San Francesco: il santo piu "culturalmente sbagliato" e "poco sostenibile"?

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    L´altro giorno in auto con le mie figie e mia moglie (io ateo, lei credente) stavamo parlando di S Francesco. o lo ritengo il santo piu "culturalmente sbagliato" che ci sia, e anche mia moglie da cattolica è d accordo.
    S Francesco si spoglia dei suoi ben e li da ai poveri per dargli da mangiare. Per caritá, nobile e tuto quello che si vuole, ma non insegna ai suoi discepoli come crescere e prodursi da mangiare, come crescere economicamente per creare un surplus da reinvestire per uscire dal circolo vizioso della povertà.
    Insomma, alla fn fine la via di S Francesco pur aiutando nell immediato é insostenibile nel medio e lungo periodo, perché non crea ricchezza ma ridistribuisce (se va bene) ricchezza creata da qualcun altro.
    Immaginate adesso di essere una famiglia povera e avere vicino un altra famiglia povera: voi vi fate un mazzo tanto dissodando il terreno, arandolo, coltivando e raccogliendo i frutti della terra e andarli a vendere al mercato e con quello che guadagnate vi ruscite a comprare una bicicletta per poter trasportare le merci e andarle a vendere in un mercato piu lontano, irragungibile a piedi, ma dove si spuntano prezzi mgliori.
    Immagnate adesso che arrivino i francescan, vedano la famiglia dei vicini affamata e diano loro dam angiare e regalino una bicicletta: non vi darebbe fastidio? Non vi verrebbe a dire "ma chi me lo ha fatto fare, mi son fatto un mazzo tanto per avere alla fine lo stesso del mio vicino che lo ha ottenuto senza lavorare?"
    che ne pensate?
     
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    Non mi darebbe fastidio, anzi sarei contenta che qualcuno provvedesse al loro sostentamento, visto che io non me la sento di dividere con loro quello che guadagno. Avere povera gente di fianco che riesce a star meglio, qualunque sia il motivo, farebbe star meglio anche me.
    Avere povera gente di fianco, sulla quale scaricare giudizi morali che liquidano la povertà innanzi tutto come una colpa, e presumono che l’agiatezza sia sempre un premio faticosamente conquistato, è etica protestante, ed anche una comoda abdicazione alla ricerca di una organizzazione politica più inclusiva.
    S. Francesco era un santo, non un politico, e che dei fedeli cattolici gli facciano una colpa per aver esercitato carità e misericordia invece di stilare graduatorie di merito e formulare piani per il pieno impiego, significa aver cambiato religione senza accorgersene. Quello che anima certe considerazioni sul giusto e l’ingiusto è puro economicismo e utilitarismo marginale, una religione universale che ormai pervade tutte le altre, ponendo l’ultraterreno sul piano misurabile della ricchezza, intesa come il vero indice di salvezza.
    Il benessere spirituale non può prescindere dalla solidarietà gratuita, mentre quello materiale dovrebbe ripudiare lo sfruttamento altrui e la protezione feroce delle fonti di ricchezza di cui ci si è appropriati.
    La supposta passività dei poveri si scontra con il protezionismo armato dei ricchi che, oltre a non consentire che si sconfini nei propri territori, si permettono anche di insolentire chi non riesce a scalfirne le mura, quasi un inconscio esorcismo contro l’ emancipazione dei poveri, vista come una minaccia alla propria posizione acquisita, che vogliono circondare anche da un’aura di superiorità morale. Insomma, il danno e la beffa. Nonostante la parabola della cruna dell’ago.
     
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    Credo di non essermi spiegato charamente, non volevo dare l impressone che con l etica protestante si possa risolvere la povertá nel mondo etc etc.
    Il mio ragionamento era per lo piu ispirato da una mia amica tedesca che ha fatto una azienda per aiutare i contadini in Africa a fare qualche soldo extra con il biogas.
    Il punto della Pütz (e vi consiglio chiaramente il video, una donna molto in gamba e deterinata e anche vicina di casa di DCEG) é che le politiche di aiuto "a la S Francesco" in Africa hanno solo peggorato ampiamente la situazione, perché se l africano riceve una cosa "piovuta dal cielo" non se ne cura, la usa male fino a romperla se é un ogetto, mangia e poi spera che gli piova dal cielo il gorno dopo nuovamente se è cibo.
    Vi consiglio davvero il video perché potrebbe cambiarvi alcune prospettive



    Edited by Oskar - 12/11/2023, 09:44
     
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    È la differenza tra regalare un pesce e insegnare a pescare. Regalare il pesce, cosa magari all‘inizio necessaria ad assicurare la sopravvivenza immediata, non cambia la situazione, ma la mantiene e mantiene la dipendenza del povero da chi regala. L‘etica protestante non risolve certo i problemi del mondo, ma, forse, indica una possibile via.
     
