L'attualità dell'opera di Giuseppe Mazzini e Carlo Cattaneo

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    Può sembrare fcile sminuire se non sbeffeggiare Mazzini , tra l' altro personaggio con poche protezioni , i cattolici non lo amano, i Marxisti non dimenticano lo scontro sulla comune, i liberali sono tutti tesi a magnificare Cavour lo considerano un rompiscatole, i leghisti lo vedono come uno dei colpevoli dell' Unità di Italia , i fascisti ne parlano bene , ma in una maniera che sono quasi meglio gli insulti. Ogni tanto qualche personaggio stupisce positivamente come Saviano con la bella lettura del giuramento della Giovine Italia, ma per lo più è comodo fare i dissacratori senza pericolo. E nella categoria non poteva mancare Bruno Vespa che in video e su libro l' 'ha definito in varie maniere da pasticcione persino impotente ( a quanto ne so molti mariti londinesi di quell' epoca avrebbero detto "magari!")
    Ma ecco una robusta lettera aperta sull' argomento di Sauro Mattarelli ex direttore del Pensiero Mazziniano, ho evidenziato 2 frasi che mi hanno decisamente colpito

    L’attacco a Mazzini
    Lettera circolare e aperta

    Cari amici,
    continuo a ricevere molte lettere (quasi tutte email in realtà) sul fatto che negli ultimi tempi stiamo assistendo a numerosi attacchi contro il Risorgimento, Garibaldi e, soprattutto, Mazzini. Molti lamentano che siano state rispolverate come “verità storiche” le calunnie con cui la propaganda austriaca e papalina aveva etichettato il Genovese: menogramo, terrorista, pavido, capace di mandare a morire giovani in nome di cause bislacche, mentre lui se ne stava al sicuro. E poi altri luoghi comuni: inconcludente, politicamente improduttivo, cinico, fedifrago, ieratico. Una macchietta insomma.
    Qualcuno, sconsolato, mi parla di un senso di disagio e di impotenza di fronte alle falsificazioni della storia: certo, ormai nessuno si preoccupa di spiegare perché tutti i grandi potentati e i maggiori intellettuali dell’Ottocento si siano sentiti in dovere di confrontarsi con un personaggio “di così poco conto”. Nessuno si chiede perché Austriaci, Francesi, Inglesi, Borbonici abbiano dedicato energie, risorse ed eserciti per fermare un mentecatto isolato come il “povero Pippo”. Né perché studiosi, rivoluzionari e uomini politici: da Marx ed Engels a Mill, Blanqui, Tocqueville, Metternich, Cavour, per citare solo qualcuno a caso, abbiano sentito l’esigenza di fronteggiare, confutare, dialogare con questo “utopista sprovveduto”.
    Bisognerebbe poi comprendere per quale ragione, appena dopo la sua morte, perfino la monarchia sabauda abbia scelto di appropriarsi di Mazzini, ovviamente snaturandolo, fin quasi giungere a santificarlo e perché oggi, quando va bene, si scelga di ripartire da queste distorsioni, o dalle forzature di Giovanni Gentile, che tentò di addomesticare (o forzare) il mazzinianesimo per imbastire una pedagogia civile e offrire una copertura culturale al regime fascista, in affannosa ricerca di precursori. Molto più raro, nei tempi che corrono, trovare analisi che facciano riferimento non tanto alle riflessioni dei pensatori repubblicani, ma ai vari Gobetti, Rosselli, Gramsci, Salvemini, Amendola.
    La denigrazione a cui assistiamo quindi, molto probabilmente, dipende da cause che con la storia, la storiografia, la teoria politica e la cultura in generale hanno ben poco a che vedere. Chi banalizza o ingiuria Mazzini non si è infatti preoccupato di documentarsi o di confutare dati opponendo nuove ricerche e nuovi documenti. La metodologia è grossolana: si estrapola qualche frase qua e là, si esegue qualche “copia incolla” degno di un liceale svogliato e il gioco è fatto. Non ci riferiamo tanto alla tipologia che vede in prima fila i Bruno Vespa o gli Aldo Cazzullo, che sono uomini del potere, elevati a un rango che si colloca fra il talk-show e lo spettacolo di varietà, ma non ancora a quello di uno storico. Preoccupano maggiormente professori, docenti, giovani e meno giovani, che si sono prestati a questo gioco e ambiscono a luminose carriere accademiche.
    Comprendo dunque il disagio di tutti coloro che mi hanno scritto, ma occorrerebbe, innanzitutto, prima ancora di partecipare alla grande rissa, riflettere attorno ad alcune possibili ipotesi che possano essere collegate con questo curioso e inquietante fenomeno.
