Le patrizie avvelenatrici

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  1. DaunoApulo
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    Leggendo Tito Livio si scopre come il primo caso di avvelenamento avvenne nel 331 a.C. .Questo fu un anno che vide nell'Urbe strane morti dovute ad una epidemia. Molti personaggi influenti perirono sotto di essa sotto il consolato di Claudio Valerio e Valerio Potino. Accadde però che una schiava confessò all'edile curale Quinto Fabio Massimo, in cambio di protezione, che le arcane morti in Roma non erano dovute ad una epidemia, ma bensì alla mano femminile: delle matrone preparavano veleni da somministrare ai loro mariti. Difatti i veleni, uccidendo per via indiretta, sono stati spesso i migliori amici degli assassini.
    Dopo aver fatto irruzioni nelle case, le autorità arrestarono diverse patrizie, fra le quali Livio ci narra di due di esse specialmente, Cornelia e Sergia, che cercarono di difendersi dicendo che in quelle ampolle altro non c'era che dei medicinali. Ma la schiava le sfidò dicendo loro che, se veramente fossero stati dei medicinali, potevano bere senza alcun pericolo. Cornelia e Sergia, accettando, perirono fra i dolori in pochi minuti. Oltre a queste due patrizie, vennero arrestate in tutto altre centosettanta persone. Da quel momento, quando venivano nominati i dittatori, lo si fece con il rito dell'affissione del chiodo, come una espiazione delle colpe. Accaduto ciò, venne nominato dittatore Gneo Quintilio, che a sua volta elesse L.Valerio come mastro della cavalleria. Appena eletti , dopo l'affissione del chiodo, deposero la loro carica.
    E' strano comunque, visto che il tutto rimane un mistero di quell'epoca, che le due patrizie bevvero nelle ampolle il veleno da loro creato, sapendo di andare a morte certa. Può essere che in realtà vi sia stata una pestilenza non pervenutaci, e che le due donne avessero creato realmente dei medicinali che poi tanto efficaci non furono. Ma esse, sicure della loro efficacia, bevvero credendo che non potessero nuocere loro. Livio ci narra che evidentemente si erano sbagliate.
    Fatto sta che all'opoca di Quinto Fabio Massimo, in questa vicenda furono coinvolte la gentes più potenti.

    Nullam adulteram non eandem esse veneficam (Catone)

    FONTI: Tito Livio, Ab Urbe Condita Libri (Libro VIII), e “Storia di Roma Antica”, di Cerchiai, Mainardis, Manadori, Matera, Zaccaria.
     
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    Bravo Dauno, i classici spesso sono meglio dei racconti d'avventura, in questo caso il racconto è meglio di tanti "gialli".

    Il testo originale con traduzione si trova gratuitamente qui in formato PDF:

    http://www2.classics.unibo.it/Didattica/LatBC/PsQuint319.pdf
     
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    Io, fantasticando, e avendo una certa tendenza al dramma, penso che le due patrizie, vistesi scoperte, bevvero volontariamente il veleno per sottrarsi così all'onta del giudizio e della condanna. Ma sono, appunto, fantasie.

    Così di certo avrebbe raccontato la storia il britanno agitator di lance.

    Edited by dceg - 23/5/2016, 22:21
     
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    Tito Livio può essere altrettanto drammatico, tenendo conto del diversi fatti, ricordi il monologo del Giulio Cesare?
    Bè, questo quadretto di una concione nel foro da l'idea del pathos che si creava in quelle riunioni e dell'importanza della retorica:

    https://storiaepolitica.forumfree.it/?t=46416698
     
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3 replies since 23/5/2016, 17:11   426 views
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