|
|
Traduzione:
Proteste in America Latina: "il perpetuarsi al potere è ciò che crea più danni nella regione" Moisés Naìm
In pochi mesi la regione ha visto come il Perù, l'Ecuador, il Cile e la Bolivia sono entrati in forte crisi politica accompagnata da proteste in strada.
Molti si domandano se paesi come Colombia o Argentina potranno conoscere processi simili.
"Continueremo manifestando finché i popoli continueranno a credere che si governa per loro e non per pochi".
Però ad ogni modo ogni caso ha le sue proprie cause. Compararli dal presente è un esercizio rischioso.
Questo però non significa che l'attualità nella regione non possa essere analizzata sotto un punto di vista unificante.
L'economista ed ex ministro venezuelano Moisés Naìm, che vive a Washington, è uno degli esperti di America Latina che ha cercato di vedere l'ondata delle proteste sotto una prospettiva unificante.
Anche se insiste nelle differenze tra un caso e l'altro, ha tentato di dare una spiegazione generale.
BBC Mundo ha parlato con lui.
"C'è qualche elemento comune che permette di spiegare le proteste in America Latina?"
Le differenze sono tante e forse più profonde dei punti in comune. Le ragioni delle proteste in Cile sono diametralmente opposte a quelle in Bolivia.
Ciò che c'è in comune tra i casi è che in America Latina stiamo assistendo di nuovo ad uno shock esterno dopo il boom delle materie prime.
Non è la prima volta che c'è un periodo di prosperità prodotta da fattori esterni, come l'aumento del prezzo dei prodotti che l'America Latina esporta, a cui segue una disperata caduta dei prezzi delle commodities che implica riforme economiche che generano tagli, aumento dei prezzi, aumento della disoccupazione, maggiore inflazione.
Questo è un ciclo attraverso il quale l'America Latina è passata molte volte, pero questa volta c'è un elemento differente importante, cioè il fatto che la bonanza di inizio secolo ha creato la classe media più numerosa della storia (in America Latina).
Oggi ci sono più che mai latinoamericani fuori dalla povertà rispetto al passato.
Queste persone stanno lottando disperatamente per non cadere nella povertà. E' gente più educata, più curiosa, più disillusa e scettica nei confronti dei propri governi, più intollerante nei confronti della disuguaglianza e della corruzione, che cerca di sopravvivere come classe media.
Inoltre è una classe media iper-connessa. In America Latina il tempo di connessione a internet è il più alto del mondo.
"Però, per questo protestano in Bolivia?"
No, Bolivia è sempre stato un paese politicamente ed economicamente diviso tra La Paz e Santa Cruz.
Ciò che ha scatenato le proteste è stato il tentativo di Evo di perpetuarsi al potere. Non dimentichiamo che già ci ha provato con un referendum che ha perso nonostante abbia ottenuto il permesso dalla Corte Suprema per candidarsi per il fatto che la candidatura è stata qualificata come diritto umano.
Se fosse così, la democrazia non esisterebbe, perché la democrazia presuppone un termine ai periodi presidenziali.
Successivamente si sono commessi brogli alle elezioni, come ha affermato l'OAS (Organizzazione degli Stati Americani) e questo ha mobilizzato la gente nelle strade.
"Dunque non c'è una crisi della classe media in Bolivia"
Io credo che ci si sia stancati di Evo, al di là del fatto che la storica classe media di Santa Cruz protesta.
Questo terremoto politico riguarda una quantità di gente molto più amplia, gente che non si occupa della politica quotidianamente.
Non è sufficiente dire che è la classe media.
"Crede che questa <<fatiga>> verso un leader si veda altrove nel resto dell'America Latina?"
Sì, il grande problema dell'America Latina non è il populismo, è il <<continuismo>>, il sostegno verso una bad governance per decenni.
Lo abbiamo visto con Chavez e Maduro in Venezuela, che sono stati al potere per 20 anni, lo abbiamo visto con Evo, che era al potere da 13 anni, lo abbiamo visto in Brasile, dove il PT di Lula e Dilma è stato al potere per un paio di decenni, e si vede con i Kirchner in Argentina.
Il perpetuarsi al potere è ciò che più danneggia l'America Latina.
"E crede che Sebastian Piñera, presidente già tra il 2010 e il 2014, o l'Uribismo in Colombia, che è stato rieletto e ora è nuovamente al potere, fanno parte di questa linea?"
Assolutamente, Non ci sono eccezioni. Per me tutti dovrebbero rimanere un mandato e a casa.
"Crede che le proteste in Bolivia avranno conseguenze in Venezuela?"
Sì, i venezuelani potrebbero essere ispirati da ciò che è successo in Bolivia. Senza dubbio fa effetto vedere i boliviani manifestare e raggiungere un cambiamento in modo relativamente pacifico, soprattutto rispetto alle transizioni precedenti in questo paese.
Ciò dimostra che un cambio è possibile. E' un effetto dimostrativo. Dimostra che questi governi che sembravano intoccabili, monopolisti, monolitici, saldamente al potere, non lo sono poi così tanto.
"Dunque, affinché vi sia un cambio in Venezuela, è necessario un movimento simile a quello boliviano che includa i militari e che comporti una rinuncia con la forza?"
Non lo sappiamo. Queste transizioni dalla dittatura alla democrazia sono diverse tra loro.
Attenzione che Evo non si riferisce a un golpe militare, bensì a un golpe civile.
Non è la stessa cosa che un militare salga al potere dal nulla rispetto ad un presidente che per la pressione della piazza e della comunità internazionale rinunci. Morales e i suoi alleati hanno rinunciato.
"E questo non potrebbe succedere in Venezuela?"
In Venezuela giocano due attori: i militari e i cubani. Ciò non accadeva in Bolivia.
Dunque se non viene interrotto il controllo di La Habana su Caracas e se i militari continuano ad essere disposti a mantenere Maduro al potere assassinando i propri compatrioti, è difficile che si verifichi un cambio.
"Dunque, se ci fosse una riorganizzazione dell'opposizione in Venezuela, si risolverebbe comunque in un nulla di fatto?"
Non lo sappiamo. La variabile centrale di queste cose è la sorpresa.
(Link in lingua originale nel mio intervento precedente)
Edited by RedArmy - 1/12/2019, 15:18
|
|