Storia e Politica

Votes given by Oskar

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    In effetti, torti e ragioni si mescolano come mai altrove. Israele ha occupato i territori dopo una guerra di aggressione, dunque inizialmente piuttosto a buon diritto; i problemi e gli errori sono venuti dopo, quando, anzichè programmare una loro restituzione, ha invece deciso di appropriarsene, colonizzandoli. Ben prima della strage di Gaza sono numerosi e ben documentati gli articoli che descrivono la vita da "stato di polizia" nei territori e i maltrattamenti e gli abusi (anche con morti più o meno accidentali) verso la popolazione palestinese. Tutto questo ha fomentato odio, che è scoppiato con la strage di Gaza. A questo punto è difficile, a mio avviso, non giustificare almeno in parte un desiderio di vendetta per il massacro di innocenti ma, al di là di questo, credo che dei politici intelligenti dovrebbero porsi anche obiettivi strategici realistici: se è condivisibile e anche auspicabile un'azione mirante ad eliminare il maggior numero di capi di Hamas, non si puo' non vedere come una guerra continua con bombardamenti massicci vada ben oltre, ottenendo di fatto il massacro di molte vittime civili innocenti, senza peraltro portare alla vittoria completa. Purtroppo è questo che Israele sta facendo, e per questo è condannabile: a meno che il suo obiettivo sia ora l'eliminazione fisica di tutti i palestinesi di Gaza, non si vede come continuare una guerra siffatta possa portarlo ad una vittoria completa (quando poi si sa che i massacri generano odio, il quale nutrirà sempre più le file di Hamas ed altri gruppi terroristici). Se in Israele e negli USA (ed anche in un'Europa che avesse un minimo di politica estera autonoma) ci fossero stati politici intelligenti e lungimiranti, si sarebbe iniziato già da tempo il ritiro dai territori occupati, come primo passo per la creazione effettiva di due stati.
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    Non spetta ai lettori conoscere e tenere conto dell'autoreferenziale presupposto sopra espresso: abbi quindi la (doverosa) cortesia di ripetere una delle locuzioni elencate nei post che scrivi.
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    CITAZIONE (Mario_A @ 28/4/2024, 12:18) 
    Ho letto spesso l'affermazione che le guerre sono sempre state combattute tra stati autoritari oppure tra uno stato autoritario ed una democrazia, ma mai tra due democrazie. Ovviamente in riferimento a periodi storici recenti, perchè in passato le democrazie non esistevano.
    Non ho mai controllato la veridicità di questa affermazione. Ci sono stati esempi di guerre tra due stati democratici?

    Se non sbaglio è una tesi avanzata (forse 25 30 anni fa ) da Paolo Mieli , purtroppo ho perso la documentazione di una serie di mail che ci scambiammo all' interno di una associazione culturale sull' argomento , ma vado a memoria

    All'osservazione di Oskar (dipende cosa intendiamo per guerre ) aggiungo anche dipende da cosa intendiamo per democrazie

    Se parliamo di guerre fra regimi elettivi liberali gli esempi non mancano : la guerra ispano americana del 1898 ne è un esempio ( la Spagna allora era un monarchia costituzionale con un sistema parlamentare bipartitico , sia pure censitario e abbastanza corrotto , ma anche l' Italia di allora non scherzava) , e anche la guerre anglo Boere ( le repubbliche Boere erano, per l'appunto repubbliche con regolari elezioni )
    Faccio notare che in tutti e due i casi la guerra fu iniziata dal contendente "più democratico"

    E comunque anche nella prima guerra mondiale Germania e Austria Ungheria non erano certo dittature paragonabili a fascisti e nazisti. Si svolgevano regolari elezioni, avevano sindacati e partiti socialisti , una stampa abbastanza libera .
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    CITAZIONE (Atlantista @ 30/4/2024, 00:16) 
    CITAZIONE (DorianGray10 @ 29/4/2024, 22:16) 
    CITAZIONE (Atlantista @ 29/4/2024, 18:27) 
    Io, però, tutte queste belle cose (cui sarei stato, sono e sempre sarei favorevolissimo) non le ho mai viste, né 40 anni fa né dopo.