    1) Mazzini è un facile bersaglio, perché nessuno, tranne gli ultimi mazziniani (i Repubblicani non esistono più come forza politica), ha interesse a difenderlo. Un capro espiatorio culturale insomma.
    2) Mazzini è demodé. Nel senso che la declinazione di un’etica basata sul dovere e sulla coerenza tra pensiero e azioni compiute, oggi non solo non è attuale, ma infastidisce i potenti di ogni risma e lega che fanno riferimento a canoni etici esattamente opposti.
    3) Mazzini, fra tutti gli artefici dell’unità d’Italia è, come referente politico, il più scomodo. Il suo progetto prevedeva un’Italia unita, libera, indipendente e repubblicana. Un’Italia che guardasse all’Europa dei popoli e non agli interessi di bottega. Spiegava chiaramente, in tal senso, le condizioni di esistenza di una repubblica democratica, in mancanza delle quali la forma perdeva ogni sostanza e la Repubblica sarebbe scesa al rango di un qualsiasi sultanato. Mazzini chiama dunque alla responsabilità, al coraggio, al senso della vigilanza, mentre oggi la paura e l’apatia sono diffuse artatamente come un veleno sottile con un efficace potere anestetizzante.
    In tempi in cui il 10% degli italiani detiene gran parte della ricchezza del paese, mentre gli altri non arrivano a fine mese; quando le categoria sociali tornano ad essere identificabili secondo i concetti di servi, cortigiani (e cortigiane), lacché… nell’epoca in cui la politica si basa sul controllo dell’informazione e sulla capacità di abituare le masse alla bugia, mentre le veline diventano ministri, le ruberie si fanno sistema di regime e i reati di corruzione, evasione fiscale, riduzione in schiavitù vengono banalizzati, se non esaltati, è ovvio che i migliori giullari di questo stato di cose non possano che desiderare di esiliare e irridere Mazzini.
    Simile speculare ragionamento, anche se apparentemente “opposto” si ottiene da una sinistra italiana prigioniera del suo conservatorismo a oltranza, incapace, per difetto di analisi ed evidenti carenze di leadership culturali, di leggere le dinamiche contemporanee e quindi ben lontana dal riformismo sociale a cui la filosofia di Mazzini richiama.
    4) Mazzini non è, infatti, “granitico”. Il suo impianto di pensiero è certamente complesso, non può essere preso per parti o scampoli, ma nel contempo è forse il pensatore dell’Ottocento che consentirebbe una interpretazione profonda (e scomoda) dell’età contemporanea. Occorrono però intellettuali veri che abbiano il coraggio di applicarsi rinunciando al comodo ma improduttivo ruolo di giullari o denigratori dell’esistente. Uno studio appena decente di Mazzini come momento di pedagogia civile sarebbe tuttavia stato possibile fino a qualche decennio fa, anche solo con la licenza elementare. Si è preferito distorcere per motivi che in questa sede sarebbe troppo lungo spiegare. Oggi non ci sono più neppure le condizioni per ripartire capillarmente da Mazzini perché ci ritroviamo con una scuola e con una considerazione per lo studio e la ricerca che, in nome di non so quale presunto efficientismo, ha ridotto anche molti laureati a un livello di analfabetismo (“di ritorno”, ma non solo) degno dell’epoca borbonica. Naturalmente i nostri avi sapevano benissimo che l’analfabeta è a un passo dalla condizione di schiavo. Mazzini stesso aprì scuole per combattere questa piaga, grave quanto le peggiori epidemie, ma oggi, in tempi di lauree prese col CEPU, di lezioni impartite a colpi di spot, sms e di insulsi programmi televisivi, la memoria è ormai ridotta al ricordo di qualche minuto ed eterizzata secondo cliché imposti da poteri inafferrabili. In un simile contesto Mazzini può e deve essere bandito, denigrato, deriso senza che nessuno se ne accorga o alzi la voce.
    5) Esaminiamo, infine, con scarsa convinzione, la possibilità consolatoria, cara a molti mazziniani, che Mazzini faccia, nonostante tutto, ancora paura alle “masse” telecomandate. Il suo pensiero può certo essere considerato “sovversivo” in un mondo dove il banditismo è assurto a sistema; ma non crediamo si possa temere qualcosa che magari si intuisce attraverso sbiadite nozioni ma, sostanzialmente, si ignora. L’attacco pensiamo piuttosto che si basi su qualcosa di simile alla rozza superficialità dei bulli che, forti per numero e col cervello azzerato da un’ignoranza diventata merito, se la prendono con chiunque e con qualunque cosa suoni come “diversità”, disomogeneità, anticonformismo.

