Mikhail Gorbačëv (2 marzo 1931 - 30 agosto 2022)

"amato più in Occidente che in Russia"

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    Biografia e storia politica.

    Nasce il 2 marzo 1931 da una famiglia di agricoltori nel villaggio di Privolnoye - Territorio di Stavropol - nel sud della repubblica russa.
    Nel 1950 si diploma ottenendo una medaglia di argento e viene ammesso all'Università Statale di Mosca dove frequenta la facoltà di Legge, laureandosi nel 1955. Successivamente segue dei corsi per corrispondenza presso la Facoltà di Agraria dell'Università di Stavropol e nel 1967 aggiunge la laurea in Economia agraria.
    Da studente universitario Mikhail Gorbaciov si iscrive al Partito Comunista dell'Unione Sovietica. Negli stessi anni incontra Raisa Titarenko, che sposerà poco dopo in una semplice cerimonia. Da quel momento Raissa sarà la persona più cara e vicina a Mikhail, rimanendogli a fianco nel corso di tutta la sua carriera politica; la morte della moglie, avvenuta il 20 settembre 1999, ha commosso tutto il mondo.
    Poco dopo il suo ritorno a Stavropol, a Gorbaciov viene offerto un incarico nella locale associazione giovanile Komsomol che segna l'avvio della sua carriera politica.
    Nel 1970 viene eletto Primo Segretario del Comitato del Partito nel Territorio di Stavropol: è l'incarico di massima responsabilità della zona.
    Nello stesso anno diviene membro del Comitato Centrale del PCUS (Partito Comunista dell'Unione Sovietica). Nel 1978 diventa uno dei Segretari e si trasferisce a Mosca. Due anni più tardi entra a far parte del Politburo del Comitato Centrale del PCUS: è la massima autorità del partito e della nazione.