    Vuol dire che finora hai vissuto in un altro pianeta

    Basta guardare negli anni '80 cosa hanno fatto la Thatcher nel Regno Unito e Reagan negli Stati Uniti

    Stavamo parlando esclusivamente dell'Italia

    CITAZIONE
    poi negli anni '90 e 2000 Berlusconi e company in Italia (ad esempio hai presente la cosiddetta "legge Biagi" che ha introdotto il precariato in Italia?) fino ai giorni nostri.

    Se per te la Legge Biagi equivaleva a (cito dal tuo post) "deburocratizzazione, deregulation, meno tasse per favorire la crescita e lo sviluppo imprenditoriale, meno spesa pubblica più libertà ai cittadini e meno presenza dello Stato" stiamo freschi...
    P.s. Per quanto riguarda il cosiddetto "precariato", la timidissima Legge Biagi (e pur il successivo Jobs Act) non ha introdotto nessuna precarizzazione, anzi quello italiano continua ad essere uno dei mercati del lavoro più ingessati del mondo, motivo non secondario per il quale gli investitori internazionali continuano a tenersi alla larga dal nostro Paese.

    Ma tu stavi parlando esclusivamente dell'Italia, io stavo facendo un discorso generale.

    Eh si, adesso vuoi vedere che la legge Biagi è una legge tipicamente di sinistra (il che può darsi, visto che la "sinistra" ha successivamente approvato il Jobs Act). Dopotutto è vero: per questo le aziende non investono in Italia, perché non sanno come licenziare i dipendenti, veramente un grande problema.
    Per chi ha studiato un minimo di diritto del lavoro sa benissimo che il professore Biagi aveva previsto anche una serie di ammortizzatori che non sono stati inseriti dentro quella legge poi approvata in parlamento. Però è una legge "timida", potevano fare di più, tipo reintrodurre la schiavitù.

    Però hai ragione, i continui provvedimenti approvati dai vari governi, destra e sinistra, non favoriscono le imprese; i continui condoni che a cadenza regolare di 2/3 anni vengono riproposti servono ai dipendenti pubblici e privati, sono loro in questo paese i veri evasori.
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    Con i se e i ma... , eccetera, tuttavia offrono l'occasione di riflettere.
    Ritengo che la "contraddizione" fosse inevitabile e anche logica: per il ruolo dei comunisti nella resistenza, certo, ma anche per la composizione dell'assemblea costituente e la "non congruenza" post bellica, o come chiamarla, del partito comunista italiano con il modello sovietico. Che pure, come scrive Mario, allora offriva di sé un'immagine allettante.
    Ma, azzardo, forse Togliatti, conoscendo quella reale, non la condivideva... Com'è noto, aveva proposto una via italiana al socialismo e stretto relazioni con cattolici, democratici, liberali e socialisti. E un mio zio comunista (l'unico; la famiglia -antifascista- aderiva al presto disciolto Partito d'Azione) deplorava ancora negli anni Sessanta l'occasione perduta.
    Quando le sinistre furono estromesse dal governo De Gasperi, intenzionato a collocarsi nel blocco filo-Usa, Togliatti seguì le direttive dell'URSS (vedi per es. invasione dell'Ungheria), sempre però mantenendo chiara, nel suo ruolo di politico italiano, l'adesione alla democrazia.
    Equiparare qui da noi antifascismo e anticomunismo rappresenta insomma, dal mio punto di vista, una sciocchezza storica del tutto strumentale