    Che fare? Abbiamo ragionato su ipotesi diverse, alcune contraddittorie, altre complementari. Sia chiaro, rifiutiamo categoricamente l’etichetta di “antitecnologici” solo perché preferiremmo che la “banda larga” fosse un mezzo diffuso a livello capillare per sostituire gli imperi televisivi e non un’associazione a delinquere per gestire appalti. Né siamo nostalgici della scuola d’élite solo perché denunciamo il drammatico scadimento della qualità dell’istruzione, che rilancia di fatto una tragica discriminazione tra chi può comunque istruirsi e accedere alle informazioni e la massa che resterà condannata all’impotenza perché crollano gli investimenti in ricerca, i bravi vengono surclassati dagli astuti, le capacità sono certificate, più che dal lavoro svolto e dallo studio, da prostituzioni di varia natura.
    Siamo altresì convinti che solo il conseguimento di un livello decente di senso sociale e culturale potrebbe “salvare” Mazzini. Certo, le nostre considerazioni, a essere ottimisti, verranno spacciate come lagnanze di utopisti polverosi, frustrati e insoddisfatti, con lo sguardo volto all’indietro. Le preoccupazioni per la precarietà, la miseria incalzante, le ingiustizie conclamate sono infatti etichettate come vecchiume o comunismo residuale. Nessun giornale cartaceo o telematico aumenta le vendite pubblicando qualcosa che implichi un minimo di riflessione e quasi nessuno sponsor finanzia volentieri terze pagine o “fondi” degni di questo nome. La ginnastica dell’obbedienza non ha più bisogno dei manganelli e dei cannoni: è molto più efficace la manipolazione occulta delle coscienza perché, come diceva Silone, non c’è peggiore (e quindi più “efficace”) schiavitù di quella che si ignora. Perciò i nuovi regimi dispotici coltivano la paura, l’apatia, il servilismo, la rassegnazione, l’egoismo, la solitudine instillandoli quotidianamente con l’invenzione di nemici che, a rotazione, possono essere gli immigrati, i gay, gli scienziati, i liberi pensatori, gli ambientalisti.
    La menzogna sistematica, la negazione, ora, dell’affermazione di un’ora fa costituiscono la “prova del fuoco”che i nuovi dispotismi impongono agli sventurati sudditi per monitorare la loro fedeltà. Questi regimi vivono costruendo tensione, emergenze, angoscia e isolando le coscienze, costringendole al chiuso di case su cui gravano spese, quotidiane, spesso insostenibili: mutui, digitali terrestri e, soprattutto, stili di vita a cui tutti si devono conformare. La libertà mazziniana, fondata sulla piena padronanza della propria coscienza non può dunque convivere con questa “libertà” telecratica, né col burocratismo unidimensionale e conservatore da cui la sinistra italiana non si è ancora completamente liberata. L’attacco a Mazzini ne è il logico corollario e i mazziniani non possono e non devono sperare di rintuzzare questo attacco usando le stesse armi: chiedere un invito a “Porta a porta” per confutare, o elemosinare un articolo su un giornale. Ci resta solo il passaparola, il ritorno al metodo delle catacombe, la forza dirompente e comunque insopprimibile del dialogo, del nostro personale esempio, del nostro stile di vita. Le nuove tecnologie aprono spiragli di grande interesse per la riconquista di una dimensione sociale e comune che non sia corrotta dalle banalizzazioni, dalle mafie, dai clan, dai brevetti imposti perfino sull’acqua che beviamo e sull’aria che respiriamo. Per ora, dunque, possiamo solo testimoniare (ed è già tanto), senza illusioni, possiamo suggerire o evocare, a bassa voce, qualcosa, apparentemente invisibile ma percepibile dagli altri, che ci faccia sentire meglio, migliori, più sereni; che ci consenta di dire di aver cambiato la storia tentando di trasformare il mondo in qualcosa di migliore da come lo abbiamo trovato.
    Un abbraccio
    Sauro Mattarelli


    PS la fonte non la cito perchè sarebbe scorretto, ma è il sito che conoscete

    Edited by lucrezio52 - 6/1/2011, 00:18
     
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  2. onestobender
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    CITAZIONE
    PS la fonte non la cito perchè sarebbe scorretto, ma è il sito che conoscete

    Lucrezio cita pure, l'articolo è scritto bene ed esprime punti di vista interessanti.
     
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  3. lupog
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    incuriosito sono andato a cercarmi il punto di vista di Vespa su Mazzini : «Confesso la mia più profonda disistima per Mazzini. Intendiamoci: ideali rispettabili. Ma un disastro d'uomo, un irresponsabile totale. Ogni volta che si alzava dal letto, combinava un guaio. Fosse rimasto a scrivere sotto le coltri, forse avrebbe spedito meno seguaci all'altro mondo. Quanto al sesso, circolava la voce che fosse impotente. Ebbe una sola donna, Giuditta, una radicalchic, vedova di un patriota emiliano. Lei lo chiamava Pippo. Ora, se c'era una persona al mondo alla quale mai e poi mai avrebbe potuto attagliarsi il giocoso diminutivo oggi in uso per Baudo, questi era proprio Mazzini, abituato fin dall'età di 22 anni a vestirsi di nero in segno di lutto per la patria oppressa. Dopo essere stato lasciato da Giuditta, tornò al suo totale disinteresse per il genere femminile. Un amico gli gettò tra le braccia una ragazza perché la sposasse. Fu respinta con disgusto»

    Uh mamma: Mazzini potrà piacere o meno, però porca miseria ridurlo a una macchietta che ogni qual volta si alzava dal letto combinava guai..... rabbrividisco nell'immaginare gli effetti che i libri di Vespa possano provocare nelle menti di chi li legge :wacko:




    ehm scusa Romeo..... hai cancellato il tuo ultimo intervento su Mazzini? Dimmi almeno cosa ne pensi della mia proposta di creare due discussioni...