    Le riforme

    Nel marzo del 1985 Mikhail Gorbaciov viene eletto Segretario Generale del Comitato Centrale del Partito, l'incarico più alto nella gerarchia di partito e nel paese.
    È Gorbaciov ad avviare il processo di cambiamento dell'Unione Sovietica che più avanti sarà definito "Perestroika" (riorganizzazione, ristrutturazione): è una radicale trasformazione della società e del paese, che genera un sostanziale mutamento nello scenario internazionale.
    Successivamente varerà anche la Glasnost', che di solito traduciamo trasparenza, e in russo sta per pubblicità, dominio pubblico, a indicare la volontà di rendere informati e partecipi i cittadini.
    Il nuovo sistema di pensiero gioca un ruolo fondamentale nel porre fine alla Guerra Fredda, arrestando la corsa agli armamenti ed eliminando il rischio di un conflitto nucleare.
    Uno dei momenti fondamentali del processo di distensione tra USA e URSS è quello dell'11 ottobre 1986: Gorbaciov incontra il presidente americano Ronald Reagan a Reykjavík, in Islanda, per discutere la riduzione degli arsenali nucleari installati in Europa. L'accordo porta alla firma del Trattato INF sulla eliminazione delle armi nucleari a raggio intermedio in Europa.
    Tuttavia l’attività modernizzatrice di Gorbaciov in buona sostanza costituisce un fallimento, sia perché si scontra con l’opposizione dei «poteri forti» dello Stato sovietico (dirigenti del partito e di aziende pubbliche, grandi agenzie statali, burocrazie ministeriali) sia perché mancano i mezzi per realizzarla. Proprio nel 1986, mentre il segretario si prepara a lanciare la perestrojka di fronte al XXVIII Congresso del partito, il prezzo del barile di petrolio scende a 12 dollari, con una diminuzione del 40% rispetto ai valori dell’anno precedente. L’Urss deve rinunciare a una parte importante dei proventi e diviene difficile per Gorbaciov, da quel momento, finanziare le sue riforme.
    Nei tre anni successivi, riesce comunque a rafforzare le libertà (di espressione e religiose) dei cittadini e a rendere più libera la stampa. Si allenta anche il controllo sull’economia e, grazie alla Legge sulle cooperative, divengono possibili la proprietà e l’iniziativa economica privata.
    Nel 1989 cade il muro di Berlino, i sovietici si ritirano dall’Afghanistan e, mentre procede bene la politica estera con gli Usa di Bush, quella interna è sempre più critica. In pratica Gorbaciov ha scontentato sia i progressisti che i conservatori.
    Il 15 marzo 1990 il Congresso dei rappresentanti del popolo dell'URSS - il primo parlamento costituito sulla base di libere, e contestate, elezioni nella storia dell'Unione Sovietica – lo elegge comunque Presidente dell'Unione Sovietica. Il 15 ottobre dello stesso anno gli viene assegnato il Premio Nobel per la Pace.
    Ma la sua popolarità nel paese e nel partito è molto bassa. L’ Urss si trova in grave crisi economica e politica: scarseggiano cibo, medicine e altri materiali di consumo, i cittadini fanno lunghe file per acquistare anche beni essenziali, il carburante è al 50% del fabbisogno stimato e l'inflazione annua supera il 300%. Le fabbriche non hanno denaro per pagare gli stipendi.
    Nel marzo del ‘91 si svolge il referendum che avrebbe trasformato l’Urss nell’Unione degli stati sovrani. È approvato e il 1° luglio viene sciolto il Patto di Varsavia.
    Ci furono vari passaggi che trascrivo da wiki.
    Il 17 marzo 1991, con il referendum sulla conservazione dell'URSS boicottato dagli Stati baltici, dall'Armenia, dalla Georgia e dalla Moldavia, la grande maggioranza dei cittadini delle altre repubbliche sovietiche fu favorevole al mantenimento dell'Unione "come una rinnovata federazione di repubbliche uguali e sovrane", con il 77,85% di voti a favore. Dopo dei negoziati, otto delle nove repubbliche sovietiche (tranne l'Ucraina) approvarono il nuovo trattato dell'Unione che avrebbe reso l'URSS nell'Unione degli Stati Sovrani, con presidente, politica estera e militare comuni. La firma del trattato era prevista a Mosca per il 20 agosto 1991. Dodici dei paesi già facenti parte dell'URSS erano prossimi alla firma, la Federazione Russa, l'Ucraina, la Bielorussia, la Moldavia, la Georgia, l'Armenia, l'Azerbaigian, il Kazakistan, il Turkmenistan, il Kirghizistan, l'Uzbekistan e il Tagikistan. Solo si esclusero le tre repubbliche baltiche, ovvero, Lituania, Lettonia ed Estonia, che, dopo più di cinquant'anni, ebbero l'attesa possibilità di liberarsi dall'occupazione sovietica e di riconquistare l'indipendenza. Il 28 giugno era stato dichiarato sciolto il Consiglio di mutua assistenza economica e il 1º luglio il Patto di Varsavia.


    Il golpe

    Già dall’anno precedente il KGB considerava la possibilità di un colpo di stato per porre fine alla perestrojka e il suo capo, Vladimir Krjučkov, aveva messo Gorbačëv sotto stretta sorveglianza come "Soggetto 110". Vengono poi cooptati il ministro della difesa, quello degli affari interni, il premier Pavlov e altri, compreso il capo del segretariato di Gorbačëv e il segretario del Comitato centrale del PCUS Oleg Šenin.
    Pur allertato dalla diplomazia Usa e da alcuni dei suoi collaboratori, il presidente sottovaluta il pericolo e si reca anzi nella dacia di Foros in Crimea, con l’intenzione di rientrare a Mosca per la firma del trattato dell’Unione.
    Il 18 agosto tutte le comunicazioni dell’edificio vengono interrotte, compresi i telefoni fissi e il sistema di comando e controllo nucleare. Il tenente generale Jurij Plechanov fa entrare i membri del GKČP (Comitato statale per lo stato di emergenza) che chiedono a Gorbačëv di dichiarare lo stato di emergenza o di dimettersi, per “consentire di riportare l’ordine nel paese”.
    Lui rifiuta tutte le richieste, il GKČP organizza il controllo militare Mosca. Alle 3,20 del 19 agosto la Tass emette un comunicato nel quale si afferma l'incapacità di Gorbačëv di assolvere alle sue funzioni di Presidente per motivi di salute, venendo quindi sostituito dal vice-presidente Gennadij Janaev. Alle 3:30 Krjučkov avverte il KGB della fine della perestrojka.
    Il golpe tuttavia fallisce, grazie alla resistenza dei cittadini guidati da Boris El'cin. Gorbaciov torna a Mosca il 22 agosto e viene reintegrato dal Soviet supremo, ma la sua condanna dei rivoltosi risulta blanda, tanto da generare sospetti e le proteste di El'cin. Due giorni dopo di dimette da segretario del partito comunista, che verrà messo al bando su richiesta del “vincitore” politico della crisi.
    Nei mesi successivi, sempre più emarginato, vedrà crescere la popolarità del rivale. Il 25 dicembre 1991, Gorbaciov rassegna le sue dimissioni da Capo dello Stato.
    L’URSS cessa di esistere.

