Storia della guerra delle console per videogiochi

L'importanza degli anni Ottanta e Novanta

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    Inizio degli anni Ottanta: l'era delle console, gli apparecchi elettronici concepiti per giocare con i videogiochi in contesti domestici, è agli albori. Sta per cominciare una delle più appassionanti sfide commerciali di tutti i tempi, una guerra tra produttori senza esclusione di colpi che per due decenni caratterizzerà un mercato ricchissimo, generando immensi profitti, rovinose perdite e incredibili progressi nella qualità dei videogiochi.

    Le origini: ascesa e caduta di Atari, Inc. e la crisi del 1983
    La seconda metà degli anni Settanta e i primi anni Ottanta furono segnati dal dominio nel mercato delle console videoludiche di Atari, Inc., la leggendaria casa statunitense produttrice di alcuni dei primi videogiochi arcade (i videogiochi a gettoni o monete presenti in bar e sale giochi), tra cui il mitico PONG, trasformato solo in un secondo momento in varie console casalinghe. In quegli anni la sua piattaforma domestica di maggior successo, l'Atari 2600, prodotta a partire dal 1977, divenne, con l'ampliamento del suo parco titoli, una delle console più popolari di tutti i tempi. La grafica dei giochi era essenziale, i personaggi non assomigliavano quasi per nulla a ciò che dovevano rappresentare e il joystick aveva un solo tasto oltre alla manopola direzionale, eppure all'epoca l'Atari 2600 era quanto di più affascinante esistesse per i videogiocatori, che sopperivano alle carenze tecniche della macchina con l'uso della fantasia e che potevano contare su fantastici giochi spaziali ed effetti sonori eccezionali. Il regno di Atari, Inc. fu però contrastato e difficile: già all'inizio degli anni Ottanta la concorrenza di tante altre piattaforme videoludiche, come l'Intellivision di Mattel e il ColecoVision di Coleco, e soprattutto degli home computer, come il Commodore 64, mise in discussione il suo primato. A questo si aggiunse il fiasco dell'Atari 5200, il mastodontico successore designato del 2600, che non prese mai quota anche a causa della disastrosa funzionalità del suo controller originale.
    Il mercato videoludico, in rapida espansione, si affollò di nuovi attori fino al 1983. In quell'anno ben dodici console (contro le tre degli ultimi anni) affollavano negli USA gli scaffali dei negozi e ognuna aveva un proprio parco titoli, quasi sempre vasto e di infima qualità. A questo caos aveva contribuito una sentenza dell'anno precedente, in seguito alla quale negli Stati Uniti aziende esterne alle case produttrici delle console furono autorizzate a produrre videogiochi per tutte le piattaforme. Tale decisione rese i negozi di video game letteralmente stracolmi di titoli di pessima fattura che oscuravano i pochi giochi buoni. Il caso simbolo fu il vergognoso Custer's Revenge per l'Atari 2600, un videogioco esecrabile in cui un nudo ed eccitato George Armstrong Custer doveva attraversare un campo, evitando delle frecce, per violentare una nativa americana legata a un palo.
    In breve tempo i consumatori, esasperati da questo caos, si allontanarono dalle console; tra la fine del 1983 e l'inizio del 1984 le vendite delle piattaforme videoludiche e dei video game subirono così un crollo verticale ricordato come la crisi (o il crac) dei videogiochi del 1983, fatale per molte aziende.
    Atari, Inc. contribuì alla crisi del 1983 e si scavò definitivamente la fossa con due flop commerciali passati alla storia: Pac-Man e E.T. the Extra-Terrestrial. Pac-Man fu prodotto in enormi quantità e raggiunse il record, per l'Atari 2600, di sette milioni di copie vendute ma, a causa della sua modesta qualità (soprattutto in confronto alla splendida versione arcade), molte furono restituite dagli acquirenti. E.T. è ricordato come uno dei peggiori giochi di tutti i tempi, se non come il peggiore in assoluto. Atari, Inc. concesse solo cinque settimane al programmatore Howard Scott Warshaw per svilupparlo, affinché fosse in vendita prima del Natale 1982: il risultato fu un gioco orrendo che su cinque milioni di cartucce fabbricate ne vendette solo un milione e mezzo, una parte consistente delle quali fu rimandata indietro dai videogiocatori inferociti. Molte delle copie avanzate e restituite dei due giochi, e di altri, furono sotterrate di nascosto da Atari, Inc. nella discarica di Alamogordo, nel New Mexico; quando la cosa iniziò a divenire di dominio pubblico per l'azienda fu un rovescio di immagine che si aggiunse a quello economico. Per anni il sotterramento delle copie di E.T. e Pac-Man è stato ritenuto da più parti una leggenda metropolitana, ma nel 2014 svariate copie di giochi Atari, in primo luogo di E.T., sono state rinvenute vicino ad Alamogordo, confermando l'autenticità dello scempio perpetrato da Atari, Inc.
    Nel 1984 Atari, Inc., travolta dalla crisi, colò a picco. Il glorioso 2600 rimase in produzione fino al 1991: la sua longevità rende giustizia a una console che oggi appare misera ma che rappresenta una pietra miliare nella storia dei videogiochi. Il marchio Atari sarebbe ricomparso nel mercato videoludico rendendosi protagonista di altri clamorosi rovesci.
    La crisi del 1983 rappresentò la fine della "seconda generazione" (o "era") delle console, iniziata con l'Atari 2600, che aveva rappresentato un salto di qualità notevole rispetto alla "prima generazione", caratterizzata dalle macchine primitive degli anni che vanno dal '72 al '77. Tra queste vanno ricordati, oltre alle console PONG, i gloriosi Odissey della Magnavox, piattaforme che producevano due lucine sullo schermo che avevano un ruolo diverso a seconda del "campo da gioco" che si attaccava manualmente al televisore.