    Edited by lupog - 23/1/2011, 16:23
     
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    Ovviamente dissento totalmente da Vespa , ma il problema non stà in questo , la stessa supponenza e unilateralità l' hò trovata , di segno opposto , nell' articolo in questione , che personalmente , in una seria discussione storica ci stà come i cavoli a merenda , di questo passo finiremo per buttare in politica qualsiasi argomento , se vogliamo discutere di Mazzini , come di qualsiasi fatto o personaggio storico , esaminiamolo senza interventi di organi schierati , che non aiutano certo a un approfondimento sereno e obiettivo delle questioni trattate.
     
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    CITAZIONE (lupog @ 22/1/2011, 17:49) 
    . In definitiva credo che i due piani, quello dell'analisi storica e quello dell'attualizzazione del pensiero di Mazzini si stiano sovrapponendo nella discussione ingenerando confusione. Ritengo dunque opportuno affrotnare separatemetne i due aspetti e se Lucrezio non ha nulla in contrario sposterei il suo post con i relativi successivi interventi in una discussione ad hoc in cui ciascuno potrà esprimere i propri commenti in maniera più mirata ed efficace :).

    Una discussione sull' attualizzazione del pensiero di mazzini sarebbe una delle cose più eccitanti a cui posso pensare fra quelle che normalmente si fanno vestiti ( :P ) , anche se non credo sia facilissmo distinguerla dalla analisi storica , come potete immaginare nel lillipuziano ma variegato mondo del fu Partito repubblicano ( spaccato in almeno quattro posizioni diverse , ci permettiamo pure due posizioni di centro che non si parlano fra loro) l' approfondimeto delle radici è una delle armi di contesa , e da tale eperienza traggo l' idea che ermeneutica ed attualizzazione non sono facilemtne separabili.
    Ma vale la pena di provarci
    A latere fatemi dire che il fatto che un sia pure micro mondo, senta la necessità di rifarsi a Mazzini per litigare , dopo tutto dimostra la capacità dell' "apostolo" di parlare anche un linguaggio moderno.

    Da ultimo , mi sono perso un passaggio , ma se capisco bene l' amico Romeo aveva pubblicato un commento critico alla lettera aperta di Sauro Mattarelli, se intende proporlo , magari in maniera articolata e motivata - come ha ampiamente dimostrato di saper fare , e magistralmente - troviamo le forme , ma mi impegno a diffonderlo così come ho diffuso la lettera di Sauro. E lo stesso vale per gli altri forumisti .Ovviammente come tutte le critiche potrà essere soggetto a critica :ciao:
     
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  6. lupog
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    Sono d'accordo Lucrezio sulla difficoltà di operare una netta distinzione tra Mazzini calato nel suo tempo e l'attualità del suo pensiero, un'impresa che evidentemente diventa più tanto più improba quanto maggiore è il coinvolgimento dell'interprete. :)
    Ma è un obiettivo verso cui è doveroso tendere sempre nello sforzo di distinguere tra ciò che è e ciò che vorremo fosse, e tra l'analisi spassionata e il giudizio di valore. :)

    Nella lettera postataci da Lucrezio oggetto delle critica oltre a Vespa, la cui illuminata disamina ha addolcito il mio sonno, c'era anche Aldo Cazzullo. Qualcuno è in grado di postarmi il suo giudizio su Mazzini? :)
     
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  7. Italo-romano
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    La mia domanda potrebbe risultarvi scontata, ma da neofita mi vien del tutto naturale: ritenete che la perdurante fase di frammentazione del repubblicanesimo italiano sia dovuta al carattere sostanzialmente bipolare del nostro sistema politico - per cui ci si è dovuti posizionare nel centrodestra o nel centrosinistra - oppure vi sono delle ragioni più antiche?

    E nel caso quali?
     
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    CITAZIONE (onestobender @ 22/1/2011, 13:24) 
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    PS la fonte non la cito perchè sarebbe scorretto, ma è il sito che conoscete

    Lucrezio cita pure, l'articolo è scritto bene ed esprime punti di vista interessanti.

    ti ringrazio Onesto cerco di non fare mai il piazzista di un sito che pur non essendo personale ricade principalmente sulle mie spalle ,

    www.novefebbraio.it

    la lettera di Sauro è stata pubblicata principalmente su tale sito e successivamente su facebook, stessa cosa per l' intervento che posto qui sotto in corsivo i brani di Mazzini il grassetto è mio

    MAZZINI IL SOCIALISMO IL LIBERALISMO

    Qualche giorno fa è apparso sul sito del Partito Repubblicano un articolo dal titolo “l’ eredità del risorgimento : i repubblicani contrapposti ai socialisti , non ai liberali “ . La tesi non è solo quella della differenza fra mazzinianesimo e socialismo, ma anche della sua non terzietà rispetto ad entrambi, ed invece a favore della possibilità di assimilarlo al liberalesimo inglese , limitando la contrapposizione al solo liberalismo italiano, monarchico e conservatore.

    www.pri.it/new/7%20Gennaio%202011/Fondo.htm

    Va da se l’ intento dell’ articolo di accompagnare il percorso che il partito repubblicano ha iniziato , (in questo trovando d’ accordo la gran parte delle componenti interne salvo poi dilaniarsi sui riflessi della scelta in politica interna) verso la costituzione di un polo liberaldemocratico.