    Dopo le dimissioni:
    Dal gennaio del 1992 è Presidente della Fondazione Internazionale Non-Governativa per gli Studi Socio-Economici e Politici (la Fondazione Gorbaciov).
    Dal marzo 1993 è Presidente della "Green Cross International", organizzazione ambientalista internazionale indipendente, presente in più di 20 paesi. Ricopre anche l'incarico di Presidente del Partito Social Democratico Unito della Russia, fondato nel marzo del 2000.
    Onorificenze:
    Ha ottenuto l'Ordine della Bandiera Rossa del Lavoro, tre Ordini di Lenin insieme a molte altre onorificenze e riconoscimenti sovietici e internazionali, e a numerose lauree honoris causa da università di tutto il mondo.

    Edited by virelle - 3/9/2022, 18:44
     
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  2. Friedrich II
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    Purtroppo la figura di Putin trova la sua fortuna e il suo successo negli errori che furono commessi da Gorbachev e dall'élite sovietica dell'epoca. In Russia non fu fatta alcuna vera liberalizzazione dell'economia interna (cosa che avrebbe richiesto molto tempo); semplicemente, al monopolio statale si sostituirono dei monopoli privati, al comunismo il corporativismo. La shock therapy fu un grosso errore, l'economia sovietico-russa subì un colpo che non era in grado di reggere, tant'è che molti russi di quel periodo preferirono tornare al baratto piuttosto che usare il denaro. I russi di oggi identificano nella crisi degli anni '90 il liberalismo, ossia credono che l'economia liberale sia sinonimo di caos. Allo stesso modo, vedono in Putin l'uomo che ha fatto tornare l'ordine. Putin però ha combattuto solamente gli oligarchi che erano a lui ostili, mettendo in posizioni di rilievo quelli a lui fedeli (la flat tax è il suo modo di favorirli e ringraziarli), e dunque mettendo sé stesso in una posizione di "controllo informale" di tutta l'economia russa. In sostanza, in Russia è tornato l'ordine perché si è tornati ad un modello più vicino a quello sovietico che a quello occidentale.

    In queste ore in Russia si sta parlando molto male di Gorbachev, non solo per la questione di cui sopra, ma anche perché in lui il russo odierno vede colui che ha fatto perdere alla Russia lo status di superpotenza mondiale. Anche qui Putin, con la guerra in Ucraina, si è proposto l'obiettivo di far tornare la Russia ad essere una grande potenza. Si potrebbe dire che Putin sia l'anti-Gorbachev, e viceversa. A questo punto bisognerebbe chiedersi come una nazione che non ha mai provato la democrazia in tutta la sua storia, se non in un breve periodo di estrema crisi sociale ed economica, possa avvicinarsi ad essa.
     
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    Sono d'accordo sull'esito, nel senso che le riforme fallirono, ma i monopoli privati sono successivi. Sul filum Gorbaciov-Putin il giudizio è forse prematuro, anche se il "nazionalismo" cui accenna Flores potrebbe un po' "calzare" al secondo.
    Abbastanza concorde quello sul primo, ne riporto due esempi (www.ilpost.it/2021/03/02/michail-gorbaciov/)
    CITAZIONE
    Secondo Flores, Gorbaciov non capì fino in fondo quello che stava avvenendo nelle repubbliche socialiste. L’ideologia comunista e federalista non aveva più presa sui popoli dell’Europa orientale, perciò «i leader locali dovettero trovare un nuovo schema per non perdere il potere, un nuovo patto con i cittadini, basato non più sull’ideologia comunista ma sul nazionalismo». Un altro punto debole di Gorbaciov erano le sue posizioni moderate, “centriste”. «Gorbaciov fu preso in mezzo da chi voleva un ritorno alla vecchia repressione dura del partito e chi invece voleva riforme e aperture più radicali».