    Edited by virelle - 26/4/2024, 21:48
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    I Partigiani sono i veri eroi del 25 aprile.
    Grazie partigiani.
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    Meno male che qualche paletto all'agiografia (I tedeschi sì che hanno fatto i conti con il nazismo! ) è stato già posto.
    Ho viaggiato un po' in Germania pre e post muro e mi sono trattenuta più spesso nel periodo '93 - '97. Per quel che ho colto e letto, fino alla riunificazione è prevalso o quasi il silenzio sul nazismo. E nel periodo successivo si è passati, direi, all'eccesso opposto, almeno quanto a visibilità "monumentale", specie a Berlino. Lo scopo penso sia stato quello, comprensibile, di "varare" una coscienza collettiva comune.
    Uguale funzione si è proposta di svolgere la "mitologia" post resistenziale condannata da Atlantista. Malgrado le ipocrisie e contraddizioni ritengo fosse necessaria e, nella giusta rivisitazione storiografica, da mantenere: un primum fondativo non è mai scevro da pecche, ma ogni paese ne ha bisogno per sentirsi tale, e l'Italia aveva perso quello risorgimentale strumentalizzato dal fascismo. Demolirlo è un errore.
    Così intendo il 25 aprile.
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    CITAZIONE (DataDrifter @ 16/4/2024, 08:13) 
    Esattamente. Quando vai dal meccanico e gli lasci la tua macchina, quella rimane tua, non penso che se la prestasse a gente che non conosci ti andrebbe a genio.

    Certamente, se scoprissi che il mio meccanico presta la macchina ad altri che non conosco, senza il mio permesso, sarei alquanto contrariato e cesserei sicuramente di essere cliente di quel meccanico.
    Ma il paragone con i soldi non ha alcun senso. La macchina è un oggetto materiale, e l'uso da parte di altre persone ne aumenterebbe l'usura, verrebbe sporcata etc. I soldi che muovono le banche sono immateriali. Il mio conto in banca non è fatto di mazzette di banconote chiuse in una cassetta di sicurezza, ma un file nella memoria di un computer.
    Quindi, purchè, alla fine, rimangano nella mia disponibilità, non mi interessa che uso fa la mia banca dei miei soldi, purchè sia un uso legale.
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    Luigi Mascilli Migliorini è uno storico docente di Storia del Mediterraneo moderno e contemporaneo e di Storia moderna presso l'Università degli Studi di Napoli "L'Orientale", autore di molti testi in particolare del periodo Napoleonico e della storia d'Italia nel XIX secolo , nonchè , insieme ad altri di una "Storia del mondo dall' anno mille ai giorni nostri" che cerca di superare il tradizionale approccio eurocentrico

    Ospite spesso di trasmissioni televisive , è solito citare come occasione mancata del Risorgimento il progetto di "Assemblea costituente italiana " , sorto dopo la spedizione dei mille in ambienti Garibaldini e Mazziniani e rifiutato subito da Cavour e Vittorio Emanuele II

    Nel suo recentissimo "11 maggio 1860" (editori La Terza 2023) Mascilli Migliorini riprende il tema a conclusione del suo racconto sull' impresa di Garibaldi

    Il racconto della preparazione e dello sbarco è scritto con uno stile molto narrativo , chi si aspettava un saggio potrebbe essere un pò deluso.
    L' ultimo capitolo Migliorini riprende un tono decisamente saggistico , provo a riassumere qui di seguito le pagine 168 172 dove viene affrontato l' argomento , in corsivo il testo originale


    Mascilli Migliorini parte dall’ osservazione che “l'impresa dei Mille si era proposta sin dal suo inizio l'obiettivo di riequilibrare un rapporto tra le correnti convintamente democratiche, quando non francamente repubblicane, del movimento patriottico e quelle di ispirazione liberale, moderate e dichiaratamente monarchiche.” Ma aver rinunciato con il grido con "Italia e Vittorio Emanuele" ad un impostazione pregiudiziale repubblicana non significava , per lo stesso Garibaldi rinunciare alla “pregiudiziale democratica”; in altre parole non limitarsi a cacciare dalla Penisola i governi stranieri e le dinastie sostanzialmente ancora espressione dell'Antico Regime ma riversare in senso istituzionale e politico nelle varie parti d' Italia che il movimento democratico riconosceva diverse e diversificate il nucleo dell' eredità della rivoluzione europea conclusa qualche decennio prima

