Venezuela Saudita: un'analisi su radici e responsabilità della crisi

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    Con questa discussione, sperando di far cosa gradita ai molti che nel corso del tempo si sono interessati al Venezuela e all'America Latina in generale, mi propongo di trasformare in un intervento sintetico il lavoro che ho portato avanti per terminare il mio percorso di studi (per chi non mi conosce, Relazioni Internazionali). Il tema del mio lavoro è il settore petrolifero del Venezuela, che ho studiato dalla sua nascita ufficiale, nel 1914 (scoperta del primo pozzo di dimensioni notevoli e prime concessioni alle multinazionali) fino ad oggi. Grazie a questo macro-tema ho avuto modo di trattare tutti i fattori accidentali che hanno a che fare con la materia prima: rapporti internazionali fondati sul commercio e il soft power (Stati Uniti, Russia, Cina, Cuba, OPEC e i reciproci rapporti con il Venezuela), dimensione economica (evoluzione del peso del petrolio in percentuale sul PIL, sul totale delle esportazioni, sul totale delle entrate fiscali) e, in ultimo, riflessioni sulle responsabilità della crisi attuale. E' una responsabilità che ricade totalmente sul regime attuale? Se è possibile individuare molteplici fattori, soprattutto di lungo periodo, che hanno influito sulla crisi attuale, possono essere riconosciute e soppesate diverse responsabilità?

    Ho diviso la discussione in sottocapitoli, di cui riporto il periodo cronologico trattato di seguito, in modo da consentire anche una lettura solo parziale, in base ai propri interessi.

    1) Fatto il Venezuela c'è da fare il venezuelano: la comparsa del petrolio - Inizio '900 (State Building)
    2) La Radice del male: 1940 - 1980
    3) Il Chavismo: 1998
    4) Attacco al cuore di PDVSA: 1990 - 2005
    5) Sostenibilità del programma economico chavista e relazioni internazionali: 2000 - 2013
    6) Il ruolo internazionale del Venezuela di Maduro: Attualità
    7) La prospettiva futura


    1) Fatto il Venezuela c'è da fare il venezuelano: la comparsa del petrolio

    Al momento della scoperta della ricchezza venezuelana, il paese caraibico aveva un'economia basata su caffè e cacao, coltivati da forza lavoro sotto-qualificata: da piccoli agricoltori per il sostentamento famigliare, e dai peones per i latifondisti nel paese. A livello politico inoltre, la situazione era un caos: nel 1902 le cannoniere inglesi, tedesche e italiane presero perfino a cannonate i porti del paese per esigere il pagamento dei debiti, occasione che poi porterà al famoso corollario Roosevelt della dottrina Monroe. I caudillos si succedevano con frequenza al potere, rendendo vano il regno della legge e qualsiasi progetto politico. Il fortunato dittatore che governava il Venezuela al momento della scoperta petrolifera, era Juan Vicente Gòmez, che con le nuove entrate ci edificò lo Stato: esercito, burocrazia e tutto ciò che servì a completare il processo di State Building nel paese. Indirettamente, il petrolio fa anche i venezuelani: negli stabilimenti petroliferi aperti dalle multinazionali, il management (di solito europeo) lotta contro una cultura contadina e famigliare diffusa, in cui il lavoro, molto spesso, non è conosciuto come un rapporto economico-sociale tra datore di lavoro e dipendente, ma ancora come prodotto delle braccia della forza lavoro, che quindi ha ritmi, pause e cultura totalmente diversi rispetto al lavoratore di classe medio-bassa che svolge la propria occupazione per otto ore al giorno. Il petrolio, in sostanza, cambiò la cultura creando al contempo un'aristocrazia operaia. Fattore interessante, è che in questo modo, il petrolio stemperò il conflitto di classe: non c'è stato un conflitto evidente, di stampo europeo, tra lavoratore dello stabilimento e multinazionale (anzi, la Shell era perfino chiamata Mama Creole!), quanto piuttosto un cleavage campo/industria, tra latifondisti che cominciano a cadere dalla piramide sociale e si reinventano come classe medio-alta cedendo le proprietà, e lavoratori e multinazionali: le seconde per gli ingenti guadagni, i primi per uno stipendio che, sul piano relativo, è di molto superiore al potere d'acquisto della popolazione venezuelana nel suo complesso.

    2) La radice del male

    Se sul breve termine comporta fortuna, la gestione dell'economia petrolifera prepara anche grandi difficoltà per il futuro del paese. Già negli anni '40, infatti, il Venezuela è un petro-state: definizione dell'economista Di John J. valida per quei paesi in cui il petrolio conta per almeno il 10% del PIL e il 40% delle esportazioni.

    Cattura-1

    Anche per quanto riguarda il peso del petrolio sulle entrate pubbliche, l'indicatore punta al rialzo.
    Sia l'economia internazionale che quella interna, segnalano una crescente dipendenza verso il settore petrolifero. Sicuramente il Venezuela esce anche dallo stato feudale dell'economia: si colloca nel mercato internazionale con un ruolo importante, anche se la posizione, il know-how interno e gli indicatori socioeconomici la relegano ancora alla periferia.
    Tuttavia, una dipendenza elevata da una materia prima, significa anche una posizione instabile, una dipendenza dal prezzo del petrolio, con le sue oscillazioni discontinue, e, soprattutto, sul piano interno anche un debole rapporto elettori/eletti: considerando che la maggior parte delle risorse sono raccolte attraverso il petrolio, la responsabilità dello Stato nei confronti degli elettori è piuttosto ridotta; d'altronde, non sono le tasse dei venezuelani a reggere lo Stato! In questa condizione, anche la cultura elettorale venezuelana oscilla proprio come il prezzo del petrolio: Carlos Andrés Pérez, presidente dopo la bonanza petrolifera dello Yom Kippur, diverrà il politico più amato, mentre, durante il secondo mandato, alla fine del tempo delle vacche grasse (1988), verrà quasi cacciato per impeachment, tra la rabbia popolare. Materialmente, il Caracazo segna l'esplosione della rabbia popolare: il prezzo di un biglietto per il trasporto interurbano a Caracas, passa in una notte da 6 bolivares a 18. I cittadini reagiscono dando alle fiamme gli autobus e la Quarta Repubblica si avvia al tramonto sotto il peso della sfiducia popolare. In realtà, quanto accaduto è un fenomeno ben conosciuto. Collier P. lo chiama "trappola delle risorse naturali", descrivendo la situazione in Nigeria negli anni '80. La stessa cosa accadde in Venezuela: i petrodollari che dopo la guerra dello Yom Kippur fluiscono in Venezuela, non possono essere assorbiti dall'economia locale; la produzione non sta dietro alla disponibilità di denaro che entra nel paese, e dunque c'è una prima grande inflazione, che in Venezuela non si vedeva da almeno cinquanta anni. La classe politica, inoltre, nell'euforia generale, ritiene di poter incrementare le entrate chiedendo prestiti, fiduciosa di ripagare i debiti grazie al petrolio, con l'obiettivo di costruire la Gran Venezuela. Il risultato è chiaramente un disastro e mentre il paese precipita, emerge la corruzione della classe dirigente, arricchitasi spesso in modo intollerabile, come emerge dallo scandalo dei pescherecci venduti alla Bolivia, paese notoriamente senza sbocco marittimo. Fiducioso proprio nei confronti della ricchezza petrolifera del paese, l'elettorato non tollera un peggioramento delle proprie condizioni, e individua responsabilità nella classe politica e nella comunità imprenditoriale, che, in verità, negli anni addietro avevano prosperato instaurando un clientelismo simbiotico.
    Se il paese non affonda, in verità, è forse per l'unica mossa azzeccata: la nazionalizzazione del petrolio. Monreal E., studioso messicano della nazionalizzazione venezuelana a livello giuridico, specifica nel proprio studio che nazionalizzazione non è sinonimo di cattiva gestione. Considerata la situazione venezuelana, la legge prevedeva già la prossima scadenza delle concessioni petrolifere, nel 1983. La produzione petrolifera aveva toccato la stagnazione, poiché le multinazionali tendevano adesso a ridurre i costi disinvestendo piuttosto che massimizzare il profitto investendo, preparandosi ad abbandonare il campo tra pochi anni. La nuova PDVSA nazionale diventa il gioiellino nazionale: il management privato, in continuità con la cultura impresariale precedente, mantiene un'elevata autonomia rispetto alla classe politica (anche se non mancano le battaglie politica-impresa). PDVSA espande la produzione spuntandola anche contro l'OPEC, contribuendo all'abbandono della politica del blocco dell'output (London Agreement 1983). In meno di due decenni, l'impresa di Stato diviene il terzo produttore mondiale di petrolio, dopo Shell ed Exxon, quinto fornitore tedesco e perfino proprietario della statunitense CITGO.