    CITAZIONE
    Andrea Graziosi, docente di storia contemporanea all’Università di Napoli ed esperto di Unione Sovietica, ritiene che si debba distinguere il giudizio storico sull’uomo da quello sul politico. «Le intenzioni di Gorbaciov erano buone», dice Graziosi. «E sicuramente il giudizio storico è in parte positivo perché rifiutò l’uso della violenza, il che è già un gran risultato. Pensiamo a quello che successe con le guerre in Jugoslavia, solo per fare un esempio. Però il giudizio sulle riforme non è altrettanto positivo, perché Gorbaciov non aveva capito che era il sistema socialista a non funzionare. Andava cambiato per intero, come fece Deng Xiaoping in Cina che fece delle riforme profonde e radicali, molte delle quali ciniche e assolutamente non condivisibili, ma che portarono allo sviluppo economico cinese che conosciamo».
     
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    Gorbachev ha sicuramente commesso diversi errori ma riformare e modernizzare l'Unione Sovietica era un compito improbo, quasi impossibile. Ha provato a farlo con gradualità e senza far precipitare il Paese nel caos. Anche se alla fine non ha raggiunto molti dei suoi obiettivi, è stato un grande uomo.
     
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    Di certo ha commesso errori, direi che date le premesse era inevitabile. L‘aver permesso l‘unificazione della Germania è certo un suo grande merito.
    La mia impressione è che, a differenza di altri che lo precedettero e seguirono, fosse onesto e sincero e non mirasse al potere personale.
     
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    Condivido i giudizi che precedono. Non ho poi dato conto del sottotitolo della discussione, cioè i motivi per cui Gorbaciov è più amato in Occidente che in patria.
    Il più ovvio è la fine dell'Urss.
    CITAZIONE
    Il cordoglio ufficiale è distaccato, e in ogni caso è sovrastato dal rumoroso rancore di coloro, non pochi, che lo accusano di aver distrutto l’Urss e per questo, anche ora, lo maledicono. www.fanpage.it/

    Trovo appropriate anche la considerazione successiva, sul nostro apprezzamento, e la conclusione
    CITAZIONE
    D’altra parte c’è una logica in questa apparente follia. Se a volte non riusciamo a vederla, è perché negli anni Ottanta ci siamo convinti che Gorbaciov fosse davvero “come noi”, avesse davvero in uggia l’Unione Sovietica. Era vero invece il contrario: Gorby amava l’Urss, al punto da tentare la mission impossible di riformarla, renderla pacifica ed efficiente, farla uscire dalla stagnazione politica e dalla crisi economica. E proprio qui si misura l’abissale distanza tra la sua stagione e quella attuale. Tra il suo amore per l’Urss e la rivalutazione dell’Urss che oggi in Russia avanza di giorno in giorno.

    Manca però la riflessione su quanto mortificante potesse apparire ai russi il sostanziale ripudio di quel che erano stati e su quanto reali fossero difficoltà sociali ed economiche della tentata (e malriuscita) transizione al "liberalismo".
    Tant'è che quando nel '96 Gorbaciov provò a ritornare in politica raccolse meno dell'1% dei voti! Lo rammenta questo utile articolo riassuntivo. www.firstonline.info/gorbaciov-sep...-piu-dei-russi/

    dceg Solita distratta, nel titolo - come mai non modificabile?- ho copia-incollato la trascrizione meno usata del cognome. Dovresti sostituirlo con Gorbačëv ; le virgolette finali mancanti erano per "amato". Scusami e grazie!
     
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    virelle …ecco fatto!
     