    Il ritorno delle console: Nintendo, SEGA e la "guerra dei bit"
    Il biennio 1984-85 fu caratterizzato da un sostanziale immobilismo nel mondo dei videogiochi, ma la riscossa delle console era dietro l'angolo e venne lanciata da due storiche case produttrici giapponesi destinate a scontrarsi da quel momento per un decennio in tutto il mondo: Nintendo e SEGA. L'era delle piattaforme a 8 bit, la "terza generazione" delle console per videogiochi, era iniziata.
    Nintendo presentò alla fine del 1985 negli Stati Uniti il Nintendo Entertainment System (NES), Family Computer, o più semplicemente Famicom, in Giappone, una piattaforma innovativa e spettacolare, assoluta dominatrice del mercato per diversi anni. Il NES trionfò per la qualità mediamente alta dei suoi giochi (sebbene diversi titoli, come quelli targati LJN, fossero dei bidoni), ottenuta anche grazie alla lungimirante scelta di Nintendo, oggi adottata da tutti, di creare una licenza per i videogiochi sviluppati da terze parti, al fine di limitarne il numero e tenerne sotto controllo la qualità: la lezione del 1983-84 era stata bene appresa dalla casa giapponese. Tra i giochi che fecero la fortuna della piattaforma di Nintendo non si possono non ricordare Super Mario Bros, una delle "killer application" più importanti della storia dei videogiochi, The Legend of Zelda e Mega Man, capolavori assoluti di saghe continuate anche su successive piattaforme.
    L'unico valido concorrente del NES fu il Sega Master System di SEGA, SG-1000 Mark III in Giappone, che ottenne buoni risultati di vendita soprattutto in Europa e in Sud America; al contrario l'obsoleto Atari 7800 della rediviva Atari (nata, con diversi nomi a seconda dei rami produttivi, dalle ceneri di Atari, Inc.) fu un fiasco come il suo predecessore, il 5200. Presentato negli USA nel 1986, il Master System era un'ottima macchina, ma era penalizzato da un parco titoli non all'altezza di quello del NES. Ebbe tuttavia una grossa importanza storica: per difenderlo SEGA citò con successo in giudizio Nintendo per abuso di posizione dominante nel rapporto con le società sviluppatrici dei suoi giochi, alle quali proibiva di effettuare le conversioni per le altre piattaforme per due anni. La causa vinta creò le condizioni per un maggiore equilibrio tra le due aziende nell'offerta di titoli giocabili.
    Tra il 1988 e il 1990 SEGA sferrò un colpo ancor più tremendo a Nintendo lanciando il Sega Mega Drive (Sega Genesis negli Stati Uniti), la prima console importante di "quarta generazione" a 16 bit (seconda temporalmente solo al modesto TurboGrafx-16/PC Engine). Nettamente superiore per qualità grafiche e sonore e soprattutto per l'incredibile velocità dei suoi giochi rispetto all'ormai vecchio NES, per cui negli anni precedenti erano stati prodotti solo alcuni, generalmente pessimi, accessori, il Mega Drive/Genesis conquistò il favore dei videogiocatori anche grazie a un'aggressiva campagna di marketing che negli USA fu caratterizzata dall'ancor oggi celeberrimo slogan "Genesis does what Nintendon't'" ("Il Genesis fa ciò che il Nintendonon", si potrebbe tradurre). Anche per i più strenui difensori del NES una realtà era innegabile: il Mega Drive aveva 16 bit e il NES solo 8; sebbene nessuno all'epoca sapesse cosa fossero i bit, questo fatto rivestiva un'enorme importanza per i consumatori. Era l'inizio della "guerra dei bit", un misterioso periodo durato un quinquennio durante il quale la bontà di una console sembrava coincidere con l'oscura specifica dei bit.
    La risposta di Nintendo arrivò solo nel 1991 con il Super Nintendo (SNES), una macchina a 16 bit superiore al Mega Drive sotto tutti gli aspetti tecnici, dalle capacità grafiche alla qualità audio al design del joypad. Tutti tranne uno: la velocità di elaborazione. SEGA usò questo suo unico asso nella manica per una nuova campagna pubblicitaria vincente che, mettendo a confronto spettacolari titoli come quelli della saga Sonic the Hedgehog con il più lento (ma divertentissimo) Super Mario Kart del Super Nintendo, vantava il "Blast Processing", la "velocità bomba", del Mega Drive, paragonandola a quella inferiore dello SNES, dipinto come una console per bambini. I giochi di Sonic, il riccio blu simbolo di SEGA, erano capolavori assoluti per l'epoca, ancora oggi godibili, platform innovativi, velocissimi e coloratissimi che dimostravano che il Mega Drive non era affatto antiquato come Nintendo voleva far credere. Le critiche di SEGA al Super Nintendo erano però ingenerose: sebbene leggermente più lento, lo SNES era per l'epoca una console eccezionale per caratteristiche tecniche, giocabilità e parco titoli, e per nulla infantile.
    Il Mega Drive e lo SNES si spartirono il mercato e anche se la piattaforma di Nintendo alla fine fu la più venduta, si può parlare, almeno al di fuori del Giappone (dove lo SNES nipponico, il Super Famicom, dominò), di un sostanziale pareggio tra due macchine vincenti. Nonostante il successo di pubblico del Super Nintendo, figlio anche di alcune splendide conversioni di videogiochi arcade, come il cult delle sale giochi Street Fighter 2, il Mega Drive, con il suo design moderno, i suoi effetti sonori rock e i suoi titoli esclusivi adrenalinici e sportivi, guadagnò e mantenne una significativa fetta di mercato, facendo breccia soprattutto nel pubblico più adulto, riuscendo così a reggere il confronto con una delle più fantastiche console di tutti i tempi. La piattaforma di SEGA risultò l'unica in grado di centrare un simile successo.
    La prima metà degli anni Novanta fu un'epoca di grande entusiasmo nel mondo videoludico e il mercato, un po' come all'inizio del decennio precedente, fu invaso da svariate piattaforme, diverse delle quali di basso livello. I consumatori, però, avevano molti più mezzi rispetto al 1983, come le più numerose riviste specializzate di settore, per sapere di chi fidarsi e di chi no, e così quelle macchine scadenti rimasero a intasare gli scaffali. Merita un discorso a parte il Neo Geo di SNK, la console che, a partire dal 1990, portò per prima l'esperienza dei giochi arcade nelle case dei videogiocatori. Nonostante la sua eccellente qualità non sfondò a causa del costo esorbitante delle sue gigantesche cartucce e della stessa macchina. I suoi successori a CD, molto più economici, fallirono perché privi di un parco titoli all'altezza.