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    Caro visitante, guarda che i poveri di cui parla San Francesco era gente che si faceva il mazzo, poi c'era la decima per la chiesa, tasse e balzelli per i vari signorotti locali e avanti di questo passo. Poveri erano anche quelli che non erano più in grado di lavorae. Ha ragione Sonia, la tua è etica protestante. Con lo stesso ragionamento, gli USA si sono inglobati tutto il territorio indiano, che era carico di ricchezze ma gli indigeni non se ne curavano, ergo era un diritto dei bianchi andarlo a colonizzare.
    Comunque, non l'ha mica inventata San Francesco sta storia di dare ai poveri. Pazienza tu, che sei ateo, ma tua moglie, se ti dà ragione, o si fa protestante o è del tutto in contraddizione, visto che le stesse cose le diceva un certo Gesù...
     
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    Mt 6,25-33

    Che però se capisco bene -e dovrebbe valere sebbene con sfumature differenti sia per i Cattolici che per le Chiese Riformate- arriva in estrema analisi a significare che la Provvidenza non dona ai poveri il sollievo di persone attivamente caritatevoli che li aiutino materialmente in nome della propria fede, ma al contrario fa dono della presenza di persone povere (o in vario modo bisognose) alle comunità dei credenti, affinche in tale modo queste ultime siano aiutate dalla circostanza a spogliarsi della materialità. La differenza fra Cattolicesimo e la maggior parte delle Chiese Riformate (presenti o scomparse) credo di capire che stia semmai nella percezione del possibile "buon uso della ricchezza", a seconda dei casi segno oppure strumento della Grazia a seconda del differente presupposto in materia di "giustificazione" e di superamento del peccato (per gratuità o non gratuità).

    Per una risposta al quesito di partenza della discussione (e direi proprio confermandone il solo apparente paradosso) suggerirei una rilettura con occhio specifico (del libro però, non del film) de "Il Nome della Rosa" con particolare riferimento al sospetto che in una iniziale fase storica poteva toccare i Francescani in considerazione di precedenti movimenti cristiani pauperisti del pieno Medioevo.
     
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  7. BluEmme
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    A me sembra che S. Francesco, per come ha vissuto, sia stato uno dei santi che maggiormente si è avvicinato all'esempio di purezza, di semplicità, di amore fornito da Gesù nel Vangelo (pur non avendo concluso la sua vita con il martirio). Strano dirsi cristiani e non ammirare la sua figura, mi fa sospettare che "cristiani" del genere non ammirino neppure lo stesso Gesù.
    Non credo che c'entri, in questo caso, l'etica protestante: etica protestante non significa sostituire Dio con il Mercato, ma semplicemente un modo diverso di vedere la grazia divina, più "visibile" (il progresso materiale come segno di benedizione) rispetto al mondo di intendere cattolico. Ma secondo l'etica protestante la ricchezza comunque non la finalità della vita. Che la finalità della vita sia fare la carriera migliore possibile e generare profitti è semplicemente la mentalità materialista moderna, che non ha a che fare con la religione o la morale, ma solo con le leggi dell'economia aziendale. Attenzione però che sono quelle stesse leggi e lo sfruttamento coloniale/post-coloniale su di esse basato che hanno affamato i paesi poveri (non certo delle idee "inefficaci" di S. Francesco).
     
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    CITAZIONE (BluEmme @ 14/7/2021, 13:19) 
    A me sembra che S. Francesco, per come ha vissuto, sia stato uno dei santi che maggiormente si è avvicinato all'esempio di purezza, . . .

    Su questo avrei delle perplessità.

