Metodologia della storia

interventi, link, testimonianze e altro su "come si fa la storia".

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    Ho letto quasi per caso nella sezione Società e politiche sociali i primi post della discussione Sulla mancanza di memoria storica, i suoi segnali e i suoi (deleteri) effetti. Occupa solo due pagine, ve la consiglio.
    Alcuni utenti "perduti" e uno ancora attivo analizzano gli anni tra la fine del prima guerra mondiale e l'avvento del fascismo. E si confrontano dando prova di una corretta padronanza metodologica. Ne prendo spunto per proporre questa discussione su "come si fa (e si è fatta) la storia".
    Analogamente ad altre discipline, in età moderna si è posto il problema della sua "scientificità" e molti studiosi hanno contribuito a formalizzarne i metodi di lavoro.
    Ripercorrere qui le tappe principali dell'evoluzione di tali metodi implicherebbe ovviamente una faticaccia. Nella "provvida" rete ho trovato per fortuna un breve lavoro che le riassume in modo abbastanza corretto: www.vincenzofreda.it/primo_livello...rca_storica.pdf
    e potremmo utilizzare quale filo conduttore.

    Edited by virelle - 4/3/2023, 18:01
     
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    Ho letto sia i post che l‘articolo di Freda; trovo l‘articolo interessante anche se a tratti tende un po‘ a mescolare l’esposizione sulla metodologia della storia con altre cose.

    Il discorso sul metodo, o sulla metodologia, è basilare in ogni attività scientifica di cui rappresenta la premessa. Purtroppo questo è poco, talvolta per nulla, chiaro, soprattutto a chi s‘interessa magari di storia ma non è del mestiere. Io stesso mi sono (ri)accostato alla storia da non molto tempo, dopo una lunga pratica in un campo in cui la „storia“ ha un valore relativo e il „vissuto“, cioè come eventi, reali o meno poco importa, influenziono o persino determinino il sentire e l‘agire delle persone singole o anche di gruppi di persone. Da poco, dicevo, mi sono coscientemente confrontato con la storia e con le sue basi metodologiche; confesso che mi sono sì procurato testi importanti, ma che la lettura avanza abbastanza lentamente, anche perché i miei interessi sono molteplici d avendo tanta carne al fuoco essa cuoce lentamente (il che però, almeno per quanto riguarda la carne, la rende sporita e tenerissima - spero si così anche per la metodologia storica).
     
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    CITAZIONE (dceg @ 4/3/2023, 19:25) 
    Ho letto sia i post che l‘articolo di Freda; trovo l‘articolo interessante anche se a tratti tende un po‘ a mescolare l’esposizione sulla metodologia della storia con altre cose.
    Il discorso sul metodo, o sulla metodologia, è basilare in ogni attività scientifica di cui rappresenta la premessa. Purtroppo questo è poco, talvolta per nulla, chiaro, soprattutto a chi s‘interessa magari di storia ma non è del mestiere...

    Sì, non è il massimo, ma la sequenza è corretta e occorreva un testo semplice e breve. Anche così la proposta riuscirà probabilmente velleitaria: l'interesse -sincero e lodevole, ci mancherebbe- per una materia di rado si lascia per così dire imbrigliare da regole e formalizzazioni.
    Ci provo per "scrupolo" professorale... :rolleyes:
     
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    Tra i libri, e sono tantissimi, sul tavolino - che tavolino non è, ma un daiwa hibachi*) "convertito" - messi lì perché da leggere trovo le Sei lezioni di Carr e Il Mediterraneo al tempo di Filippo II di Braudel (entrambi in edizione tedesca ;) - erano per me meglio reperibili); il primo di metodo, il secondo, a quanto capisco, applica una metodologia e una concezione della storiografia assai importanti. Devo darmi da fare a proseguirne la lettura!

    *) lascio alla curiosità dei lettori scoprire di che si tratta :smoke:
     
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    Sì, le Sei lezioni sulla storia di Carr sono un classico metodologico. Insieme alla Apologia della storia. Il mestiere dello storico di Bloch, lo proponevo agli studenti. In rete ne abbondano le sintesi, magari posterò qualche estratto.
    Braudel (Ècole des Annales) è considerato fondatore della storiografia comparata.
    Il daiwa hibachiè un tavolino da sushi (non ne mangio), vedo . Ci tieni dentro il libri e leggi sul bordo? Non è troppo basso?
     