    fiscal-revenues

    3) Il Chavismo

    Alla fine del secolo XX, il Venezuela è tra i paesi più ricchi dell'America Latina, ma è socialmente infiammato. La classe politica venezuelana, nel suo complesso, non è riuscita a gestire adeguatamente il settore petrolifero, ha perso molte occasioni, ed è costretta spesso a richiedere l'aiuto di PDVSA per avere liquidità. La liberalizzazione economica, più che superficiale, manca in realtà di un obiettivo programmatico: mentre alcune tariffe industriali sono abbassate addirittura del 132%, come riporta l'economista Di John J., l'impiego pubblico continua a crescere in modo ipertrofico: durante l'esecutivo Caldera (1993 - 1998), aumenta del 4%.
    Nel 1992, un tenente colonnello, Hugo Chàvez, assalta Miraflores con l'obiettivo di arrestare Carlos Andrés Pérez. Il presidente gli sfugge, pare senza che il militare potesse sparare un colpo, ed è costretto alla resa e alla prigione; non prima, tuttavia, di presentarsi in diretta televisiva assumendosi la totale responsabilità di quanto accaduto, dando un messaggio che colpì milioni di venezuelani abituati a tutt'altro atteggiamento.
    Quando Caldera si presenta alle presidenziali del 1993, lo fa avvicinandosi alla massa di elettori simpatizzanti del golpista, giustificando l'accaduto. Con un'abile e spregiudicata mossa politica, Caldera abbandona lo storico partito cristiano-democratico, costruendo una coalizione-ammucchiata di 18 partiti, vincendo la presidenza con il 30,30% dei voti. E' la prima volta che Copei e AD, il partito cristiano-democratico e quello socialdemocratico, non vincono le elezioni. Un anno dopo, Caldera premia il proprio elettorato liberando proprio Chàvez e gli ex golpisti dalla prigionia, con un'amnistia.
    In vista delle elezioni del 1998, il Comandante gira il paese facendosi conoscere. Nei sondaggi è secondo, dopo l'ex miss universo Irene Saez. Quando quest'ultima accetta l'appoggio politico del COPEI, la patente di outsider politico (e antiliberale) di Chàvez, fa la differenza nel garantire al militare la vittoria presidenziale, con l'appoggio elettorale più ampio in tutta la storia del paese.

    4) Attacco al cuore di PDVSA

    Su quello che già era un settore mal gestito, nel suo complesso, dalla classe politica, il chavismo si abbatte come una tempesta. L'elettorato chavista non apprezza il management della compagnia di Stato. I tempi di "Mama Creole", sono lontani, la cultura dei chavisti è una cultura nazionalista, con una storia longeva e radicata nel paese, che guardava alle compagnie private come attore intruso, che capta la ricchezza dell'oro nero esportandola nel primo mondo. L'autonomia di PDVSA, è secondo questa cultura un tradimento dei politici e una manovra delle multinazionali che sono uscite dalla porta principale tornando di soppiatto. Forse l'idea non è del tutto campata in aria: nel 1992 PDVSA invita il capitale privato a tornare, forte della sua vittoria sulle imposizioni di una classe politica ormai sconfitta e rassegnata alla fine della Quarta Repubblica. C'è comunque da dire che tale apertura al capitale ha anche fatto la fortuna della compagnia, alleviando le condizioni interne e giocando un ruolo di prestigio nell'economia internazionale, da attore di primaria importanza.
    Chàvez tuttavia non vede il petrolio come una materia prima da gestire e coltivare, è convinto che per gestire PDVSA basti "un buon manuale e un chavista che sappia leggere". Il programma politico del chavismo è quello di sconfiggere la povertà proprio grazie ai fondi di PDVSA, ma il management interno reagisce alle pretese chaviste incrociando le braccia e paralizzando l'economia dal dicembre del 2002 al febbraio del 2003: l'obiettivo è quello di fomentare il malcontento contro il governo. In un certo senso ci riesce: la classe media recepisce il messaggio e concorda, le classi basse delle periferie urbane, invece, vengono raggiunte dagli aiuti alimentari previsti dal Plan Bolivar, che fa uscire i militari dalle caserme, dove non torneranno più, per il supporto al regime. A livello internazionale, l'opposizione non riceve alcun sostegno concreto: un anno prima, un golpe che ha visto il supporto, tra gli altri, di Spagna e Stati Uniti, è fallito, rivelando la difficoltà di estromettere un presidente con un appoggio molto forte tra elettori (e attori paramilitari!). Gli USA inoltre sono impegnati in Medioriente, e vorrebbero che il petrolio del primo esportatore di greggio verso nord, continuasse a fluire: non possono sostenere una paralisi economica del paese caraibico. Chàvez riceve poi sostegno da Fidel Castro e tecnici perfino da Lula. Lo sciopero è sconfitto e Chàvez licenzia i manager di PDVSA in diretta televisiva, soffiando in un fischietto e dicendo "Offside". PDVSA diviene una compagnia completamente distolta dal suo core business: la maggior parte dei fondi viene utilizzata per programmi sociali, per le infrastrutture di Caracas e per costruire un'impalcatura economica fondata su cooperative dipendenti dai fondi governativi stanziati attraverso la Misiòn Vuelvan Caras.