    La sfida parallela: le console portatili
    Negli stessi anni in cui il NES (poi lo SNES) e il Mega Drive si contendevano il mercato delle piattaforme videoludiche domestiche, Nintendo e SEGA si diedero battaglia anche per il predominio nel campo delle console portatili, fin lì in mano ai giochi elettronici. I giochi elettronici sono macchine con uno o più giochi incorporati i cui rappresentanti di maggior successo negli anni Ottanta furono i Game & Watch di Nintendo, che funzionavano anche da orologio e sveglia (da cui il nome), e le loro imitazioni più famose prodotte da Tiger Electronics; negli anni Novanta spopolarono i Tamagotchi. I giochi di Tiger erano aggeggi di plastica (o persino orologi) che tutti o quasi avevamo in casa in cui l'azione si riduceva a qualche piccolo disegno che dava l'illusione del movimento su una schermata ferma; incredibilmente non scomparvero per tutti gli anni Novanta.
    Nel 1989 Nintendo lanciò, con successo immediato e planetario, la sua prima console portatile a cartucce, il leggendario Game Boy. Essenziale nei colori e nella grafica, il Game Boy conquistò il mercato mondiale grazie a giochi divertenti come Tetris e Super Mario Land e alla sua eccellente portabilità. SEGA rispose un anno più tardi con il Game Gear, una piattaforma portatile a colori basata sul Master System nettamente superiore al Game Boy sotto tutti gli aspetti tecnici e, a differenza della macchina di Nintendo, dotata di display retroilluminato, il che permetteva il gioco anche al buio. Il Game Gear era un gioiello, ma soffriva di quattro grossi difetti, di cui uno fatale. Innanzitutto era più caro del Game Boy; in secondo luogo aveva un parco titoli di ottima qualità ma quantitativamente limitato rispetto al concorrente; in terza istanza era meno comodo da trasportare del Game Boy a causa delle sue maggiori dimensioni; infine, e questo fu il motivo principale per cui la console portatile di SEGA vendette incomparabilmente meno di quella di Nintendo, aveva un'autonomia clamorosamente bassa: pur funzionando con ben sei batterie (contro le quattro della rivale), reggeva solo sei ore senza l'alimentatore, contro le oltre trenta del Game Boy.
    Il prezzo salato, la cattiva portabilità, il parco titoli limitato e la scarsa durata delle batterie avevano già reso un'altra console portatile, il Lynx di Atari, un clamoroso fiasco. Lanciato nel 1989, il Lynx soffriva di questi difetti in forma amplificata rispetto al Game Gear, così, nonostante la sua eccellenza tecnica, finì per ridursi a un costoso e ingombrante rottame (a dispetto del tentativo di Atari di salvarlo con una seconda versione, il Lynx II, più compatta e dotata di un dispositivo per il risparmio energetico).
    Il Game Gear non fu un fallimento totale, ma di certo non riuscì nell'impresa del Mega Drive di limitare Nintendo. Il Game Boy, la più famosa console portatile di sempre, e i suoi successori, Game Boy Pocket (un restyling dell'originale) e Game Boy Color, trainati a partire dalla seconda metà degli anni Novanta anche dalla serie culto Pokémon, vendettero oltre centocinquanta milioni di unità in tutto il mondo, consegnando il primato nel settore a Nintendo. SEGA tentò la carta finale lanciando nel 1995 il Nomad, un ottimo Mega Drive portatile che non ebbe successo a causa del suo eccessivo prezzo di lancio e perché non adeguatamente supportato dalla casa produttrice.
    Anche per Nintendo il mercato delle console portatili riservò un boccone amaro. Nel 1995 la casa nipponica lanciò il Virtual Boy, una specie di videogioco-binocolo solo teoricamente portatile che nelle intenzioni dei produttori avrebbe dovuto trasportare il videogiocatore in una realtà virtuale. Fu un disastro: il Virtual Boy era pesante, difficile da "indossare", faceva venire presto il mal di testa con i suoi soli due colori, rosso e nero, e soprattutto aveva un parco titoli striminzito e che poco aveva a che fare con la realtà virtuale. Il fallimentare Virtual Boy portò a una riorganizzazione interna a Nintendo e, curiosamente, ispirò anche il lancio di una macchina persino peggiore, la R-Zone di Tiger Electronics, un monocolo in rosso e nero ancor più misero e problematico per le emicranie dei videogiocatori. Tiger produsse più tardi anche un modesto concorrente del Game Boy, il game.com, dotato di un'innovativa ma scadente tecnologia touch screen e della capacità di connettersi a internet, ma solo collegando la console a un modem con un cavo (il che rendeva la funzione poco utile), e lanciato con una campagna promozionale assurda (il suo slogan era "Ha più giochi di quante cellule cerebrali abbiate voi fannulloni"). Ovviamente fu un flop. Di fatto, gli unici successi di Tiger Electronics nel mondo videoludico rimangono i simpatici plasticoni.