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    Non è un tavolino da sushi, che neppure io mangio, ma un bracere, tradizionalmente in Giappone non si usavano mobili per sedere; serviva originariamente per il the, nel vano rivestito di rame in cui c‘era la brace ci stanno bottiglie (alquanto impolverate perché usate assai di rado, alcune neppure aperte pur essendo lì da anni), sul ripiano, in cui è ricavato un vano coperto da una tavoletta, che come i cassetti laterali serviva a contenere gli utensili per il the, e su di un vassoio messo di traverso sul vano appoggio i libri chiusi. Per leggerli li tolgo e, essedo spesso grossi e pesanti (ho molti libri d‘arte, cataloghi di mostre ed altri di grande formato) uso volentieri un leggio, che tengo sulle ginocchia stando seduto in poltrona o sul divano.
    Questo è abbastanza simile al mio: www.catawiki.com/de/l/65585547-dai...-zeit-1912-1926
     
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    :oops: Ora ne ho trovato uno un vendita su ebay. Ieri con quel nome mi si mostravano dei mulinelli da pesca, poi sono finita su un daiwa sushi hibachi ristorante giapponese, da cui la mia acuta :woot: deduzione!
     
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    Sì, le ricerche portano a risultati strani. Penso che il significato storico e l'uso attuale differiscano parecchio.
    Qualcosa del genere succede con i Manga, che per me sono quelli di Hokusai, mentre oggi sono dei fumetti.

    Edited by dceg - 8/3/2023, 23:04
     
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    A proposito delle Sei lezioni sulla storia di Carr, lettura consigliata anche a chi "si diletta" della materia, riporto un'utile considerazione introduttiva che avevo annotato anni fa. L'autore, un blogger, preferiva l'anonimato.
    CITAZIONE
    Alla base delle sei lezioni che Edward Hallett Carr tenne nel 1961 all'Università di Cambridge risiede la ferma convinzione che lo studio del passato assuma inevitabilmente un carattere relativo. Nessuno storico potrà mai avere l'ambizione di raggiungere la meta di una conoscenza assoluta, poiché la sua visione sarà sempre condizionata da uno specifico punto di osservazione radicato nel presente. La storia, in sostanza, al pari delle altre discipline scientifiche, deve attenersi a delle regole. E la prima è proprio la relativizzazione dello storico, che entra a far parte della materia con i suoi giudizi e i suoi valori. Solo tenendo presente questo "limite" (che in realtà costituisce l'autentica ricchezza dell'indagine storiografica, ciò che consente di rinnovare costantemente l'interpretazione del passato), la storia acquista un senso, che non risiede certo nell'utilità pratica – la storia, come la filosofia, concretamente non serve, poiché non è serva di nessuno –, bensì nell'opportunità che essa offre di cogliere con occhi più vigili le molteplici sfumature che contraddistinguono le dinamiche del presente.

    A proposito del sapere "inutile" mi piace citare Agnes Heller
    CITAZIONE
    Se qualcuno dovesse chiedermi, come filosofa, che cosa si dovrebbe imparare al liceo, risponderei: “prima di tutto, solo cose “inutili”, greco antico, latino, matematica pura e filosofia. Tutto quello che è inutile nella vita”. Il bello è che così, all’età di 18 anni, si ha un bagaglio di sapere inutile con cui si può fare tutto. Mentre col sapere utile si possono fare solo piccole cose.

    Mentre, a proposito del gioco di parole sul "servire" della storia, può accadere (ed è accaduto) che sia posta al "servizio" di ideologie e poteri. Condivido "gli occhi vigili": ne sono consapevoli tutti coloro che si occupano di didattica. È infatti inserita ovunque tra le discipline di base, insieme alla lingua madre e alla matematica.