    5) Sostenibilità del programma economico chavista e relazioni internazionali

    Se dal punto di vista della riduzione della povertà il programma chavista sembra fare miracoli, praticamente dimezzandola, a livello economico la sostenibilità del progetto è solo apparente: fino al 2009, con il prezzo del petrolio sopra i 50 dollari a barile (spesso sopra i 100), il Venezuela cresce anche a ritmi del +10% del PIL, mostrando ancora una volta la sua estrema dipendenza dal petrolio.
    Questo andamento positivo permette a Chàvez anche di forgiare un nuovo pattern di relazioni internazionali con il paese caraibico proprio al centro: la prima mossa venezuelana è quella di resuscitare l'OPEC: organizzazione ormai in conflitto e decadenza, già abbandonata da Ecuador e Gabon, Hugo Chàvez riesce a riconciliare "corvi", fautori di output basso e prezzo alto, e "colombe", fautori di output alto e prezzo basso, potendo contare su maggiori riserve e dunque su una progressiva espansione della produzione. Da sempre appartenente al fronte delle colombe, il Venezuela chavista si avvicina ai falchi, forse a causa delle difficoltà produttive di PDVSA, nascoste dall'alto prezzo; ad ogni modo, la natura venezuelana di Stato con le maggiori riserve petrolifere al mondo, fa apparire il protagonismo venezuelano un buon compromesso anche per le colombe come l'Arabia Saudita e il Kuwait: nel 2000 Caracas ottiene la presidenza dell'organismo, pur non riuscendo a farne "la tomba dell'impero" come desiderato dal comandante.
    All'interno dell'America Latina, Chàvez concede molto a Fidel Castro, divenendo per Cuba una nuova Unione Sovietica: con il Convegno Cuba-Ven (2000), Caracas concede a La Habana fornitura gratuita di petrolio senza vincolo d'uso: Cuba può così riesportare il petrolio ricevuto gratuitamente, ricavandone, secondo il Banco Interamericano de Desarrollo, 4 milioni di dollari.
    Hugo Chàvez permette ai cubani anche di esportare il proprio apparato di intelligence e controllo nel paese: secondo documenti pubblicati su WikiLeaks, provenienti dall'ambasciata statunitense a Caracas, dai tre ai cinque aerei al giorno portano cubani nel paese caraibico. Gli alleati gestiscono le gerarchie militari ma non solo, hanno un ruolo importante anche nel settore agricolo, certamente in quello sanitario, e perfino nella burocrazia statale: con la Misiòn Identidad, in pochi mesi partecipano alla naturalizzazione di 100.000 cittadini originari dei Caraibi, bacino elettorale chavista, per favorire il comandante nel Referendum del 2004. Precedentemente, la media annuale dei naturalizzati era di circa 45.000 unità.
    Oltre a sussidiare Cuba, il Venezuela si assume un ruolo analogo anche nel resto della regione, con un'occhio speciale proprio ai Caraibi, come sfera di influenza privilegiata di Caracas e La Habana: qui, paesi come Haiti, ricevono il 100% del proprio fabbisogno energetico. In altre occasioni, Caracas si propone come acquirente di materie prime alimentari (e d'altronde ne ha bisogno, considerando la esigua produzione del paese caraibico rispetto al potere d'acquisto dei venezuelani): la Guyana invia a Caracas il riso, dapprima destinato al mercato olandese, Nicaragua invia il latte (e il presidente Ortega promuove l'immagine di Chàvez in tutto il paese). Nel Cono Sud, gli alleati sono in realtà un po' meno entusiasti di un presidente così radicale: i Kirchner, in Argentina, ne accettano l'appoggio (d'altronde Chàvez permette loro di ripagare il debito con il FMI), ma non hanno intenzione di impegnarsi troppo a fondo in una crociata anti-statunitense. Il Brasile di Lula è ancora meno entusiasta di un intervento che non solo potrebbe turbare le relazioni con il nord, ma che soprattutto può alterare le dinamiche del mercato petrolifero. Anche la piccola Trinidad e Tobago, altro paese esportatore di petrolio, non appoggia il programma pseudo-imperialista di Chàvez e Castro nei Caraibi.
    Ad ogni modo, il ciclo economico del paese entra in una fase già conosciuta alla fine degli anni '70: nel momento in cui il ciclo petrolifero si inverte e il prezzo del greggio punta al ribasso, il Venezuela si ritrova ancora una volta alla sprovvista. Il tentativo di salvare il potere d'acquisto dei venezuelani alzando il salario e imponendo un calmiere dei prezzi, alza prima l'inflazione, e poi stimola il mercato nero. A salvare il prestigio di Chàvez (nonché la continuità del chavismo) è, paradossalmente, la morte del comandante, che stringe gli elettori al lato del successore designato: Nicolàs Maduro

    6) Il ruolo internazionale del Venezuela di Maduro

    Rifiutandosi di invertire la rotta rispetto alle misure economiche del chavismo, l'esecutivo del presidente de facto Nicolàs Maduro ha solo aggravato la situazione del paese, con un'inflazione arrivata oggi ai 10.000.000% all'anno. L'impossibilità di utilizzare la forza propulsiva del petrolio per importare, getta frequentemente il paese nella penuria alimentare e sanitaria.
    Le nuove condizioni economiche hanno distrutto non solo il tenore di vita della popolazione, ma lo stesso protagonismo internazionale del paese: arrivato al collasso socioeconomico, nessuno è più disposto a morire per Caracas, eccetto Cuba.
    A livello internazionale, il chavismo ha rappresentato l'abbandono di uno storico atlantismo, per collocare il paese nel campo opposto, vicino a Russia e Cina. La Cina può riconoscere al Venezuela di essere stata la porta d'ingresso nel continente americano, tuttavia, per quanto in passato abbia sostenuto Caracas, non confida in Maduro, e teme di rimanere intrappolata nella trappola del credito, in quanto il Venezuela non sembra riuscire a restituire i suoi debiti. Per questa ragione, pare che Pechino abbia già preso contatti con Guaidò, e potrebbe essere disposta ad abbandonare il campo qualora si discuta anche sul futuro dell'influenza statunitense nel mare cinese.
    A quel punto, l'unico attore di rilievo a sostegno di Maduro sarebbe la Russia. Maduro ha ceduto al colosso energetico russo Rosneft, il 49,99% delle quote di CITGO appartenenti a PDVSA. Trump ha congelato il resto consegnandolo a Guaidò, dichiarando di voler salvaguardare ciò che appartiene ai venezuelani, in realtà invitando Guaidò a comprarsi l'esercito di Maduro, zoccolo duro del regime, che ancora non ha cambiato la propria posizione (complice probabilmente anche il controllo di Cuba sulle gerarchie militari). Ciò potrebbe portare ad una battaglia legale tra USA e Russia proprio sulla posizione di Venezuela (e Russia) nel mercato petrolifero statunitense, ma, ancora una volta, difficilmente Putin potrà rischiare troppo nel cortile di Washington (soprattutto se dovesse rimanere solo).
    Anche a livello regionale, Maduro non gode della stessa rete di alleanze del passato: oltre ad aver perso tutti i principali alleati, eccetto Cuba, è contestato dal Mercosur e dal Gruppo di Lima, che non ne riconoscono la legittimità. Tra i nemici storici, solo il Messico di Lòpez Obrador ha abbandonato l'offensiva in favore di una benevole neutralità, comunque non attiva, poiché la difesa del regime sarebbe un costo eccessivo da affrontare.