    Suggerirei di non trascurare che gli aspetti di ascetismo che pure il Cristianesimo può per alcuni versi marginalmente accettare, quando sono portati all'estremo, arrivano terribilmente a somigliare ad aspetti propri del paganesimo.
    Voglio dire che persino quando caratteristiche di bontà, di carità, di interiorizzazione, di contemplazione, di mortificazione etc. etc. si svincolano troppo dalla questione portante del messaggio evangelico (che in estrema analisi è la pura e semplice affermazione della resurrezione e fondamentalmente null'altro) allora sorge molto forte il rischio di un buonistico travisamento quasi sincretico che perde di vista il vero fondamento e tende per malinteso senso di tolleranza ad ammettere compromessi con credenze teologicamente inconciliabili. E qui naturalmente pesa ancor più che la figura originale di Francesco l'interpretazione antologica che dai suoi più diretti seguaci ne è stata data nel tempo.
     
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    Effettivamente, una cosa che ho sempre pensato è che, nel momento in cui si cerca di far assurgere il francescanesimo a modello politico/sociale/economico, si finisca con lo snaturare la stessa componente fondamentale della rilevanza di Francesco nella storia, che è di tipo spirituale. Cioè, se l'obiettivo è propugnare un messaggio teologico ed etico basato sul primato dei beni spirituali su quelli materiali, allora l'esaltazione della povertà come condizione virtuosa ha un senso (resterebbe discutibile il concetto per cui la coltivazione della vita spirituale contemplativa tragga davvero giovamento dalla povertà, io resto del parere che invece è solo quando il livello dei bisogni corporei e primari di sopravvivenza è appagato, che l'uomo può serenamente dedicarsi allo spirito, che sia inteso come culto religioso, meditazione filosofica, creazione artistica, ricerca scientifica, quando sei assetato, affamato, soffri un mal di denti lancinante è molto più difficile trovare le energie mentali per riflettere su problemi intellettuali e spirituali. In questo senso mi sento molto più vicino al punto di vista di Osho, che, provocatoriamente, diceva che il suo messaggio spirituale è rivolto ai ricchi, perché i poveri hanno altri problemi). Se invece l'obiettivo è quello politico di elaborare un modello efficiente che favorisco il massimo benessere mondano per il massimo numero possibile di persone, allora occorrerebbe riconoscere l'inapplicabilità del modello francescano. A livello politico ha senso dire che Francesco avrebbe beneficato i poveri molto di più se avesse scelto di fare il mercante di stoffe come il padre, per poi fare beneficienza (oggi diremmo pagare le imposte per i servizi pubblici), piuttosto che spogliarsi dei beni e rendersi povero tra i poveri, limitandosi alla condivisione, senza alcuna ricerca di produzione di ricchezza. Questo a livello politico, diverso se intendiamo la cosa dal punto di vista morale-spirituale, piani che però laicamente andrebbero distinti e valutati in base a criteri diversi.

    In definitiva, direi che S. Francesco va considerato per quello che era, un santo, e come tale, un'eccezione, non una regola, una straordinarietà, non un modello ripetibile e applicabile su larga scala, lo si tradisce nelle varie pretese di elaborazioni di modelli francescani per l'economia o per la società, come si ha a volte la tentazione di fare (avendo studiato da anni a Perugia, so un pò di quel che parlo, e ho in mente il clima vagamente "cattocomunista" di certi convegni ad Assisi o in giro per l'Umbria dedicati ad un francescanesimo economico e sociale).
     
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  10. BluEmme
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    Ok ma quali sarebbero le somiglianze tra la vita/predicazione di Francesco e il paganesimo?
     
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    Sto proprio cercando il pelo nell'uovo, sia chiaro.

    Però l'idea della rappresentazione sacra con personaggi reali potrebbe andare in questo senso (e ad essere proprio pignoli pignoli nel Vangelo non c'è alcun presupposto che la giustifichi), per esempio.

    Anche un certo sincretismo (sto esagerando? vogliamo dire tolleranza?) nei confronti dell'Islam è molto più da mondo classico che cristiano: il Cristianesimo dovrebbe solitamente essere tranciante da questo punto di vista, o credi nella verità e centralità della resurrezione o sei un avversario.

    L'accentuazione esagerata dell'immedesimazione nella passione fino alle stimmate che prevale sull'idea evangelica del superamento della sofferenza e sull'affermazione del "giogo leggero" (Mt 11,25-30) ha anch'essa per me un sapore del genere.


    Giusto le prime idee che mi sono venute in mente e che quanto meno marcano una originalità di Francesco persino rispetto alla stretta lettera del Vangelo che secondo me sposta il quadro rispetto ad una pura e semplice "imitazione di Cristo".

    Non so, eh.
     
