legando l'ottenimento della cittadinanza ai cicli di studi compiuti.

    EDIT: Ultimi interventi spostati in un nuovo sondaggio che ne racchiude maggiormente i contenuti. I voti vanno riespressi; scusate per il disagio.

    Edited by Oskar - 20/5/2013, 17:45
     
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