    7) La prospettiva futura

    A prescindere dal difficile intreccio internazionale formatosi attorno al Venezuela, anche se il paese riuscisse a liberarsi di Maduro, rimane il grande problema della produzione nel paese: oltre al fatto che il superciclo delle materie prime è terminato, il 2020 non lascia speranze sul rilancio del settore petrolifero venezuelano: secondo gli esperti in materia, la produzione petrolifera venezuelana impiegherebbe almeno un decennio per raggiungere i livelli degli anni '90 (circa 2,5 milioni di barili al giorno, mentre oggi è ferma a 700.000 e rischia di crollare sotto la quota della sostenibilità, ovvero 500.000 barili al giorno). Anche ipotizzando un rapido recupero, non è detto che il settore petrolifero resti importante per tutto questo tempo: da una parte non bisogna dimenticare che il Venezuela dovrà recuperare anche il know-how emigrato all'estero (4 milioni di venezuelani hanno abbandonato il paese), dall'altra, oltre agli alti investimenti (non solo economici, ma anche in termini di fiducia) necessari per rivitalizzare il paese, nel contesto del cambiamento climatico potrebbe diventare meno costoso lavorare con un greggio meno impuro rispetto a quello caraibico, penalizzando proprio il Venezuela.

    barili-al-giorno

    barili-di-petrolio-al-giorno

    greggio-destinazione

    (Presto includerò bibliografia completa)

    Edited by RedArmy - 17/7/2020, 09:04
     
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    Grazie per il, già a prima vista, interessantissimo contributo, che richiede una attenta lettura!
     
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    Lascio la bibliografia completa per eventuali approfondimenti:

    Armendáriz, B. & Larraín, F. (2017). The Economics of Contemporary Latin America, Cambridge: The MIT Press

    Baena, C. (1999). The Policy Process in a Petro-State. An Analysis of PDVSA’s (Petróleos de Venezuela SA’s) Internationalisation Strategy, Hants: Ashgate Publishing Ltd

    Baloyra, E. (1974). Oil Policies and Budgets in Venezuela, 1938 – 1968. Latin American Research Review, 9 (2), 28 – 72

    Béland, D. & Wiseman, C. (2010). The Politics of Institutional Change in Venezuela: Oil Policy During The Presidency of Hugo Chávez. Canadian Journal of Latin American and Caribbean Studies, 35 (70), 141 – 164

    Benzi, D. & Zapata, X. (2014). Petrolio e Petrodollari nella Politica Internazionale del Venezuela. Una Breve Rassegna Storica (1958 – 2012). Visioni LatinoAmericane, 11, s/pp.

    Benzi, D. & Zapata, X. (2013). Geopolítica, Economía y Solidaridad Internacional en la Nueva Cooperación Sur – Sur: El Caso de la Venezuela Bolivariana y Petrocaribe. América Latina Hoy, 63, 65 – 89

    BID (Banco Interamericano de Desarrollo) (2016). La Ley y Los Hidrocarburos: Comparación de Marcos Legales de América Latina y el Caribe, testo completo: https://publications.iadb.org/publications /spanish/document/La-ley-y-los-hidrocarburosComparación-de-marcos-legales-de-América-Latina-y-el-Caribe.pdf, ultima consultazione: maggio 2020

    BID (Banco Interamericano de Desarrollo) (1997). La Sostenibilidad de la Política Fiscal en Venezuela, Washington D.C.: BID, testo completo: https://publications.iadb.org/publications...n-Venezuela.pdf, ultima consultazione: maggio 2020

    Cevolin, G. (2019). Auctoritas Non Veritas Facit Legem in Limes. Rivista Italiana di Geopolitica, Venezuela. La Notte dell’ALBA, (pp. 85 – 94)


    Collier, P. (2007). The Natural Resource Trap in Collier P. in The Bottom Billion. Why The Poorest Countries Are Failing and What Can Be Done About It (pp. 38 – 52). Oxford : University Press.

    CRS (Congressional Research Service) (2019). Venezuela: Background and U.S. Relations, testo completo: https://Ecrsreports.congress.gov/product/pdf/R/R44841/17, ultima consultazione: maggio 2020

    Crazut, R. (s.a.), La Siembra del Petróleo Como Postulado Fundamental de la Política Económica Venezolana: Esfuerzos, Expectativas y Frustraciones. Caracas, Venezuela: Universidad Central, tesi di dottorato

    Cruz, D. (2009). Venezuela Ante la Baja de los Precios del Petróleo. Nueva Sociedad, 221, s/pp.

    Cuscito, G. (2019). Per la Cina l’Orinoco Non è più l’Eldorado in Limes. Rivista Italiana di Geopolitica, Venezuela. La Notte dell’ALBA, (pp. 175 – 181)

    De Bonis, M. (2019). Il Dilemma Caraibico di Putin in Limes. Rivista Italiana di Geopolitica, Venezuela. La Notte dell’ALBA, (pp. 183 – 188)

    De Corso, G. (2019). Geodemografia del Conflitto Venezuelano in Limes. Rivista Italiana di Geopolitica, Venezuela. La Notte dell’ALBA, (pp. 35 – 44)

    Di John, J. (2009). From Windfall to Curse? Oil and Industrialization in Venezuela, 1920 to the Present, The Pennsylvania State University Press

    Di Muro, L. (2019). Chi e Come Comanda a Caracas in Limes. Rivista Italiana di Geopolitica, Venezuela. La Notte dell’ALBA, (pp. 51 – 61)

    Edwards, S. (2010). Left Behind. Latin America and the False Promise of Populism, Chicago: The University of Chicago Press

    Flores, R. (2019). Il Messico Per Ora è Con Maduro in Limes. Rivista Italiana di Geopolitica, Venezuela. La Notte dell’ALBA, (pp. 211 – 218)

    Foreign Affairs (2016). Venezuela On The Brink. How the State Wrecked the Oil Sector – And How to Save It. Testo completo: www.foreignaffairs.com/articles/venezuela/venezuela-brink, ultima consultazione: maggio 2020

    Gallegos, R. (2016). Crude Nation. How Oil Riches Ruined Venezuela, Nebraska: Potomac Books

    Gates, L. (2010). Electing Chávez. The Business of Anti-Neoliberal Politics in Venezuela, Pittsburgh: University of Pittsburgh Press

    Hawkins, K. (2010). Venezuela’s Chavismo and Populism in Comparative Perspective, Cambridge: Cambridge University Press

    IADB (Inter-American Development Bank) (2016). Guyana’s PetroCaribe Rice Compensation Scheme Has Hended. Assessment and Policy Implications, testo completo: https://publications.iadb.org/publications...mplications.pdf, ultima consultazione: maggio 2020

    IADB (Inter-American Development Bank) (2015). Oil Sector Performance and Institutions. The Case of Latin America, testo completo: https://publications.iadb.org/publications...tin-America.pdf, ultima consultazione: maggio 2020

    IMF (International Monetary Fund) (2008). Constraints on the Design and Implementation of Monetary Policy in Oil Economies: The Case of Venezuela, testo completo: https://www.imf.org/en/Publications/WP/Iss...e-Case-of-21982, ultima consultazione: maggio 2020

    Karl, T. (2002). Accident or Intent? The U.S. Policy Response on the Crisis in Venezuela. Journal of Iberian and Latin America Research, 8 (1), 173 – 178

    Karl, T. (1999). The Perils of the Petro-State: Reflections on the Paradox of Plenty. Journal of International Affairs, 53 (1), 31 - 48

    Landaeta, D. (2015). PDVSA and the Nationalization of the Oil Industry in Venezuela. Procesos de Mercado: Revista Europea de Economía Política, 12 (1), 273 – 285

    Larsen, F. (2019). L’Irriducibile Antagonismo fra Caracas e Bogotá in Limes. Rivista Italiana di Geopolitica, Venezuela. La Notte dell’ALBA, (pp. 219 – 227)

    Ley Orgánica de Hidrocarburos (2006). Testo completo: www.pdvsa.com/images/pdf/marcolegal/LEY_ORGANICA_DE_HIDROCARBUROS.pdf, ultima consultazione: maggio 2020