    Edited by virelle - 4/4/2023, 10:24
     
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    Berlusconi è morto. Da ieri i media se ne occupano ovviamente di continuo. Quasi tutti gli intervenuti fanno "cronaca", cioè riferiscono in modo vario gli eventi, mentre alcuni cercano di formulare dei giudizi, in genere prudenti. Tra loro Roberta Metsola, presidente del parlamento europeo, ha pronunciato la frase di rito: giudicherà la "storia"!
    Infatti siamo di solito convinti che la cronaca fornisca appunto il materiale, cioè i fatti, alla storia, che rifletterà su di essi e formulerà giudizi sulla base delle interpretazioni prescelte (e dichiarate!).
    Ma non tutti ricondividono questa prospettiva. Benedetto Croce riteneteva al contrario la cronaca il residuo della storia, compiendo una sorta di inversione cronologica fondata sulla sua logica. E in Teoria e storia della storiografia affermava:
    CITAZIONE
    “La verità è che cronaca e storia non sono distinguibili come due forme di storia, che si compiano a vicenda o che siano l’una subordinata all’altra, ma come due diversi atteggiamenti individuali. La storia è la storia viva, la cronaca, la storia morta; la storia, la storia contemporanea, e la cronaca, la storia passata; la storia è precipu amente un atto di pensiero; la cronaca, un atto di volontà” (...) “Prima la storia, poi la cronaca. Prima il vivente, poi il cadavere”.

    La storia per lui è viva e sempre contemporanea perchè:
    CITAZIONE
    "Solo un interesse della vita presente ci può muovere a indagare un fatto passato”.

    Il crocianesimo è senz'altro tramontato come filosofia, ma amo pensare che sia tuttora l'interesse della vita una delle motivazioni dello storico.
     
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    Credo però che, dai tempi di Benedetto Croce, sia avvenuto un progresso tecnologico chiamato internet.
    Anche tra molti anni, sarà possibile (ovviamente con un po' di pazienza), recuperare articoli di cronaca scritti poche ore dopo l'evento che, gli uomini del futuro, classificano come storia.
    Ovviamente, con il passare del tempo, la storia avrà stabilito molte altre cose, sul evento citato, quindi si potrà fare un distinguo tra quello che "si credeva fosse", e quello che "effettivamente era".
    Portando un esempio pratico: su YouTube vi è il tg della sera del 20 marzo 1995, giorno del attentato alla metropolitana di Tokyo.
    Il giornalista dice che la polizia ipotizza (va) l'azione di un gruppo di estrema destra.
    Oggi sappiamo che furono responsabili gli aderenti ad una setta religiosa neo buddista.
    Quindi la "cronaca" sarebbe sempre utile, per conoscere la società del passato, la storia, è più una classificazione degli eventi, dove ormai ogni dubbio si è dissolto...
     
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    Lo storicismo ha caratterizzato una certa fase del pensiero speculativo, trovi in rete molte voci. Quello crociano, definito "assoluto" in riferimento a una sua opera del 1941, ne costituisce una particolare versione, qui OT. Nel post apprezzavo la tesi sull'interesse del presente quale "molla" per l'indagine del passato.
    Peraltro la storia -intesa come disciplina ben praticata- non è una classificazione degli eventi, dove ormai ogni dubbio si è dissolto... , ma, al contrario, rimane sempre "viva" nel senso che tu stesso esemplifichi, cioè suscettibile di nuove interpretazioni e giudizi differenti. La cronaca, che Croce definiva "morta", è statica nel senso che si limita al resoconto del fatto e in tal senso è un documento, ossia una fonte, di cui lo storico si avvale. Ovviamente se per lo stesso evento emergono in seguito fonti differenti, muterà anche il giudizio storico.
     
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    Ringrazio enormemente per la spiegazione!
     
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    Pochi giorni fa un utente ha posto questa domanda: Le fonti antiche con che criterio vanno lette?
    Il mio indirizzo è stato storia contemporanea, per cui ho potuto fornirgli solo un paio di riferimenti; gioverebbe una conoscenza specifica per meglio indirizzarlo.
    La metodologia storica, mi è sembrato utile rammentarlo, prevede comunque per qualunque periodo (l’antico in particolare per ragioni intuitive) una corretta ermeneutica delle fonti.