    La crisi di SEGA e l'ultima carta di Atari
    Il mancato successo del Game Gear rappresentò solo l'inizio dei guai per SEGA. Nel 1993 la "quarta generazione" delle console stava iniziando a volgere al tramonto e la casa nipponica aveva grandi piani. La "guerra dei bit" era ancora in corso. SEGA aveva anticipato Nintendo nei 16 bit e sperava di ripetere il colpaccio con le successive macchine, così portò avanti due progetti a 32 bit: si sarebbero rivelati altrettanti fallimenti. Il primo, il Sega Mega Drive 32X, uscì nel 1994 e fu un insuccesso a causa di difetti comuni a un altro avventato esperimento di SEGA presentato l'anno precedente, il Sega Mega CD, il supporto CD per il Mega Drive. Entrambi erano ingombranti, soprattutto per i cavi e le prese, costosi (in considerazione del fatto che erano a tutti gli effetti espansioni di una console, il Mega Drive, ormai sul viale del declino), e avevano un parco titoli scarno. Il secondo progetto, il Sega Saturn, più volte riprogettato e commercializzato tra il 1994 e il 1995, si rivelò una macchina farraginosa che inizialmente vendette bene ma che fu surclassata in breve tempo dai concorrenti, portando il reparto console di SEGA verso il baratro. A partire dal 1995 l'azienda giapponese si concentrò esclusivamente sul complesso Saturn abbandonando frettolosamente il Mega Drive e le sue espansioni, con il risultato di rimanere ancorata a una piattaforma per la quale era difficile sviluppare giochi.
    Ancor prima che i piani di lavoro di SEGA prendessero forma, la prima console a 64 bit (per quanto fosse in realtà più un ibrido 32-64 bit difficile per gli sviluppatori di giochi da sfruttare appieno nelle sue potenzialità) provvide a far comprendere al mondo dei videogiocatori che i bit non erano tutto. Alla fine del 1993 Atari, continuando la disastrosa tradizione cominciata con il Lynx (e con il mai pubblicato Panther a 32 bit), produsse un'altra console chiamata con il nome di un felino, il Jaguar. La vecchia Atari stupì tutti: con il mercato ancora diviso tra due piattaforme a 16 bit, presentò la sua innovativa macchina a 64 bit con lo slogan "Do the Math", ovvero "Fate i calcoli". Puntando sulla differenza di bit Atari intendeva sostenere che il Jaguar era ben quattro volte più potente, e quindi più divertente, del Super Nintendo e del Mega Drive (e due volte del neo uscito 3DO a 32 bit di Panasonic e altri). In realtà il Jaguar fu un clamoroso disastro commerciale, devastante per la sua azienda produttrice. Le cause furono diverse: il joypad orrendo, il parco titoli mediocre qualitativamente e povero numericamente e, soprattutto, una superiorità tecnica rispetto alle console a 16 bit che sostanzialmente non emergeva.
    Tra il 1994 e il 1995 la "quinta generazione" delle console per videogiochi entrò nel vivo e il Jaguar, con la sua inguardabile espansione per i CD (posta sulla console dava al tutto l'aspetto di un water), fu definitivamente sepolto, rimanendo una piattaforma apprezzata solo da un certo numero di affezionati sviluppatori indipendenti.