    Limes. Rivista Italiana di Geopolitica (2020). Come Non Invadere il Venezuela. Testo completo: https://www.limesonline.com/venezuela-inva...118020?prv=true, ultima consultazione: maggio 2020

    Locatelli, N. (2019). Sull’America Latina Ha Ragione Kissinger in Limes. Rivista Italiana di Geopolitia, Venezuela. La Notte dell’ALBA, (pp. 201 – 209)

    Monreal, E. (1979). La Nacionalización del Petróleo en Venezuela. Universidad Nacional Autónoma de México

    Naffah, J. (2019). Il Petrolio Venezuelano Resta Sottoterra in Limes. Rivista Italiana di Geopolitica, Venezuela. La Notte dell’ALBA, (pp. 63 – 70)

    Rosas, P. (2019). Chi Sta con Chi in Venezuela in Limes. Rivista Italiana di Geopolitica, Venezuela. La Notte dell’ALBA, (pp. 9 – 17)

    Salas, M. (2009). The Enduring Legacy. Oil, Culture, and Society in Venezuela. Duke University Press

    Salazar-Carrillo, J. & West, B. (2004). Oil and Development in Venezuela during the 20th Century. Westport: Praeger Publishers

    Santiso, J. (2007). Latin America’s Political Economy of the Possible. Beyond Good Revolutionaries and Free Marketeers (translated by Cristina Sanmartín & Elizabeth Murry). Cambridge: The MIT Press

    Stefanini, M. (2019). Adiós Venezuela. La Fine del Chavismo da Maduro a Guaidó. Isola del Liri: Paesi Edizioni

    Strønen, I. (2017). Grassroots Politics and Oil Culture in Venezuela. The Revolutionary Petro-State. Bergen: Palgrave Macmillan

    The Dialogue (2018). What Did Maduro Accomplish on His Trip to China? Testo completo: https://www.thedialogue.org/analysis/what-...-trip-to-china/, ultima consultazione: maggio 2020

    The Dialogue (2017). Could Venezuela’s Oil Sector Survive U.S. Sanctions? Testo completo: https://www.thedialogue.org/analysis/could...-u-s-sanctions/, ultima consultazione: maggio 2020

    The Dialogue (2016). Venezuela’s Oil Sector: On the Brink of Collapse? Testo completo: https://www.thedialogue.org/analysis/venez...nk-of-collapse/, ultima consultazione: maggio 2020

    The Dialogue (2015). How Should Oil Exporters Diversify Their Economies? Testo completo: https://www.thedialogue.org/analysis/how-s...heir-economies/, ultima consultazione: maggio 2020

    The Dialogue (2013). Latin America’s Oil Sector. Testo completo: https://www.thedialogue.org/analysis/latin...st-opportunity/, ultima consultazione: maggio 2020

    The New York Times (2019). Venezuela, a Veinte Años de Chávez. Testo completo: https://www.nytimes.com/es/2019/02/02/espa...panol&smtyp=cur ultima consultazione: maggio 2020

    Uzcátegui, A. (2019). Il Disegno del Naufragio in Limes. Rivista Italiana di Geopolitica, Venezuela. La notte dell’ALBA, (pp. 19 – 34)

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    WikiLeaks (2009). The Visible Hand: Nicaraguan Exports to Venezuela. Managua, Nicaragua, testo completo: https://wikileaks.org/plusd/cables/09MANAGUA1164_a.html, ultima consultazione: aprile 2020

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    WikiLeaks (2008). PDVSA Announces Suspension of Commercial Relations With Exxon Mobil.

    Caracas, Venezuela, testo completo: https://wikileaks.org/plusd/cables/08CARACAS175_a.html, ultima consultazione: aprile 2020

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    WikiLeaks (2008). Wood Group Vice President Says PDVSA <<technically Bankrupt>>. Caracas, Venezuela, testo completo: https://wikileaks.org/plusd/cables/08CARACAS1757_a.html, ultima consultazione: aprile 2020

    WikiLeaks (2007). Chávez and Ahmadinejad Unite to Save the World from American <<imperialism>>. Caracas, Venezuela, testo completo: https://wikileaks.org/plusd/cables/07CARACAS91_a.html, ultima consultazione: aprile 2020

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    WikiLeaks (2007). Tension Behind the Scenes at ALBA. Port-au-Prince, Haiti, testo completo: https://wikileaks.org./plusd/cables/07PORTAUPRINCE833_a.html, ultima consultazione: aprile 2020

    WikiLeaks (2007). Alba Aftermath: Haiti Shrugged. Port-au-Prince, Haiti, testo completo: https://wikileaks.org/plusd/cables/07PORTAUPRINCE829_a.html, ultima consultazione: aprile 2020

    WikiLeaks (2006). Chávez Opens Opec 141st Extraordinary Meeting. Caracas, Venezuela, testo completo: https://wikileaks.org/plusd/cables/06CARACAS1616_a.html, ultima consultazione: aprile 2020

    WikiLeaks (2006). Cuba/Venezuela Axis of Mischief: The View From Caracas. Caracas, Venezuela, testo completo: https://wikileaks.org/plusd/cables/06CARACAS219_a.html, ultima consultazione: aprile 2020

    WikiLeaks (2004). Why Chávez <<won>>. Caracas, Venezuela, testo completo: https://wikileaks.org/plusd/cables/04CARACAS2671_a.html, ultima consultazione: aprile 2020

    WPR (World Politics Review) (2019). Reviving Venezuela’s Oil Industry Is Easier Said Than Done, testo completo: https://www.worldpoliticsreview.com/articl...-said-than-done, ultima consultazione: maggio 2020

    Zambrano, C. (2019). Ascesa e Caduta dello Pseudoimpero Venecubano in Limes. Rivista Italiana di Geopolitica, Venezuela, La Notte dell’ALBA, (pp. 45 – 50)

    Zanatta, L. (2014). El Populismo. Buenos Aires: Katz Editores
     
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  4. gelointenso
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    Lo studieró con attenzione.
     
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  5. BluEmme
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    Molto interessante. Purtroppo, come ha ben detto Red Army, il Venezuela è stato colpito dalla "maledizione delle risorse"...
     
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  6. gelointenso
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    La Cina non é assolutamente disposta ad abbandonare Maduro e il chavismo per Guaidó, questa é una grossa inesattezza.

    Inoltre non condivido tutta la retorica antichavista e antimadurista dello scritto, culminata all'ultimo con "anche se il Venezuela riuscisse a liberarsi di Maduro", come se Maduro fosse il problema...

    Il Venezuela mantiene diversi alleati internazionali, tra cui Cuba, la Turchia, l'Iran, oltre appunto alle giá citate superpotenze quali Cina e Russia. Il governo Maduro e la Rivoluzione Bolivariana sono solidi, e resisteranno a qualsiasi attacco dall'esterno o dall'interno.
     
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    CITAZIONE (gelointenso @ 20/7/2020, 12:11) 
    Il governo Maduro e la Rivoluzione Bolivariana sono solidi, e resisteranno a qualsiasi attacco dall'esterno o dall'interno.

    Questa, almeno come espressa, mi pare piuttosto una dichiarazione di carattere politico che una considerazione in base ai fatti.
     