    La questione però è interessante e può essere approfondita cercando in primo luogo di non far parlare l’ Apostolo , con cose che non ha mai detto . L’ affermazione “”Mazzini non avrebbe avuto un particolar e problema a riconoscersi nel liberalismo britannico” buttata lì lascia un po’ perplessi.



    Magari si potrebbe partire dai fatti, il punto di partenza non può che essere “i doveri dell’ Uomo “ capitolo 11° “Questione economica”.

    In questo capitolo vengono passati in disamina tutte le posizioni del dibattito di allora sulla “questione sociale , e se è vero che vi è una netta e assoluta presa di distanza dal Comunismo , definito “società da castori “, per il resto la questione è un po’ più complessa di come la raffigura l’ articolo



    Vengono in primo luogo criticati

    “Taluni fra i vostri più timidi amici hanno cercato il rimedio nella moralità dell'operaio. Fondando casse di risparmio o altre simili istituzioni, hanno detto agli operai: recate qui il vostro soldo: economizzate: astenetevi da ogni eccesso nella bevanda o in altro: emancipatevi dalla miseria colle privazioni.”,

    ottimi consigli ma

    “Ma né sciolgono la questione di miseria intorno alla quale io vi parlo, né tengono conto alcuno del dovere sociale. Pochissimi tra voi possono economizzare quel soldo.”

    Liquidata la posizione , potremmo dire da esercito della salvezza , si passa ad una momento decisivo



    Altri, non nemici, ma poco curanti del popolo e del grido di dolore che sorge dalle viscere degli uomini del lavoro, paurosi d'ogni innovazione potente, e legati a una scuola detta degli economisti, che combatté con merito e con vantaggio tutte le battaglie della libertà, dell'industria, ma senza por mente alla necessità di progresso e di associazione, inseparabili anch'esse dalla natura umana, sostennero e sostengono, come i filantropi dei quali ora parlai, che ciascuno può anche nella condizione di cose attuale, edificare colla propria attività la propria indipendenza; che ogni mutamento nella costituzione del lavoro riuscirebbe superfluo o dannoso; e che la formola ciascuno per sé, libertà per tutti è sufficiente a creare a poco a poco un equilibrio approssimativo d'agi e conforti fra le classi che costituiscono la Società. Libertà di traffici interni, libertà di commercio fra le nazioni, abbassamento progressivo delle tariffe daziarie specialmente sulle materie prime, incoraggiamenti dati generalmente alle grandi imprese industriali, alla moltiplicazione delle vie di comunicazione, alle macchine che rendono più attiva la produzione: questo è quanto, secondo gli economisti, può farsi dalla Società: ogni suo intervento al di là è, per essi, sorgente di male.



    Credo che si faccia fatica a non riconoscere in questi “economisti “ i liberali ( (formidabile la definzione e che la formola ciascuno per sé, libertà per tutti è sufficiente a creare a poco a poco un equilibrio approssimativo d'agi e conforti fra le classi ) e la critica agli “economisti” diventa una della più belle pagine di condanna delle menzogne del liberismo



    gli economisti non guardano che a fecondare le sorgenti della produzione senza occuparsi dell'uomo. Sotto il regime esclusivo di libertà ch'essi predicano e che ha più o meno regolato il mondo economico nei tempi a noi più vicini, i documenti più innegabili ci mostrano aumento d'attività produttrice e di capitali, non di prosperità universalmente diffusa: la miseria delle classi operaie è la stessa di prima. La libertà di concorrere per chi nulla possiede, per chi, non potendo risparmiare sulla giornata, non ha di che iniziare la concorrenza, è menzogna, com'è menzogna la libertà politica per chi mancando di educazione, d'istruzione, di mezzo e di tempo, non può esercitarne i diritti. L'accrescimento della facilità dei traffichi, i progressi nei modi di comunicazione, emanciperebbero a poco a poco il lavoro dalla tirannide del commercio della classe intermedia fra la produzione e i consumatori: ma non giovano a emanciparlo dalla tirannide del capitale, non danno i mezzi del lavoro a chi non li ha. E per difetto di un'equa distribuzione della ricchezza, d'un più giusto riparto dei prodotti, d'un aumento progressivo della cifra dei consumatori, il capitale stesso si svia dal suo vero scopo economico, 'immobilizza in parte nelle mani dei pochi invece di spandersi tutto nella circolazione, si dirige verso la produzione d'oggetti superflui, di lusso, di bisogni fittizi, invece di concentrarsi sulla produzione degli oggetti di prima necessità per la vita o si avventura in pericolose e spesso immorali speculazioni.