    Dal trionfo della PlayStation ai giorni nostri
    Nintendo gestì meglio di SEGA il superamento dei 16 bit. Per tutto il 1996 supportò con nuovi giochi l'ancora remunerativo SNES e, contemporaneamente, sviluppò e lanciò il Nintendo 64, un'ottima console a 64 bit giocabile in quattro simultaneamente che utilizzava alla grande la grafica in 3D e che vantava validi titoli di saghe come Zelda e Super Mario e divertenti platform, nella migliore tradizione della casa nipponica. Il Nintendo 64 fu però un successo solo molto parziale a causa della comparsa, datata 1995 (dicembre 1994 in Giappone), di quella che è forse la migliore console di tutti i tempi, se relazionata alla sua epoca storica: la PlayStation. La piattaforma, destinata a dominare il mondo videoludico per un quinquennio, rappresenta il debutto dell'azienda giapponese Sony nel mercato delle console per videogiochi.
    Sony tra il 1988 e il 1991 aveva provato a stringere un rapporto di collaborazione con Nintendo per la realizzazione di un supporto CD per lo SNES. L'accordo saltò per divergenze commerciali che ebbero strascichi legali. Sony non volle però rinunciare a inserirsi nel mercato delle piattaforme videoludiche, continuando a puntare sui CD. La scelta si sarebbe rivelata vincente. Con il Nintendo 64 legato alle ormai anacronistiche cartucce, buone solo in funzione antipirateria, la PlayStation, console a 32 bit (ennesima prova che i bit non sono tutto) monopolizzò la scena vendendo oltre cento milioni di unità, il triplo della macchina a 64 bit di Nintendo.
    Prima di progettare da sola la PlayStation e subito dopo il nulla di fatto con Nintendo, Sony propose una partnership anche a SEGA, che rifiutò perché i vertici giapponesi dell'azienda, sordi ai consigli dei loro colleghi americani, erano concentrati unicamente sul Saturn. Fu uno dei più grandi errori della storia dei video game.
    Le chiavi del successo della PlayStation furono la massiccia campagna pubblicitaria di Sony e il parco titoli eccezionale della console. I giochi della Play 1 erano tanti, di eccelsa qualità (alcuni autentici capolavori, come Metal Gear Solid e i videogiochi delle saghe Tekken, Gran Turismo, Final Fantasy, Crash Bandicoot e ISS Pro Evolution) e potevano essere venduti a prezzi molto bassi quando uscivano i loro successori, visti i costi di produzione contenuti dei CD (Nintendo con le costose cartucce del Nintendo 64 non poteva farlo). I giochi della PlayStation furono i primi ad apparire "veri" agli occhi dei videogiocatori e a offrire loro una qualità simile a quella dei videogiochi arcade a un prezzo economico (impresa solo sfiorata dal Super Nintendo). Con la comparsa della PlayStation le sale giochi, già in ribasso, persero molto appeal.
    La mitica Play 1 era una console giovane, utilizzabile anche per riprodurre CD musicali, facile da trasportare, resistente, con un joypad perfetto e una varietà di giochi fantastica: la console perfetta. La prima piattaforma videoludica di Sony ha talmente caratterizzato un'epoca che per anni si è parlato di "Generazione PlayStation" riferendosi ai giovani cresciuti negli ultimi anni del XX secolo.
    Un fattore che contribuì al successo della PlayStation fu che i suoi giochi erano facili da masterizzare. E' tuttavia assurdo sostenere che Sony vedesse in qualche modo di buon occhio la cosa: le console vengono spesso vendute poco più che al loro prezzo di produzione, a volte addirittura in perdita per le case produttrici, che guadagnano grazie alle royalty sulle vendite dei videogiochi.
    Curiosamente l'azienda olandese Philips conobbe un percorso di collaborazione fallita con Nintendo simile a quello di Sony e lanciò anch'essa una propria console a CD, con però ben altri esiti. Il gigantesco CD-i, nato da questo esperimento e presentato alla fine del 1991, si dimostrò una macchina praticamente ingiocabile.
    Il trionfo della PlayStation avviò un profondo cambiamento nel mercato delle console. Atari, dopo il disastro del Jaguar, fallì nuovamente e non riacquistò più un ruolo attivo nel mondo delle piattaforme videoludiche, limitandosi a riproporre i propri classici e a sviluppare qualche titolo prima di scomparire del tutto. SEGA non si riprese completamente dagli insuccessi del Mega CD, del 32X e del Saturn; pochi anni dopo si ritirò dal mercato delle console, non prima di aver emesso un canto del cigno degno della casa produttrice del leggendario Mega Drive/Genesis: fu la prima a realizzare, nel 1999, una piattaforma a 128 bit, il Dreamcast, macchina di ottima fattura che permetteva il gioco online; non ebbe grossa diffusione a causa dei problemi finanziari di SEGA, del fatto che non poteva leggere i DVD e perché oscurata dopo pochi mesi dalla sua uscita dalla PlayStation 2. L'azienda nipponica da allora continuò a creare giochi soltanto per le console delle altre case, compresa la storica rivale Nintendo. La stessa Nintendo, a lungo dominatrice, andò incontro nella seconda metà degli anni Novanta a significativi insuccessi: accanto al fiasco del Virtual Boy dovette incassare la sconfitta del pur ottimo Nintendo 64, penalizzato anche dall'uscita ritardata rispetto ai piani originali. Il colosso giapponese, però, era tutt'altro che finito.