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  8. gelointenso
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    CITAZIONE (dceg @ 20/7/2020, 12:45) 
    CITAZIONE (gelointenso @ 20/7/2020, 12:11) 
    Il governo Maduro e la Rivoluzione Bolivariana sono solidi, e resisteranno a qualsiasi attacco dall'esterno o dall'interno.

    Questa, almeno come espressa, mi pare piuttosto una dichiarazione di carattere politico che una considerazione in base ai fatti.

    Per me è una considerazione oggettiva, che prende atto della realtà materiale e dei rapporti di forza in gioco nel territorio venezuelano. Nemmeno l'imperialismo americano è riuscito nè riuscirà a scalfire il governo Maduro grazie al forte appoggio di cui questo gode nelle forze armate e nella popolazione, mi pare fattuale.
     
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  9. BluEmme
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    La Cina non é assolutamente disposta ad abbandonare Maduro e il chavismo per Guaidó, questa é una grossa inesattezza.

    La Cina ha una politica estera pragmatica, e credo che le relazioni con il Venezuela non siano prioritarie. Certamente nel breve periodo la Cina non ha alcun motivo per modificare la sua politica, però nel lungo periodo non ha alcun motivo per mantenerla inalterata.

    CITAZIONE
    retorica antichavista e antimadurista dello scritto, culminata all'ultimo con "anche se il Venezuela riuscisse a liberarsi di Maduro", come se Maduro fosse il problema...

    CITAZIONE
    Nemmeno l'imperialismo americano è riuscito nè riuscirà a scalfire il governo Maduro grazie al forte appoggio di cui questo gode nelle forze armate e nella popolazione, mi pare fattuale.

    A me lo spunto di discussione sembra decisamente equilibrato. Maduro costituisce un problema non per le sue idee, che potrebbero anche essere viste come virtuose (valutazioni in questo senso dipendono dalla formazione e dall'opinione ideologica di ciascuno) ma perché oggettivamente il suo inchiodarsi alla presidenza, in presenza di un forte dissenso e di una paralisi della vita civile ed economica, non sono d'aiuto al paese.

    Certamente Maduro ha la possibilità di restare al potere (e questo tra l'altro ci dimostra quanto siano stati inutili e velleitari i pronunciamenti, soprattutto da parte di vari paesi europei, nei confronti di Guaidò... aveva ragione chi, come il governo italiano, si è espresso con prudenza ed ha invitato al dialogo senza inviare a Maduro degli ultimatum) ma a che prezzo? Il suo interesse è il bene del paese o mantenere il potere?
     
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    Mi fa molto piacere che ci sia qualche commento all'intervento, cercherò di rispondere a quelli con cui sono in disaccordo o nel caso in cui abbia da fare qualche osservazione, dato che per altri avrei poco da aggiungere.

    CITAZIONE
    La Cina non é assolutamente disposta ad abbandonare Maduro e il chavismo per Guaidó, questa é una grossa inesattezza.

    Inoltre non condivido tutta la retorica antichavista e antimadurista dello scritto, culminata all'ultimo con "anche se il Venezuela riuscisse a liberarsi di Maduro", come se Maduro fosse il problema...

    Il Venezuela mantiene diversi alleati internazionali, tra cui Cuba, la Turchia, l'Iran, oltre appunto alle giá citate superpotenze quali Cina e Russia. Il governo Maduro e la Rivoluzione Bolivariana sono solidi, e resisteranno a qualsiasi attacco dall'esterno o dall'interno.

    Caro gelointenso, il fatto che io sia ideologicamente schierato contro la rivoluzione bolivariana e Maduro è innegabile. Non credo in un'informazione imparziale, credo in un'informazione che annuncia da che parte sta, ma che motiva razionalmente le proprie scelte. Per lo stesso motivo quindi, penso che di retorica, in ciò che ho scritto, non ci sia proprio nulla. C'è la mia opinione che costituisce l'architettura dell'intervento, e ci sono dati basati su fonti che ho indicato di seguito. Se mi parli di retorica, intendo che credi che il mio intervento sia basato su una componente totalmente ideologica, tuttavia, semmai avrai voglia di approfondire quanto scritto nelle fonti inserite, ti accorgerai che moltissime si basano su documenti circolanti tra le ambasciate: osservazioni di imprese che avevano accordi con PDVSA, come la multinazionale Wood che ha dovuto cessare il contratto poiché non riceveva pagamenti, e dispacci diplomatici delle stesse ambasciate latinoamericane. In alcuni casi, si tratta di attori che hanno avuto il massimo interesse a che l'impresa petrolifera funzionasse bene, poiché estranei dalla logica politica e interessati agli affari, come è giusto che sia in base alla loro natura di impresa.

    Sulle alleanze internazionali di cui hai parlato, sicuramente la Turchia è un alleato importante, come anche l'Iran. La Russia è un alleato che condivide la visione "dell'imperialismo" e ha da perdere più di quanto non abbia la Cina se Maduro venisse estromesso (per esempio quasi il 75% delle armi russe in America Latina è acquistato dal Venezuela).

    Sulla politica estera cinese, sono completamente d'accordo con BluEmme, infatti lo cito:

    CITAZIONE
    La Cina ha una politica estera pragmatica, e credo che le relazioni con il Venezuela non siano prioritarie. Certamente nel breve periodo la Cina non ha alcun motivo per modificare la sua politica, però nel lungo periodo non ha alcun motivo per mantenerla inalterata

    Aggiungerei che, proprio perché la Cina ha una politica estera pragmatica, non si fa problemi ad avere rapporti economici importanti con tutto il mondo, a prescindere dal collocamento nell'arena internazionale. In fondo è un attore che per decenni è stato visto con la lente di una teoria: China Threat Theory. Il Partito Comunista Cinese, crede molto nella teoria del soft power, molto più di quanto facciano gli Stati Uniti, e dunque, se sul piano interno l'autoritarismo rimane molto forte, sul piano internazionale la Cina si presenta come Stato responsabile e rispettoso delle regole multilaterali, soprattutto perché gli USA si stanno ritirando, e la Cina può avanzare a livello multilaterale, per conseguire un consenso globale sulla sua supremazia in Asia, in particolare nel Mar Cinese meridionale e orientale. Per la Cina, l'arena internazionale è una scacchiera, e ogni pedina posseduta dal Dragone è finalizzata al consolidamento di questo obiettivo: un neo-impero celeste in Asia.

    CITAZIONE
    Nemmeno l'imperialismo americano è riuscito nè riuscirà a scalfire il governo Maduro grazie al forte appoggio di cui questo gode nelle forze armate e nella popolazione, mi pare fattuale.