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    Gorbaciov, come ha detto qualcuno, è stato l’ultimo degli utopisti, quello che voleva riformare dall’interno l’irriformabile Unione Sovietica. Io, personalmente, ne ho una grande stima e credo che meriti il ricordo commosso che si tributa ai tentativi sfortunati.
    In tempi di complottismo generalizzato, anch’io mi sono dilettata ad immaginare la mano di Putin su quanto accaduto in quei fatidici giorni del tentato golpe militare.
    Ancor prima, quando i segretari generali del PCUS cadevano come mosche, da Andropov a Cernenko, morti improvvise, ai cui funerali c’era sempre una foto di Putin col mazzo di rose in mano. Anche la malattia invalidante di Elcin puzza come un avvelenamento, tanto a noi complottisti tutto è lecito 😊
    L’ abdicazione di Gorbaciov in favore di Elcin e la nomina di Putin da parte dello stesso Elcin a primo ministro sembrano i passi conseguenti di una strategia partita con l’inizio della minaccia Gorbaciov, il riformatore.
    Certamente, Gorbaciov non avrebbe voluto la diaspora delle repubbliche interne all’URSS, ma è quello che è accaduto sulla base degli egoismi personali della nomenklatura dell’epoca, mentre storicamente è, per i russi, l’unico responsabile di quella dissoluzione.
    L’arresto di Gorbaciov e la soluzione Elcin furono lo scivolo su cui il cinico e sconosciuto Putin si accomodò con tutto il suo seguito ex-KGB, alla ricerca dell’impero perduto.
    I russi ne ebbero in cambio ordine e occidentalizzazione selvaggia, demokratura e libertà di movimento col solo limite del divieto di dissidenza, pena la morte più o meno accidentale.
    La fine della guerra fredda è l’indubbio merito di quest’uomo, deprecato in patria per aver rivelato quanto l’URSS fosse in fondo una tigre di carta, mentre la mentalità imperialista è ancora il motore che consente a quei popoli di immolarsi in nome della propria grandeur.
    L’Europa occidentale ne è uscita diversa e tutti i paesi dell’ex Patto di Varsavia devono essergli grati per la ritrovata indipendenza, mentre la Russia è ritornata terra di conquista di una esclusiva aristocrazia oligarchica e terrorista. Ma non è colpa di Gorbaciov.
    Se il segretario del partito comunista italiano Rizzo, che si accompagna a no-vax, no-euro, no-nato, no-Eu, ne celebra la morte a colpi di champagne, qualcosa vorrà pur dire circa l’effettiva levatura di questo pacifico rivoluzionario, ingoiato dagli eterni demoni della reazione. Quelli che Rizzo scambia per le vestali del bolscevismo romantico.
     
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    Gramellini non è il mio giornalista preferito, ma vale la pena di citare il suo "Caffè" sull'uscita di Rizzo
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    ... Nessuno pretendeva ipocrite beatificazioni a tempo scaduto, solo un dignitoso arrestarsi di fronte al mistero della morte. Rizzo poteva persino insinuare a cadavere ancora caldo che Gorbaciov fosse stato un agente della Cia o un utile idiota al soldo delle multinazionali, ma nel mondo in cui mi piacerebbe vivere non avrebbe mai detto quello che invece ha detto per pura smania di visibilità, e cioè di avere tenuto idealmente in fresco una bottiglia di bollicine per oltre trent’anni, in attesa del luttuoso annuncio che gli avrebbe dato l’occasione di stapparla.
    Anche perché Rizzo non festeggerebbe mai la morte di un militante di estrema destra (con alcuni di loro si è appena alleato alle elezioni). Come spesso capita ai massimalisti di sinistra, da Robespierre in giù, il suo odio politico lo riserva più volentieri a quelli della sua stessa parte che, per il fatto stesso di preferire le riforme graduali alla rivoluzione permanente, non considera avversari ma traditori.

    Il nostro giudizio su Gorbaciov è in prevalenza positivo perché egli sembrava proporre per tutte le Russie un modello socio-politico affine a quello occidentale. È tuttavia comprensibile che il sostanziale fallimento del progetto -accompagnato da instabilità sociale, disfacimento politico e, soprattutto, grave crisi economica - non lo abbia reso "persona grata" ai suoi compatrioti. Naturalmente non possiamo sapere quali conseguenze si aspettasse: per alcuni politologi attuali Putin è in certo senso "figlio" dei suoi errori.
     
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    Le critiche a posteriori sono inutili e sterili, con il senno di poi non si riempiono i secchi.
    Certo la democratizzazione della Russia ha spalmato la corruzione, prima solo privilegio della cerchia.
    Il potere economico è stato suddiviso tra i più potenti oligarchi, quelli che ora in barba alla guerra vivono sulla Costa Azzurra e a Montecarlo.
    Attribuire a Gorbaciov la responsabilità politica è vile, e mi spiace che molti compagni lo detestino come detestano Occhetto, purtroppo sono rimasti vittima di un comunismo che, in Italia non si è mai radicato.
    Quanto a Rizzo e alla sua infelice frase che dire, si commenta da sola, davanti alla morte i torti e le ragioni finiscono.
     
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