    Il successo di Sony si ripeté nella "sesta generazione" delle console, iniziata intorno al 2000; la PlayStation 2, anche grazie alla sua retrocompatibilità con i giochi della Play 1 senza bisogno di alcuna periferica aggiuntiva (che serviva invece ad esempio al Mega Drive per leggere i giochi del Master System), divenne la piattaforma videoludica più venduta della storia, sbaragliando il successore del Nintendo 64, il GameCube, e la nuova arrivata, l'Xbox di Microsoft. Parallelamente la nuova edizione (redesign) della PlayStation, la PSOne, continuò ad avere un notevole seguito.
    Nella "settima generazione", cominciata tra il 2004 e il 2005, la competizione è stata molto più equilibrata, con il mercato diviso tra PlayStation 3, Xbox 360 e Nintendo Wii. Nel campo delle console portatili la partita, nelle due generazioni, ha visto prevalere Nintendo, anche grazie agli intramontabili Pokémon: i vari Game Boy Advance hanno spadroneggiato nella sesta era e i Nintendo DS hanno venduto il doppio della PlayStation Portable di Sony nella settima.
    L'"ottava generazione", la "Next-Gen", è in corso: PlayStation 4, Nintendo Wii U, Xbox One e altre macchine basate sul sistema operativo per dispositivi mobili Android si stanno contendendo, e si contenderanno nei prossimi anni, il mercato delle console fisse; Nintendo 3DS, PlayStation Vita e la console con sistema Android Nvidia Shield quello delle piattaforme videoludiche portatili, dovendo subire anche la concorrenza dei giochi per gli smartphone.

    Cosa resta della grande sfida degli anni Ottanta e Novanta
    I due decenni che vanno dall'Atari 2600 alla PlayStation sono stati unici nella storia dei videogiochi. Oggi siamo abituati a grafiche eccezionali e a giochi che sembrano veri; per quanti miglioramenti possano apportare gli sviluppatori quasi nulla ci lascia davvero a bocca aperta. Negli anni Ottanta e negli anni Novanta, invece, Atari, SEGA, Nintendo e Sony, grazie alla concorrenza che si fecero e che dovettero subire dalle tante altre case produttrici, come Mattel e Panasonic, che almeno in un momento provarono a entrare nel mercato videoludico, lanciarono prodotti realmente innovativi, raggiungendo vette ogni volta più sbalorditive. Senza quei due decenni di spietata concorrenza, sgarbi, strategie di marketing ai limiti della verità, sperimentazioni disastrose, fallimenti e titoli talmente belli da essere tuttora attuali, i livelli raggiunti oggi non sarebbero mai stati neanche sfiorati. I grandi risultati tecnici e di giocabilità odierni sono figli dell'indimenticabile e romantica sfida che ho provato a raccontare, una sfida che ha visto tanti vincitori e ancor più vinti. L'atmosfera di lotta senza quartiere di quei vent'anni per la conquista di un settore di cui non si potevano comprendere a fondo le potenzialità attualmente non c'è: il mercato è spartito tra tre macchine qualitativamente simili da più di dieci anni.
    Le console delle prime cinque generazioni sono ormai rare da trovare per gli appassionati di retrogaming (ovvero di video game non più in commercio); è ben più facile recuperare emulatori (software che ne replicano le funzioni) su internet. Agli occhi di un videogiocatore giovane appaiono vecchie e lente ed è inutile fare finta che non sia così in nome della nostalgia che attanaglia tutti coloro che, come me, sono in qualche modo cresciuti con il Game Boy, il Game Gear, il Super Nintendo e la PlayStation. Tuttavia, per comprendere il reale valore delle console migliori del passato bisogna pensarle nell'epoca in cui sono state prodotte, osservando i clamorosi progressi compiuti tra una generazione e quella successiva e riconoscendo il loro ruolo decisivo per l'evoluzione dei video game. Per quanto riguarda i bidoni, come il Virtual Boy o E.T. the Extra-Terrestrial per l'Atari 2600, vale la pena provarli per rendersi conto di quanto siano stati pessimi anche per i loro anni e per farsi un sorriso.
    I tempi cambiano, le console si evolvono e le esigenze del pubblico si plasmano sulle tecnologie disponibili. Tre cose però spero possano rimanere per sempre: la curiosità per quello che è stato, anche in un settore ludico come quello dei videogiochi, il rispetto per il grande lavoro fatto dai programmatori e per i classici delle epoche passate e la giusta considerazione delle console per quello che sono, macchine complesse, da non demonizzare né ridicolizzare anche se utilizzate da adulti, e allo stesso tempo giochi che, in quanto tali, dovrebbero avere il giusto spazio nella giornata di un appassionato di qualunque età.