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    Perché mettere tutto sul piano dell’ortodossia? L’imitazione di Cristo non è una pedissequa prescrizione di vita. Gesù non parlava con gli animali e non tesseva continuamente l’elogio del creato, quello era il particolare modo di San Francesco di onorare la natura ed interpretare il messaggio cristiano di amore universale. Il pauperismo di Francesco fu, in un’epoca che vide l’apice di potenza materiale della Chiesa, una vera rivoluzione, perché rivendicava per la Fede l’inutilità e l’ingombro della potenza materiale e delle ricchezze.
    Gli unici ad aver legato la religione al benessere materiale come segno di “grazia” sono stati i protestanti e questo legame costituisce la base della cultura capitalistica estrema. L’abilità ad arricchirsi divenuto un motivo di rispetto e di insindacabilità può essere concepito nel mondo delle scienze socio-economiche, ma non mischiato alla religione e alla considerazione dovuta al prossimo.
    Invece, anche da quello che ha scritto Visitante, si assiste alla contaminazione di questa mentalità tipicamente protestante, per cui la ricchezza dell’uno è il risultato di grazia e impegno e la povertà dell’altro è la conseguenza di incapacità e peccato, deresponsabilizzando così il sistema di produzione della ricchezza, visto che tutto si riduce al giudizio morale sui singoli.
    Certo che insegnare a pescare è più utile che regalare pesci, ma probabilmente quei poveri sanno già pescare e la loro povertà dipende magari dal fatto che non ci sono più pesci nel lago inquinato, o che da secoli coltivavano terre ora confiscate per estrazioni, o ancora altre occorrenze che non attengono alla loro presunta preferenza per l’accattonaggio.
    Gli aiuti umanitari, per quanto necessari nell’immediato, somigliano al fabianesimo anglosassone, al socialismo umanitario, quello che correva ai ripari sulle conseguenze della povertà, senza mai puntare decisamente il dito sull’organizzazione socio-economica e la redistribuzione.
    Infatti, le dame di carità sono una soluzione religiosa (comunque commendevole, non mi recano il fastidio evocato da Visitante), mentre fornire pari opportunità e mezzi di riscatto sono la soluzione politica, molto più faticosa e controversa, perché sposta interessi e rapporti di forza.
     
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    Sforzarsi di ragionare secondo ortodossia mi sembra l'unico approccio storico possibile per evidenziare quanto la figura del personaggio in questione fosse per svariati aspetti spiazzante e potesse essere percepita come problematica o addirittura "borderline" rispetto ad importanti questioni che le comunità crisitiane avevano già intensamente discusso o sulle quali fino a pochissimi decenni prima si erano dolorasamente scontrate (uno fra tanti si pensi al movimento patarino, ma non solo).

    Comunque mi sentirei di escludere che persino fra le Chiese Riformate (comprendendo sia quelle attualmente esistenti che quelle che non esistono più) la questione religiosa potesse essere in termini diversi da quelli che riassumevo pochi post fa a margine del passo di Mt 6,25-33. Insomma lo scopo delle comunità cristiane è sempre semplicemente stato quello di affermare la resurrezione, non quello di sconfiggere la povertà. L'esistenza di poveri, di malati, di bisognosi non è una sciagura da contrastare, ma un contesto entro il quale si può provare a rendere la testimonianza (ma resta che è la testimonianza della resurrezione che conta, non il contrasto alla povertà, alla malattia, al bisogno). Poi è ben vero, come già dicevo, che fra Chiesa Cattolica e Chiese Riformate l'azione caritatevole può venire percepita seconda dei casi come segno anziché come strumento della Grazia a seconda del differente presupposto in materia di "giustificazione" e di superamento del peccato per gratuità o non gratuità, ma quesa è un'altra cosa che non sposta rispetto alla sostanziale marginalità dell'effetto oggettivo dell'aiuto che si da rispetto alla prevalente importanza della soggettività del peso che insieme a quell'atto ci si toglie.

    Tanto è vero che il nocciolo della questione è il superamento dell'attaccamento alla materialità, che elle comunità più antiche -e fino ad oggi se ne è continuato a discutere- ci si poneva persino il dubbio se dal punto di vista religioso avesse senso praticare un lavoro (2Tess 3,10) dal momento che la fine dei tempi è sconosciuta e potrebbe anche essere imminente (Mt 25,13).