    Passa poi alla disamina di quello che ‘ è , per così dire a sinistra



    sorsero negli ultimi trent'anni, in Francia segnatamente, alcune scuole d'uomini buoni generalmente e amici del popolo, ma trascinati da soverchio amore di sistema e da vanità individuale, che sotto nome di socialismo proposero dottrine esclusive, esagerate, avverse spesso alla ricchezza già conquistata dall'altre classi ed economicamente impossibili, e spaventando la moltitudine dei piccoli borghesi e suscitando diffidenza fra ordini e ordini di cittadini, fecero retrocedere la questione e divisero in due il campo repubblicano. In Francia, il primo effetto di quella diffidenza e di quel terrore fu il più facile colpo di Stato.

    Io non posso esaminare con voi ad uno ad uno quei diversi sistemi, che furono chiamati Sansimonismo, Fourierismo, Comunismo, o con altro nome. Fondati quasi tutti sopra idee buone in sé e accettate da quanti appartengono alla Fede del Progresso, le guastavano o le cancellavano coi mezzi di applicazione che proponevano falsi o tirannici.

    L'abolizione della proprietà individuale nondimeno è il rimedio proposto da parecchi tra i sistemi di socialisti dei quali vi parlo, e segnatamente del comunismo

    Non bisogna abolire la proprietà perché oggi è di pochi; bisogna aprire la via perché i molti possano acquistarla.

    Bisogna richiamarla al principio che la renda legittima, facendo si che il lavoro solo possa produrla.

    Bisogna avviare la società verso basi più eque di rimunerazione tra il proprietario o capitalista e l'operaio.

    Bisogna mutare il sistema delle tasse, tanto che non colpiscano la somma necessaria alla vita e lascino al popolano facoltà di economie produttive a poco a poco di proprietà.



    Il rimedio è l’ associazionismo

    .



    Il rimedio alle vostre condizioni è l'unione del capitale e del lavoro nelle stesse mani.

    Quando la società non conoscerà distinzione fuorché di produttori e consumatori o meglio quando ogni uomo sarà produttore e consumatore - quando i frutti del lavoro, invece di ripartirsi tra quella serie d'intermediari che, cominciando dal capitalista e scendendo sino al venditore a minuto, accresce sovente del cinquanta per cento il prezzo del prodotto, rimarranno interi al lavoro - le cagioni permanenti di miseria spariranno per voi. Il vostro avvenire è nella vostra emancipazione dalle esigenze d'un capitale arbitro in oggi d'una produzione alla quale rimane straniero.

    I1 vostro avvenire materiale Il lavoro associato, il riparto dei fratti del lavoro, ossia del ricavato della vendita dei prodotti, tra i lavoranti in proporzione del lavoro compiuto e dal valore di quel lavoro; è questo il futuro sociale. In questo sta il segreto della vostra emancipazione. Foste schiavi un tempo: poi servi: poi assalariati: sarete fra non molto, purché il vogliate, liberi produttori e fratelli nell'associazione.


    Associazione libera, volontaria, ordinata su certe basi da voi medesimi, tra uomini che si conoscono e s'amano e si stimano l'un l'altro, non forzata, non imposta dall'autorità governativa, non ordinata senza riguardo ad affetti e vincoli individuali, tra uomini considerati non come esseri liberi e spontanei, ma come cifre e macchine produttrici.

    Associazione amministrata con fratellanza repubblicana da vostri delegati e dalla quale potrete, volendo, ritirarvi: non soggiacente al dispotismo dello Stato e d'una gerarchia costituita arbitrariamente e ignara dei vostri bisogni e delle vostre attitudini.

    Associazione di nuclei formati a seconda delle vostre tendenze, non come vorrebbero gli autori dei sistemi ch'io vi accennai, di tutti gli uomini appartenenti a un dato ramo d'attività industriale o agricola.



    I brani che abbiamo riportato ovviamente danno solo un compendio del pensiero di Mazzini. Ma riteniamo abbastanza fedele.

    Credo che si faccia fatica a considerare queste idee assimilabili al liberalesimo , sia pure nelle forma più avanzata della esperienza inglese, il mazzinaniesimo fu in realtà l’alternativa al marxismo come metodo per superare la società capitalista e liberale , fu opposto al liberalismo e concorrente al marxismo , purtroppo vinse Marx .



    Come ricorda Paolo Lingua nel suo Bellissimo “Mazzini il riformista” ECIG nella riunione fondativa della I Internazionale del 28 settembre 1864 gli emissari di Mazzini furono vicini a prenderne il controllo con l’ appoggio di Francesi Polacchi e di una parte delle Trade Union , contro i tedeschi vicini a Marx, imponendo uno statuto con un ispirazione simile a quello della Fratellanza Artigiana Universale Italiana basato sui concetti di Dio come valore morale, di avanzamento tramite l’ istruzione e l’ associazionismo, e una legislazione che promanasse da associazione specifiche operaraie, ma non in contrapposizione ad altre classi. , propugnando “l’ agitazione legale per ottenere una riforma fiscale tendente a far si che non gravi direttamente o indirettamente sulla vita , ma sul superfluo della vita”

    E così via . Certo non impostazione marxista , ma neppure liberale.