    Su questo aspetto non ho molto da dirti in realtà. Se per te "l'imperialismo americano" è una lente adeguata con cui spiegare la storia latinoamericana, allora stiamo guardando con due occhiali diversi.
    Ripropongo un pezzetto di un intervento che avevo proposto in questa sezione circa un anno fa, e cioè un tentativo di presentare la storia delle relazioni internazionali USA-America Latina nel corso del '900, in cui all'inizio ho elencato degli "strumenti metodologici" e ho scelto questa definizione di imperialismo:

    CITAZIONE
    Imperialismo: termine associato sempre più alla condotta statunitense nella regione. Se è vero che gli USA hanno sposato una missione civilizzatrice imperialista (e paradossalmente anticoloniale al contempo) nell'emisfero, che li ha portati spesso ad intervenire per la tutela dei propri interessi; la missione imperialista è presente in molti altri paesi della regione: Brasile e Argentina hanno cercato di costruire un'egemonia regionale: il primo per divenire il centro del Sud America, unico vero interlocutore con il vicino del nord, con il quale ha costruito una special relationship, la seconda come strumento per contrapporsi agli Stati Uniti legando a sé il destino dei paesi della regione, come Perón ha tentato di fare negli anni '50 arrivando ad avere un appeal addirittura nell' "area del baseball". Perfino Cuba ha avuto una sua missione imperialista e ha inviato l'esercito e il personale medico per realizzarla sia nel Caribe che nel contesto extraemisferico, durante la decolonizzazione. Addirittura è possibile rintracciare una missione imperialista in Trinidad e Tobago, che all'interno dei Caraibi ha cercato di legare a sé economicamente le piccole isole attraverso un progetto alternativo al Petro Caribe della Venezuela chavista.

    Chiaramente ognuno è libero di avere una propria opinione, io credo che parlare di imperialismo nordamericano, possa essere molto utile in relazione ad alcuni, e solo ad alcuni, periodi della storia delle relazioni tra i due emisferi, ma trovo anche che se per imperialismo, identifichiamo soltanto quello statunitense, per esempio tralasciando le manovre cubane proprio nei Caraibi: il sostegno alla guerriglia venezuelana (nel 1959, sulle spiagge del paese furono perfino rinvenute le armi destinate ai guerriglieri, con l'obiettivo di abbattere lo stato più solido e democratico dei Caraibi), il personale di intelligence che oggi lavora a Caracas, allora l'imperialismo possiamo anche buttarlo via del tutto, poiché un metro, una lente di indagine, che si adatta bene solo ad un caso, evidentemente è più ideologia che strumento analitico adeguato.

    Volevo in ultimo "ripulire la mia coscienza imperialista" con un aneddoto personale: quando studiavo ancora in triennale, inviai un messaggio di posta al mio attuale relatore, per chiedergli appunto una tesi. L'argomento della tesi, che ho spiegato per posta dilungandomi moltissimo, era la reazione latinoamericana all'imperialismo statunitense, il mio libro preferito era "Le vene aperte dell'America Latina", un libro che tra l'altro proprio Chàvez donò a Obama. Ancora adesso, so a memoria il discorso di Chàvez all'ONU nel 2006. Il mio relatore rispose che secondo lui vedevo la storia in bianco e nero, che poi non è molto diversa dal vederla in termini di buoni e malvagi. Fui molto scettico allora, e anzi, proprio come te, la reputai "retorica antivenezuelana". Tuttavia, rimasi anche colpito nel rendermi conto dell'esistenza di altre teorie sul contesto che a me interessava, e mi gettai a fondo nello studio, su quante più possibili. Effettivamente, da quando sono entrato in magistrale, il percorso "a scelta" è stato sempre finalizzato a trovare ulteriori risposte e analisi alle vicende venezuelane. Il mio lavoro finale è, in forma analitica, il riassunto di questi anni, e un approdo verso una teoria che spero, e credo, sia più complessa. Del passato in cui amavo il chavismo in modo semplice, rimangono ancora come testimonianza il mio nickname e l'avatar.

    Chiaramente sono sempre disponibile al confronto e mi fa molto piacere che tu abbia commentato, forse un pochino meno che tu ritenga retorica ciò che ho scritto, ma sono sicuro che non volessi dire che fosse basato solo su ideologia, e sono contento della partecipazione.

    Edited by RedArmy - 21/7/2020, 14:52
     
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    Il Venezuela purtroppo è uno stato fallito e la qualità della vita del Venezuelano medio dal Caracazo in poi é pura caduta libera.
    Maduro é un incompetente, credo non ci possa piovere su questo giudizio.
    Il Venezuela ha preso il "dutch disease", cioé il male olandese(dipendere da esportazioni e con i guadagn idell export importare tutto e smantellare la industria domestica) e non lo ha mai curato, a differenza di olandesi e norvegesi che lo hanno capito subito e son corsi alle contromisure.

    Purtroppo oggi il Venezuela avrebbe bisogno di una cura da cavallo che passerebbe dalla liberalizzazione completa dei media e al ritorno della merotocrazia indipendentemente dal sistema politico, perché avere un impreparato a estire le cose é la loro grande jattura
     
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  12. gelointenso
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    CITAZIONE (Visitante @ 10/9/2021, 11:33) 
    Il Venezuela purtroppo è uno stato fallito e la qualità della vita del Venezuelano medio dal Caracazo in poi é pura caduta libera.
    Maduro é un incompetente, credo non ci possa piovere su questo giudizio.
    Il Venezuela ha preso il "dutch disease", cioé il male olandese(dipendere da esportazioni e con i guadagn idell export importare tutto e smantellare la industria domestica) e non lo ha mai curato, a differenza di olandesi e norvegesi che lo hanno capito subito e son corsi alle contromisure.

    Purtroppo oggi il Venezuela avrebbe bisogno di una cura da cavallo che passerebbe dalla liberalizzazione completa dei media e al ritorno della merotocrazia indipendentemente dal sistema politico, perché avere un impreparato a estire le cose é la loro grande jattura

    Tante inesattezze
     
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  14. gelointenso
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    CITAZIONE (RedArmy @ 20/7/2020, 20:30) 
    Mi fa molto piacere che ci sia qualche commento all'intervento, cercherò di rispondere a quelli con cui sono in disaccordo o nel caso in cui abbia da fare qualche osservazione, dato che per altri avrei poco da aggiungere.

    CITAZIONE
    La Cina non é assolutamente disposta ad abbandonare Maduro e il chavismo per Guaidó, questa é una grossa inesattezza.

    Inoltre non condivido tutta la retorica antichavista e antimadurista dello scritto, culminata all'ultimo con "anche se il Venezuela riuscisse a liberarsi di Maduro", come se Maduro fosse il problema...

    Il Venezuela mantiene diversi alleati internazionali, tra cui Cuba, la Turchia, l'Iran, oltre appunto alle giá citate superpotenze quali Cina e Russia. Il governo Maduro e la Rivoluzione Bolivariana sono solidi, e resisteranno a qualsiasi attacco dall'esterno o dall'interno.

    Caro gelointenso, il fatto che io sia ideologicamente schierato contro la rivoluzione bolivariana e Maduro è innegabile. Non credo in un'informazione imparziale, credo in un'informazione che annuncia da che parte sta, ma che motiva razionalmente le proprie scelte. Per lo stesso motivo quindi, penso che di retorica, in ciò che ho scritto, non ci sia proprio nulla. C'è la mia opinione che costituisce l'architettura dell'intervento, e ci sono dati basati su fonti che ho indicato di seguito. Se mi parli di retorica, intendo che credi che il mio intervento sia basato su una componente totalmente ideologica, tuttavia, semmai avrai voglia di approfondire quanto scritto nelle fonti inserite, ti accorgerai che moltissime si basano su documenti circolanti tra le ambasciate: osservazioni di imprese che avevano accordi con PDVSA, come la multinazionale Wood che ha dovuto cessare il contratto poiché non riceveva pagamenti, e dispacci diplomatici delle stesse ambasciate latinoamericane. In alcuni casi, si tratta di attori che hanno avuto il massimo interesse a che l'impresa petrolifera funzionasse bene, poiché estranei dalla logica politica e interessati agli affari, come è giusto che sia in base alla loro natura di impresa.