    Colgo l’occasione per chiarire di cosa si tratta.
    Il termine deriva dal greco ἑρμηνευτική (τέχνη) cioè “arte dell'interpretazione”.
    Semplificando, consiste nell’esame accurato delle testimonianze storiche per accertarne l’origine e/o la formazione e verificarne il più possibile l’attendibilità.
    E poiché le" fonti storiche” sono di vario genere e rientrano in molte discipline sia antiche che recenti, le procedure ermeneutiche devono tenere conto della metodologia caratteristica di ciascuna.
    L’elenco delle possibili appartenenze sarebbe lungo, ne cito alcune: epigrafia, numismatica, archeologia, palografia, filologia…
    Le fonti, man mano che la ricerca storica acquisiva scientificità, sono state oggetto di classificazione in base a diversi criteri. Ecco un esempio.
    In relazione alla “distanza” dell’oggetto d’indagine:
    Fonti originali (primarie)
    Fonti derivate (secondarie)
    In relazione alla natura della comunicazione:
    Fonti orali
    Fonti scritte
    Fonti iconografiche
    In relazione alla natura dei documenti:
    Fonti letterarie
    Fonti archeologiche
    Fonti documentarie
     
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    Questa è più o meno la vecchia visione scolastica in voga qualche decennio addietro.

    Vista la triste situazione in termini di precarietà e di visibilità, non ha più molto senso pensare di fare su questo Forum discussioni sopraffine, citando fonti o cercando di esprimere qualcosa di originale, però un aspetto lo si può provare ad evidenziare: sono cambiate molte cose da allora (non solo, ma francamente soprattutto grazie agli strumenti elettronici, sul web e non, basti come esempi pensare alla esplosione nell'ultimo quarantennio dei thesauroi terminologici o alla apparentemente banale possibilità di visualizzare oggi una immagine raster di un testo originale avendo contemporaneamente in metadato la proposta di trascizione del medesimo testo con funzionalità di ricerca di stringa o di calcolo di battute o di parole) e le metodologie si sono ampiamente contaminate, di solito nel senso di applicare quelle più minuziose riguardanti le epoche più remote ad orizzonti anche più recenti.

    Ormai si studiano documenti manoscritti seicenteschi con tecniche da papirologia, cioè trasversalmente fra testo, stile, supporto e materiale scrittorio, si ricostruisce -quando mancante- il possibile archetipo di una edizione a stampa ottocentesca (comprese individuazioni di varianti d'autore o al contrario lectiones faciliores del modesto redattore di turno etc. etc.) tenendo conto della tecnologia come se si trattasse di un documento da tradizione amanuense proveniente dall'età medievale e alla ricerca di spiegazioni o contestualizzazioni di fatti riportati si ricostruisce la cultura materiale della prima metà del XX sec. (sto pensando alle guerre mondiali, in particolare alla prima) con approcci assolutamente da ricerca archeologica (sia quanto alla applicazione del metodo tipologico come criterio dell'inquadramento cronologico-culturale che per aspetti di archeologia sperimentale).

    Se poi volessimo citare come altro esempio le fonti numismatiche, ormai l'approccio della ricerca storica applica -si potrebbe dire- ai Borboni di Napoli o ai talleri di Maria Teresa metodi interdisciplinari che quando studiavo io i miei docenti universitari sperimentavano sulle monete degli imperatori romani del I sec. d.C. (sto pensando alla individuazione di strategie iconografiche, di operazioni di riconio o di riemissione, riconoscimento delle zecche anche quando non dichiarate, analisi delle modifiche del valore nominale rispetto a quello intrinseco del metallo etc. etc. senza settorialità fra informazione testuale, iconografica o materiale)

    Infine, proprio grazie a quegli strumenti informatici, a non essere pigri oggi la fonte sempre più spesso è direttamente disponibile tale e quale per gli occhi di chiunque, senza la mediazione di uno studioso di grido la cui opinione finisca col prevalere sulla fonte stessa. Praticamente abbiamo vissuto quasi senza accorgecene una riforma luterana. Certo, con tutti i suoi rischi e i suoi carichi di responsabilità.
     
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