    Del resto anche il celebre passo evangelico nel quale il buon ricco viene invitato per essere perfetto a vendere ogni bene e a darne il ricavato ai poveri (Mc 10,21-22) a leggerlo tutto fino in fondo mostra chiarissimo il senso non affatto di centralità dell'aiuto dato agli sfortunati, ma di importanza del sapersi liberare dal peso della materialità.
     
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    CITAZIONE (Visitante @ 13/7/2021, 15:14) 
    Immaginate adesso di essere una famiglia povera e avere vicino un altra famiglia povera: voi vi fate un mazzo tanto dissodando il terreno, arandolo, coltivando e raccogliendo i frutti della terra e andarli a vendere al mercato e con quello che guadagnate vi ruscite a comprare una bicicletta per poter trasportare le merci e andarle a vendere in un mercato piu lontano, irragungibile a piedi, ma dove si spuntano prezzi mgliori.
    Immagnate adesso che arrivino i francescan, vedano la famiglia dei vicini affamata e diano loro dam angiare e regalino una bicicletta: non vi darebbe fastidio? Non vi verrebbe a dire "ma chi me lo ha fatto fare, mi son fatto un mazzo tanto per avere alla fine lo stesso del mio vicino che lo ha ottenuto senza lavorare?"
    che ne pensate?

    A me queste considerazioni sembrano semplicemente "umane" e proprio per questo sembrano cozzare con la spiritualità francescana.

    Intanto i poveri nella Bibbia sono principalmente i disabili, le vedove e gli orfani. Tutte persone che per problemi fisici, sociali o di età non potevano lavorare. C'era addirittura una legge che imponeva di lasciare parte del raccolto nel terreno o di permettere di "spigolare" (mettersi dietro coloro che stanno raccogliendo la messe e raccogliere quel che loro lasciano) queste fasce deboli della popolazione (vedere il libro di Rut per esempio).

    Questa parentesi l'ho introdotta per dire che fin dall'antichità, c'è un certo riguardo per queste persone. Con il Cristianesimo c'è un ulteriore passo, non sono solo persone a cui dare il surplus di quello che si dispone, ma persone a cui dare se stessi.

    Anche per San Francesco vale quanto detto da San Paolo: "Quando eravamo da voi vi abbiamo sempre imposto questa regola: [b]chi non vuole lavorare, neppure mangi![/b]" (2 Tessalonicesi 3,10).

    Ora per tornare a quanto esposto nel post iniziale, questa mentalità non è protestante o altro, è umana, magari con pretesto educativo. La stessa mentalità la ritroviamo nello studente restio a condividere la sbobinatura che ha fatto perchè per farla ha seguito le lezioni, le ha riascoltate, ha scritto un libro in pratica e per far ciò ha impiegato 3 mesi della sua vita ed ha fatto tante rinunce e poi arriva Filippo che studiando 2 settimane dal suo materiale prende 30. Giovanni che ha tanto lavorato può mai ritenere giusta la fortuna di Filippo che si è trovato facilitato nel lavoro?

    La mia risposta è sicuramente si. Non sappiamo se Filippo lavora o non capisce niente a lezione quando spiegano. Ed è giusto invece che Giovanni lavori tanto per procurarsi il materiale su cui studiare? Non dovrebbe essere cura del prof fornirglielo o non sarebbe più intelligente che più studenti sbobinassero e condividessero il loro elaborato in modo da dividersi il lavoro?

    Le due famiglie vicine dell'esempio perchè sono povere? L'altro che coltiva il terreno tutto da solo perchè deve essere da solo? Non sarebbe meglio avere un aiuto? Non produrebbe di più con un aiuto (una zappa nuova, un aratro o altro)?

    San Francesco condivide quel che ha, anche il frutto del suo lavoro e non tiene niente solo per se. Accumulare "sbobine" o farsi il mazzo con la zappa rotta, magari ti fa sentire più ricco e più apprezzabile di altri in quanto grande lavoratore, ma potresti avere molto di più e con più gioia se tutti si aiutassero tra di loro.

    Per rispondere insomma alla tua domanda: no, non mi darebbe fastidio, vorrei che tutti dessero senza pretendere nulla in cambio e ritengo che questo sia l'unico modo per ottenere ricchezze senza incattivirsi.
     
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    Si cerca di dare un senso sociale e quasi politico/economico ad un personaggio che ha lavorato in un piano spirituale e in misura minore morale

    Non funziona secondo me
     
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