    Per concludere
    Grazie a tutti coloro che avranno la pazienza di leggere fino in fondo questo mio lavoro che, seppure lungo, non mi illudo sia esauriente sull'argomento né tanto meno perfetto. Spero possa comunque accendere una lampadina di curiosità su un'epoca irripetibile per il mercato videoludico.
    Per scrivere questo pezzo mi sono basato su Wikipedia, sugli imperdibili video di James "The Angry Video Game Nerd" Rolfe, disponibili sui suoi canali YouTube e su cinemassacre.com, e naturalmente sui miei personali ricordi.



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    Una splendida collezione di console, molte delle quali protagoniste dell'approfondimento.
    Da sinistra a destra e dal basso verso l'alto, prima colonna: Atari Lynx II e, sopra, Game Gear; Atari 7800; PlayStation con Nintendo DS appoggiato sopra; due esemplari di Game Boy Advance. Seconda colonna: Nintendo 64; NES con appoggiati sopra Neo Geo Pocket Color (console portatile di SNK della "sesta generazione"), Game Boy Advance SP e Game Boy Color; Sega Master System II (redesign del 1992 con piccoli cambiamenti rispetto all'originale); Sega Mega Drive II (redesign). Terza colonna: Sega Mega Drive su Sega Mega CD; SNES; Neo Geo. Quarta colonna: Sega Master System; Sega Saturn; Atari 2600. Quinta colonna: Xbox; PlayStation 3; Xbox 360; PlayStation 2; Nintendo GameCube; Dreamcast.
    Nota: le identificazioni delle console sono mie. Le ho controllate accuratamente, spero di non aver commesso errori.


    Leggi anche: una mia analisi del duello Sega Mega Drive (Genesis) VS Super Nintendo (SNES)

    Edited by Oskar - 18/5/2021, 08:46
     
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    Molto interessante, anche se io non sò esattamente cosa sia una console di gioco, negli anni 80 compravo il mio primo "computer", una scatoletta minima marcata "Sinclair", funzionava con i nastri a cassetta ed era meravigliosamente programmabile grazie al linguaggio Basic Sinclair, in quegli anni nascevano moltissime riviste dedicate al Basic, ogni marca aveva la sua versione, ci potevi costruire il tuo programma programmando il computer autonomamente, mi sono divertito come un pazzo, i primi programmi gestionali, compreso un database me li sono fatti da solo, e anche qualche giochino tipo Pacman, era tutto un altro mondo, un sipario che si apriva verso il futuro, poi arrivò il primo Olivetti, che andava con i floppy disk e richiedeva ben altri programmi, e la favola finì.

    Edited by Romeottavio - 23/11/2014, 17:09
     
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    Grande lavoro davvero,e può essere un ottimo spunto per una nuova tesina per esame di stato
     
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    Grazie mille!
    Per Rosaria: non so quanto si sposi il tema con il mondo della scuola e in particolare con le tesine per l'esame di Stato, ma sarebbe un onore se il mio lavoro servisse da ispirazione per qualche studente.
     
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    Ti sbagli interessa e molto,ne ho già viste ma facevano pena.
    Fa parte della storia,del costume,del tempo libero in generale della società e dei giovani e questo va benissimo per una tesina.
     
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    E allora spero davvero che questo mio sudatissimo lavoro possa essere utile anche a qualche studente cara Rosaria, magari uno dei tuoi!

    Per Romeo: le console sono semplicemente le macchine elettroniche che si collegano alla tv per giocare con i videogiochi ;).
     
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    Momento personale: una foto del mio amato Game Boy, datato 1995 e ancora funzionante, la prima console che io abbia mai posseduto (più tardi ho comprato anche un Game Boy Color usato).
    QfUqwTG

    Tutte le altre piattaforme le ho sempre utilizzate solo dai miei amici, su tutti Elia (SNES e PlayStation). Con il mio amico Checco ho invece condiviso molte ore di Game Boy e grazie a mio cugino Ferruccio ho potuto giocare anche con il Game Gear.
    Negli anni ovviamente ho provato anche tutte (o quasi) le altre console di cui parlo nell'approfondimento grazie agli emulatori.
     
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    Vorrei ringraziare tutti coloro (e sono già molti) che hanno dedicato una parte del loro tempo libero alla lettura di questo mio lungo approfondimento.

    Ho corretto un particolare storico: su preziosa segnalazione di un amico ho constatato che George Armstrong Custer è stato un maggiore generale dei volontari, ma è arrivato ad essere solo tenente-colonnello nell'esercito regolare: per questo ho preferito correggere "generale Custer" con "George Armstrong Custer" nel mio lavoro.
     
