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Dunque, a natale saranno circa tre mesi dall’insediamento di questo governo, del ritorno della destra estrema al potere e della prima donna premier. Cosa è successo in questi tre mesi? Quasi nulla , o forse anche troppo di questo “nulla”. “E’ dai piccoli particolari che si giudica un giocatore”, diceva una canzone. E questo governo, non potendo o non sapendo dare slancio economico e orizzonti sociali a questo Paese, si è dedicato ai “particolari”, cioè pescare nel mucchio della loro propaganda quanto poteva essere utile per fidelizzare l’elettore e metabolizzare provvedimenti iniqui e lberticidi come fossero ordinaria amministrazione, la realizzazione di promesse elettorali. Il revanchismo ha questo di bello: ci si può sentire perseguitati anche senza dover provare i supposti torti subiti, anche senza spiegare le origini vere del proprio rancore, anche solo se non si viene adeguatamente apprezzati, perché chi non è a sua volta revanchista fa parte dei persecutori da silenziare. I toni e i modi di Giorgia Meloni somigliano sempre più a quelli di una preside chiara ma severa, che sventola il parametro del “buon senso” come giustificazione per ogni decisione contestabile. La verità è che la premier che va su Facebook senza contraddittorio segna già la misura dell’opacità che connota tutti i regimi o gli aspiranti regimi. L’immagine ossessiva del capo, gestita in autonomia, rilasciata a piacimento, leccata e indiscussa, una icona del potere da rendere familiare, non è diversa dai manifesti degli ayatollah sui muri di Teheran. Bisognerebbe ricordare che non si governa presiedendo ad una lotta civile tra cittadini a cui togliere o concedere “una pacchia”. Le “pacchie” eliminate sono davvero minimali, visto che il reddito di cittadinanza si aggira sui 500 euro, mentre quelle concesse sono sideralmente più consistenti, dalla flat tax alle agevolazioni agli evasori, al superbonus. Si rinuncia ad incassare decine di miliardi di euro di tasse (l’ultima perla prevede l’abbassamento dell’aliquota del 26% al 14% sui guadagni di borsa. Ricordiamo che l’aliquota sullo stipendio di un lavoratore a tempo pieno a mille euro al mese è del 23%), mentre si sfoltiscono bonus insignificanti dal punto di vista economico, ma che puntano sulla emancipazione culturale, questo pericolo incombente su qualsiasi forma di reazione. Siamo meravigliati? No. Essere reazionari e revanchisti è l’assetto più facile e naturale per accomodarsi nelle istituzioni, facendo finta di essere i castigamatti di parassiti e teste calde. Anche la nostra Preside ci spiegherà con toni caldi e materni che è per il nostro bene, che i contanti incontrollati sono una forma di libertà, che la pirateria impunita è il compenso giusto per chi si schiera dalla parte dei padroni della legge, che delinquenti e parassiti sono la schiuma da rastrellare solo tra chi parla di uguaglianza, solidarietà e diritti universali. A parte il disastro culturale, quello che preoccupa sono i tentativi di ledere le guarantigie costituzionali circa l’indipendenza della magistratura, che è il primo passo verso la demokratura e, incombente come un macigno, il fallimento del PNRR. Una occasione unica per raddrizzarsi messa nuovamente in mano alle persone sbagliate. Naturalmente, sarà colpa di Draghi e dell’Europa, e saranno in troppi a crederci.
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