    D’ altra parte in italia i sindacati , le mutue , le cooperative mazziniane erano incompetezione con le analoghe marxiste ( e poi cattoliche) non certo con associazioni liberali.

    Il repubblicanesimo non è terzo fra liberalismo e marxismo , non perché parte del liberlismo , al contrario perché concorrente del secondo su come opporsi al primo.

    D’ altra parte come ha spiegato bene Maurizio Viroli il concetto repubblicano e democratico della libertà si contrappone al quello dei liberali : per loro la libertà è libertà dal’ interferenza, per noi dalla soggezione



    Le proposte i Mazzini ovviamente non possono essere riproposte puramente e semplicemente nella società attuale, ma più che associarsi alla generale genuflessione al pensiero unico liberista , varrebbe la pena di ricordare che esistono i fondamenti ideali per contrastare il pensiero liberale al di là delle ideologie sconfitte della lotta di classe , del pansindacalismo e dell’ iper burocrazia
     
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    CITAZIONE (Italo-romano @ 23/1/2011, 12:19) 
    La mia domanda potrebbe risultarvi scontata, ma da neofita mi vien del tutto naturale: ritenete che la perdurante fase di frammentazione del repubblicanesimo italiano sia dovuta al carattere sostanzialmente bipolare del nostro sistema politico - per cui ci si è dovuti posizionare nel centrodestra o nel centrosinistra - oppure vi sono delle ragioni più antiche?

    E nel caso quali?

    bella domanda Italo. Ti do una risposta basata più su sensazioni personali che su documenti, prendila per quello che vale.
    Il PRI è sempre stato un partito di frontiera, molto puntato sui contenuti, ma in realtà la differenti sensibilità su questi influenzavano le preferenze fra gli schieramenti
    Atlantismo, critiche al pansindacalismo, riduzione della spesa pubblica, rapporto con la dc ,

    europeismo, concertazione economica, qualificazione della PA e lotta all' evasione, diritti civili e laicismo

    Sono due gruppi di sensibilità che anche prima della spaccatura bipolare portavano a differenziazioni interne molto maggiori di quelle tra mazziniani, cattaneiani, azionisti, liberali di sinistra...

    Ma è sopratutto il rapporto con il PCI, l' interpretazione di essere l' altra sinistra, c'è chi legge il rapporto con il partitone sopratutto in terminidi scontro specie sulla prima parte di quei contenuti e chi nell' opera di occidentalizzazione (rapporti la malfa amendola)
    Questo per la base , se parliamo dei cd dirigenti ,morti Spadolini e Visentini la storia è molto più squallida
     
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  10. Italo-romano
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    Ti ringrazio; quindi, se ho correttamente inteso il senso delle tue parole, nel Pri vi erano sensibilità diverse circa l'interpretazione del suo essere un partito collocato comunque a sinistra, giusto?

    Inoltre - e qui ribadisco che la mia è una mera curiosità personale - ritieni il gruppo dirigente della generazione successiva agli Ugo La Malfa, Spadolini e Visentini sostanzialmente non all'altezza, giusto? Ivi compreso La Malfa junior?
     
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    Bisognerebbe intendersi sul significato di sinistra , la parte del Partito Repubblicano entrato nella coalizione col P.D nasce da quì , e al tempo (2001) rappresentava non più del 5% :
    A fine legislatura (dopo cinque anni di governi dell'Ulivo a guida Prodi, D'Alema e Amato) il PRI cambia schieramento: il XLII congresso del partito, a Bari nel gennaio del 2001, decreta l'adesione alla coalizione di centrodestra, mentre un ingresso ufficiale nella CdL non fu mai formalmente ratificato. Luciana Sbarbati, in aperta polemica con questa decisione, esce dal partito alla guida di un piccolo gruppo di scissionisti (5% dei voti congressuali) che daranno vita al Movimento Repubblicani Europei, alleato del centrosinistra. Alla scissione a sinistra corrisponde anche un recupero a destra: riconfluiscono nel PRI gli esponenti del movimento di Unità Repubblicana.

     
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  12. Italo-romano
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    CITAZIONE (Romeottvio @ 24/1/2011, 16:58) 
    Bisognerebbe intendersi sul significato di sinistra , la parte del Partito Repubblicano entrato nella coalizione col P.D nasce da quì , e al tempo (2001) rappresentava non più del 5% :
    A fine legislatura (dopo cinque anni di governi dell'Ulivo a guida Prodi, D'Alema e Amato) il PRI cambia schieramento: il XLII congresso del partito, a Bari nel gennaio del 2001, decreta l'adesione alla coalizione di centrodestra, mentre un ingresso ufficiale nella CdL non fu mai formalmente ratificato. Luciana Sbarbati, in aperta polemica con questa decisione, esce dal partito alla guida di un piccolo gruppo di scissionisti (5% dei voti congressuali) che daranno vita al Movimento Repubblicani Europei, alleato del centrosinistra. Alla scissione a sinistra corrisponde anche un recupero a destra: riconfluiscono nel PRI gli esponenti del movimento di Unità Repubblicana.

