Cosa pensate della diserzione

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    virelle tu non puoi sapere per certo che chi, durante una guerra in corso, entrando in casa tua con un mitra spianato, abbia intenzione di uccidere te e i tuoi familiari o semplicemente farvi prigionieri, anzi, lasciandoti il tempo di sparare per prima e quindi ucciderlo è dimostrazione del fatto che non era sua intenzione ucciderti.
     
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    Ho proposto un esempio banale, non una sceneggiatura, peraltro -immagina i tempi della scena- poco realistica. "Volete farci prigionieri o ammazzarci? Un attimo, che sparo!"
    Il senso voleva essere che può sempre darsi una situazione in cui i nostri "principi" vengono messi in crisi; è il caso di chiarire a noi stessi, almeno nelle intenzioni, come reagiremmo.

    Edited by virelle - 24/4/2024, 11:18
     
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    CITAZIONE (Ondablu @ 21/4/2024, 19:01) 
    A meno che sei rambo e li ammazzi tutti! Non è più logico arrendersi e salvare così la tua vita e quella delle persone care. La guerra esiste perché c'è una reazione ad un invasione, è probabile che se ti fai invadere pacificamente non ti viene torto un capello non credi?

    Hai riassunto perfettamente l'indole ed il pensiero degli ebrei del Ghetto di Varsavia (e quello di altri milioni di ebrei in Europa) durante la II Guerra Mondiale) che pensavano di avere salva la vita se non solo si fossero arresi, ma anche se avessero dato tutti i loro averi ai nazisti.
    Non è andata proprio così.
    E, comunque, personalmente, fossi per esempio un Ucraino, tra vivere da schiavo dei russi (e coi membri della mia famiglia, in particolare le donne, date in pasto alla loro soldataglia) e morire, preferisco mille volte morire in battaglia.
    Si muore una volta sola, chi vive da schiavo muore mille volte al giorno tutti i giorni della sua misera vita.
     
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    Ma poi questo ritorno così insistente nelle nostre discussioni di riferimenti -con evidentissima connotazione di paura- verso la morte individuale non dovrebbe essere parte della nostra cultura europea (nè di quella laica dalle radici classiche, né di quella di chi crede): si vive allo scopo di fare qualcosa di buono per la Collettività alla quale si appartiene, con spirito di servizio e in nome di ideali che si abbracciano in una prospettiva di durata maggiore di quella personale, non per cercare di sgavagnarsela trascinandosi pur che sia più a lungo possibile.

    Ci vedo un colpo di coda del materialismo socialista -che pensavo sconfitto- e dell'individualismo egoista da pubblicità televisiva, trascinato dalla vuotezza di riferimenti valoriali ideali.
     
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    Ma veramente il dilemma che ci siamo posti io e Acqua blu è se sia meglio uccidere o essere uccisi, quindi non la vedo tutta questa paura di morire da parte nostra, semmai c'è un timore di vivere con un costante rimorso di coscienza per il resto della nostra vita per aver ucciso qualcuno.
     
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    A me non pare che voi poniate davvero la questione in questi termini (che a me parrebbero pienamente legittimi, anzi sempre doverosi, con possibili risposte di volta in volta differenti, e coerenti con i presupposti culturali che dovrebbero essere nostri, del laico come del variamente credente).

    A me pare invece che per finta voi poniate sul medesimo livello i termini di un doloroso dilemma fra uccidere ed essere uccisi, ma lo facciate con toni che disvelano il vero intento di subdolamente insinuare l'idea che debba essere ovvio preferire una situazione di deresponsabilizzata non-violenza, nella quale ciascuno mentre sta attaccato agli egoistici affari personali si bea del proprio "not in my name" proprio per sottrarsi ad una "decisione irrevocabile" (hoops!)

    Ebbene, questo come posizione che vesisse assunta a priori lo considero pacifismo, che ho già in questa e tante altre discussioni su questo Forum additato -distinguendolo dalla pacificità- come il peggiore e più criminogeno dei mali del Novecento (perché manda a carte quarantotto l'unico vero antidoto che abbiamo per impedire le guerre, cioè la deterrenza armata sbandierata dalle piazze, dalla stampa e oggi dal web prima ancora che dalla pur necessaria diplomazia).
     
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