    Sulle alleanze internazionali di cui hai parlato, sicuramente la Turchia è un alleato importante, come anche l'Iran. La Russia è un alleato che condivide la visione "dell'imperialismo" e ha da perdere più di quanto non abbia la Cina se Maduro venisse estromesso (per esempio quasi il 75% delle armi russe in America Latina è acquistato dal Venezuela).

    Sulla politica estera cinese, sono completamente d'accordo con BluEmme, infatti lo cito:

    CITAZIONE
    La Cina ha una politica estera pragmatica, e credo che le relazioni con il Venezuela non siano prioritarie. Certamente nel breve periodo la Cina non ha alcun motivo per modificare la sua politica, però nel lungo periodo non ha alcun motivo per mantenerla inalterata

    Aggiungerei che, proprio perché la Cina ha una politica estera pragmatica, non si fa problemi ad avere rapporti economici importanti con tutto il mondo, a prescindere dal collocamento nell'arena internazionale. In fondo è un attore che per decenni è stato visto con la lente di una teoria: China Threat Theory. Il Partito Comunista Cinese, crede molto nella teoria del soft power, molto più di quanto facciano gli Stati Uniti, e dunque, se sul piano interno l'autoritarismo rimane molto forte, sul piano internazionale la Cina si presenta come Stato responsabile e rispettoso delle regole multilaterali, soprattutto perché gli USA si stanno ritirando, e la Cina può avanzare a livello multilaterale, per conseguire un consenso globale sulla sua supremazia in Asia, in particolare nel Mar Cinese meridionale e orientale. Per la Cina, l'arena internazionale è una scacchiera, e ogni pedina posseduta dal Dragone è finalizzata al consolidamento di questo obiettivo: un neo-impero celeste in Asia.

    CITAZIONE
    Nemmeno l'imperialismo americano è riuscito nè riuscirà a scalfire il governo Maduro grazie al forte appoggio di cui questo gode nelle forze armate e nella popolazione, mi pare fattuale.

    Su questo aspetto non ho molto da dirti in realtà. Se per te "l'imperialismo americano" è una lente adeguata con cui spiegare la storia latinoamericana, allora stiamo guardando con due occhiali diversi.
    Ripropongo un pezzetto di un intervento che avevo proposto in questa sezione circa un anno fa, e cioè un tentativo di presentare la storia delle relazioni internazionali USA-America Latina nel corso del '900, in cui all'inizio ho elencato degli "strumenti metodologici" e ho scelto questa definizione di imperialismo:

    CITAZIONE
    Imperialismo: termine associato sempre più alla condotta statunitense nella regione. Se è vero che gli USA hanno sposato una missione civilizzatrice imperialista (e paradossalmente anticoloniale al contempo) nell'emisfero, che li ha portati spesso ad intervenire per la tutela dei propri interessi; la missione imperialista è presente in molti altri paesi della regione: Brasile e Argentina hanno cercato di costruire un'egemonia regionale: il primo per divenire il centro del Sud America, unico vero interlocutore con il vicino del nord, con il quale ha costruito una special relationship, la seconda come strumento per contrapporsi agli Stati Uniti legando a sé il destino dei paesi della regione, come Perón ha tentato di fare negli anni '50 arrivando ad avere un appeal addirittura nell' "area del baseball". Perfino Cuba ha avuto una sua missione imperialista e ha inviato l'esercito e il personale medico per realizzarla sia nel Caribe che nel contesto extraemisferico, durante la decolonizzazione. Addirittura è possibile rintracciare una missione imperialista in Trinidad e Tobago, che all'interno dei Caraibi ha cercato di legare a sé economicamente le piccole isole attraverso un progetto alternativo al Petro Caribe della Venezuela chavista.

    Chiaramente ognuno è libero di avere una propria opinione, io credo che parlare di imperialismo nordamericano, possa essere molto utile in relazione ad alcuni, e solo ad alcuni, periodi della storia delle relazioni tra i due emisferi, ma trovo anche che se per imperialismo, identifichiamo soltanto quello statunitense, per esempio tralasciando le manovre cubane proprio nei Caraibi: il sostegno alla guerriglia venezuelana (nel 1959, sulle spiagge del paese furono perfino rinvenute le armi destinate ai guerriglieri, con l'obiettivo di abbattere lo stato più solido e democratico dei Caraibi), il personale di intelligence che oggi lavora a Caracas, allora l'imperialismo possiamo anche buttarlo via del tutto, poiché un metro, una lente di indagine, che si adatta bene solo ad un caso, evidentemente è più ideologia che strumento analitico adeguato.

    Volevo in ultimo "ripulire la mia coscienza imperialista" con un aneddoto personale: quando studiavo ancora in triennale, inviai un messaggio di posta al mio attuale relatore, per chiedergli appunto una tesi. L'argomento della tesi, che ho spiegato per posta dilungandomi moltissimo, era la reazione latinoamericana all'imperialismo statunitense, il mio libro preferito era "Le vene aperte dell'America Latina", un libro che tra l'altro proprio Chàvez donò a Obama. Ancora adesso, so a memoria il discorso di Chàvez all'ONU nel 2006. Il mio relatore rispose che secondo lui vedevo la storia in bianco e nero, che poi non è molto diversa dal vederla in termini di buoni e malvagi. Fui molto scettico allora, e anzi, proprio come te, la reputai "retorica antivenezuelana". Tuttavia, rimasi anche colpito nel rendermi conto dell'esistenza di altre teorie sul contesto che a me interessava, e mi gettai a fondo nello studio, su quante più possibili. Effettivamente, da quando sono entrato in magistrale, il percorso "a scelta" è stato sempre finalizzato a trovare ulteriori risposte e analisi alle vicende venezuelane. Il mio lavoro finale è, in forma analitica, il riassunto di questi anni, e un approdo verso una teoria che spero, e credo, sia più complessa. Del passato in cui amavo il chavismo in modo semplice, rimangono ancora come testimonianza il mio nickname e l'avatar.

    Chiaramente sono sempre disponibile al confronto e mi fa molto piacere che tu abbia commentato, forse un pochino meno che tu ritenga retorica ciò che ho scritto, ma sono sicuro che non volessi dire che fosse basato solo su ideologia, e sono contento della partecipazione.

    Infatti, il tuo avatar e il tuo nick lasciano intendere tutt'altro, ahahahhahahahaaha. Come vedi anche il mio avatar è chiaro, mostra infatti Diosdado Cabello.

    R o s s o Leggi un po' qui
     
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    Il Venezuela era in passato uno dei paesi piu ricchi al mondo, c´era a famosa barzelletta del venezuelano che andava a fare shopping a Miami e il commesso riconoscendo l accento venezuelano rincarava dl 50% E il venezelano rispondeva "è molto economico, me ne dia 2".

    È stato rovinato da corruzione, dittatura, populismo e mancanza di visione del futuro. Il Venezuela ha piu riserve di petrolio al mondo, è il primo paese per riserve, e non riesce a far fruttare il suo potenziale

    Parlo bene spagnolo e ho un bel po di amici venezuelani e sudamericani in genere. E su Chavez "È il presidente che tutti vorrebbero avere, fino a che non é il tuo presidente" come riassume un mio caro e izquierdissimo amico colombiano

    Edited by Visitante - 10/9/2021, 11:46
     
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28 replies since 16/7/2020, 22:16   825 views
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