    _________________________________________


    Molte grazie per la dettagliata informazione storica (rammentavo solo vagamente la dinamica degli eventi). :)





     
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    CITAZIONE (Romeottvio @ 24/1/2011, 16:58) 
    Bisognerebbe intendersi sul significato di sinistra , la parte del Partito Repubblicano entrato nella coalizione col P.D nasce da quì , e al tempo (2001) rappresentava non più del 5% :
    A fine legislatura (dopo cinque anni di governi dell'Ulivo a guida Prodi, D'Alema e Amato) il PRI cambia schieramento: il XLII congresso del partito, a Bari nel gennaio del 2001, decreta l'adesione alla coalizione di centrodestra, mentre un ingresso ufficiale nella CdL non fu mai formalmente ratificato. Luciana Sbarbati, in aperta polemica con questa decisione, esce dal partito alla guida di un piccolo gruppo di scissionisti (5% dei voti congressuali) che daranno vita al Movimento Repubblicani Europei, alleato del centrosinistra. Alla scissione a sinistra corrisponde anche un recupero a destra: riconfluiscono nel PRI gli esponenti del movimento di Unità Repubblicana.

    bravo romeo ottima memoria :ok:
    se vogliamo approfondire (anche se queste miserie mi sembrano poco consone ad un 3d sull' attalità di mazzini) la questione è ancora più ingarbugliata. La prima scissione a sinistra del PRI è del 1994 qunado quasi metà del partito non accetta l' aleanza con segni e vanno via Visentini, Bogi Battaglia, Gualtieri, passagli....
    Poi il PRI va con il CX ( e si perde una altra fetta), poi torna destra e c'è la scissione dell' MRE a cui fa rifermento Romeo. L' unico scontro elettorale fra PRI e MRE è nelle elezioni del senato del 2006 dove entrambi prendono poche decine di migliaia di voti , anche se nella miseria prevale per qualche migliaio la Sbarbati.
    A quel punto l' MRE inizia un vorticoso dentro fuori dal PD perdendo pezzi tutte le volte ( da ultimo la Romafgna !)
    Ora la situazione è la seguente , il partito con la maggiore presenza istituzionale di origine repubblicana è il PD con il sen Musi, vicepresidente del commissione bilancio e commissario del PD calabria, il sen E Bianco e l' on Livi Bacci ( i tre non collaborano molto fra di loro). Nel CS c'è anco l' unico sindaco di origine repubblicana di italia Balzani di Forlì . La Sbarbati è in un gruppo del Senato con l' UDC all' opposizione, ma ha firmato un accordo per la riunificazione con Nucara PRI che è con Berlusconi. Giorgio la Malfa iscrittto ma deferito ai probi viri del PRI è nel gruppo degli ex Diniani LIBDEM , che fa parte del terzo poplo come la sbarbati , ma non si parlano.
    Nel pdl che io sappia l' unico parlamentare di origine repubblicana è Verdini, mapreferisco non parlarne
    :yuk:
     
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  14. Italo-romano
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    Solo un'ultima cosa amici, se posso: risulta anche a voi che recentemente abbiano firmato un accordo di riunificazione del partito tra le due branche di cd e cs?
     
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    CITAZIONE (Italo-romano @ 24/1/2011, 20:51) 
    Solo un'ultima cosa amici, se posso: risulta anche a voi che recentemente abbiano firmato un accordo di riunificazione del partito tra le due branche di cd e cs?

    Certo Italo, confermo quanto ho scritto sopra

    CITAZIONE (lucrezio52 @ 24/1/2011, 19:56) 
    . La Sbarbati è in un gruppo del Senato con l' UDC all' opposizione, ma ha firmato un accordo per la riunificazione con Nucara PRI che è con Berlusconi.

    L' accordo ha 9 punti programmatici nazionali , ma dice che fino al congresso (che non è chiaro quando si farà) ciascuno dei due rimane dove è (uno in maggioranza e l' altra all'opposizione) e per le amministrative si decide volta per volta. L' operazione è costata alla Sbarbati l' uscita di Musi (che era il presidnete dell' MRE) e a Nucara quella di G.La Malfa, i cui seguaci hanno fato sabato scorso una grande manifestazione a Roma , ibase alla quale parteciperanno al congresso PRI (quando si farà) ma, se ho capito bene non hanno deciso cosa fare se vince Nucara. :dunno:

    In quel sito che per buona educzione ho linkato una volta e poi basta trovi tutte le fonti e i docuemnti originali
    Ribadisco però che tutto ciò con l' eredità dell' Apostolo c'entra poco
     
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70 replies since 6/1/2011, 00:01   1878 views
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