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  9. Comneno
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    Approfitto anch'io per complimentarmi, è davvero una bella storia. Ricordo ancora i miei primi approcci con i giochi elettronici, dal primo della Tiger alle partite infinite con un mio amico che aveva il Sega MegaDrive. Mi sono fermato presto con le console, perché dopo che ho acquistato il primo PC mi sono limitato a giocare con quello. Però quella dei videogiochi è una bella storia fatta di fantasia, di sfida tecnologica ed anche di aziende. Non sarebbe male lavorare in Nintendo o in un'altra compagnia del settore. Peccato, davvero, che questo sia uno dei settori tecnologici in cui l'Italia è solo un consumatore.
     
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    CITAZIONE (Comneno @ 30/11/2014, 09:44) 
    Approfitto anch'io per complimentarmi, è davvero una bella storia. Ricordo ancora i miei primi approcci con i giochi elettronici, dal primo della Tiger alle partite infinite con un mio amico che aveva il Sega MegaDrive. Mi sono fermato presto con le console, perché dopo che ho acquistato il primo PC mi sono limitato a giocare con quello. Però quella dei videogiochi è una bella storia fatta di fantasia, di sfida tecnologica ed anche di aziende. Non sarebbe male lavorare in Nintendo o in un'altra compagnia del settore. Peccato, davvero, che questo sia uno dei settori tecnologici in cui l'Italia è solo un consumatore.

    Grazie mille dei complimenti!
    Sull'Italia hai ragione, ma va detto che è l'intera Europa ad essere solo consumatrice o quasi nel mondo delle console per videogiochi di fronte allo strapotere giapponese, con Sony e Nintendo e, in passato, SEGA, e (in misura minore) americano, con Atari prima e Microsoft oggi.
     
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    Ieri la Playstation ha compiuto vent'anni. Il 3 dicembre 1994 la prima console di Sony fu presentata in Giappone e l'anno dopo sbarcò nel resto del mondo, rivoluzionando il mercato dei videogame.
    Sony ha celebrato la ricorrenza con una versione a tiratura limitata della Play4 (12.300 pezzi, quanti quelli della Play1 venduti il giorno del suo lancio), di colore grigio, come la PlayStation originale.
    Che dire, buon compleanno mitica PlayStation!
     
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    Topic originale integrato con una fantastica immagine trovata in internet.

    Segnalo inoltre a chi fosse rimasto incuriosito dal mio approfondimento e avesse voglia di giocare ai video game del passato che, oltre a scaricare gli emulatori, da oggi può anche consultare la splendida raccolta di videogiochi antichi di https://archive.org/details/softwarelibrary_msdos_games/v2 e giocare gratis online!

    Edited by Oskar - 23/10/2015, 15:28
     
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    Ieri sera su Dmax è andato in onda, in prima tv italiana, il documentario statunitense del 2014 Atari: Game Over. Tratta degli avvenimenti narrati nel primo paragrafo del presente approfondimento, partendo dal ritrovamento delle cartucce di E.T. per l'Atari 2600, e di altri video game Atari, nella discarica di Alamogordo avvenuto nell'aprile 2014. E' un racconto intervallato da interviste a diversi personaggi chiave di Atari, Inc., dal suo fondatore Nolan Bushnell al programmatore del videogioco E.T. Howard Scott Warshaw. E' un lavoro appassionante, che rende giustizia alla grandezza di Atari nella sua fase iniziale e che non nasconde il disastro del suo fallimento. L'unica pecca, dal mio punto di vista, è l'eccessiva indulgenza per il gioco di E.T.: Howard Scott Warshaw merita tutte le attenuanti del caso, avendo avuto la miseria di cinque settimane per svilupparlo (contro i cinque-sei mesi normalmente concessi ai programmatori dei video game dell'epoca); inoltre ricevette il via libera di Steven Spielberg in persona a mettere il gioco in commercio. Va anche riconosciuto che E.T. non è stato probabilmente il peggior videogioco di sempre come si dice (Custer's Revenge è ancora più brutto, solo per fare un esempio) e di sicuro non ha rappresentato l'unica causa del fallimento di Atari, Inc., dovuto ad altri flop clamorosi come Pac Man e a scelte stretegiche assurde, su tutte quella di produrre per alcuni giochi più cartucce di quante console Atari 2600 fossero state vendute. Tuttavia non si può nascondere che E.T. fosse un videogioco osceno anche per i suoi anni, estremamente irritante da giocare, cosa che tutti possono constatare usando un emulatore.
    Detto ciò consiglio decisamente Atari: Game Over, che quasi certamente sarà replicato nelle prossime settimane, agli appassionati. E' agile (dura meno di un'ora) e ricco di curiosità; merita di essere visto.
     
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    Complimenti Oskar per la storia raccontata. Di sicuro il lavoro non è stato poco. Ma devo dire che hai raccontato e descritto bene gli albori del mondo dei videogiochi come li conosciamo oggi. Ancora complimenti :)
     
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17 replies since 22/11/2014, 19:57   2061 views
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