    Lo stesso Mazzini arrivato a Napoli “si era mostrato disposto ad accantonare ogni immediata idea di repubblica se questo avesse facilitato la formazione di un'Assemblea Costituente, destinata a dare al nuovo Regno una Carta che non fosse espressione - come lo Statuto Albertino - di una stagione, di una cultura, di un ceto e di una dinastia che rappresentavano non la sintesi, ma una delle parti che ad essa avevano concorso. La sintesi poteva riposare solo in una Costituzione approvata dal popolo italiano, al quale, al contrario, vennero progressivamente offerti solo plebisciti di annessione al Regno sabaudo e al suo sovrano.”
    D’altra parte Migliorini concorda con Osserva con Rosario Romeo che "Cavour non avrebbe potuto accettare questa diversa Italia, nata 'd'un getto' dalla iniziativa popolare e fondata dunque sul nuovo patto nazionale stipulato dalla costituente e non sullo Statuto, senza rinunciare a quell'Italia borghese e moderata, fondata sul liberalismo economico e sul gradualismo politico, alla quale egli e gran parte delle forze sociali e della cultura più moderna del paese avevano aspirato per decenni". Avuta la certezza che la forma Monarchica non era in discussione Cavour si rifiutò di seguire, Mazzini e Garibaldi sul terreno dell’Assemblea costituente.

    L’abbandono di questa strada, continua l’autore, comportò alti costi, con un sistema parlamentare molto fragile, che non resse all’ avvento del fascismo. Fu dato un “come patto fondativo di una nazione del tutto nuova e assai complessa uno Statuto, quello voluto da Carlo Alberto nel 1848 ispirandosi alle esperienze della Charte borbonica e della Costituzione di Luigi Filippo dopo la rivoluzione liberale del 1830, sostanzialmente octroyé, concesso e non discusso, chiaramente improntato al pensiero politico più cauto della Restaurazione europea”.

    D’altra parte, anche dal punto di politico e amministrativo, la scelta di una soluzione accentrata secondo il modello napoleonico, rifiutando ogni ipotesi di federalismo o di decentramento, non teneva conto della realtà plurima e differenziata dell’Italia.” Tutta la legislazione sulle autonomie comunali e provinciali, tutta la legislazione in materia scolastica e di pubblica sicurezza, nonché tutta la codificazione penale e civile, adottate in via provvisoria dal Regno di Sardegna tra l'ottobre e il novembre del 1859, nel vivo ancora delle emergenze militari e diplomatiche di quella fase del processo unitario, estensione, dunque, in larghissima parte ai nuovi territori annessi della normativa piemontese, finirono col diventare la camicia di forza ordinativa nella quale venne stretto lo Stato unitario.”
    Simbolo di come si trattasse più di annessione al vecchio Piemonte e non di creazione di uno stato nuovo, fu la prosecuzione della numerazione del Parlamento (la legislatura che salutò la nascita dell'Italia unita fu, così, non la prima, ma la settima) e la titolazione della numerazione del Sovrano (Vittorio Emanuele è secondo nella successione sabauda e non diventa primo come re d'Italia).


    Mascilli Migliorini si concentra sulla volontà espressa da Vittorio Emanuele di puntare su “la via della continuità dinastica e l'espunzione da sé di ogni imbarazzante contiguità con le spinte alla trasformazione politica e sociale. "In Italia io so che chiudo l'era delle rivoluzioni": Vittorio Emanuele lo aveva scritto, un mese prima, all'indomani della battaglia del Volturno, in un Proclama ai Popoli dell'Italia meridionale destinato a preparare il suo arrivo nel Mezzogiorno. Sapeva bene che il processo di unificazione nazionale era stato anche un ininterrotto ciclo di rivoluzioni che, a partire da quelle cosiddette "giacobine" degli ultimi anni del secolo preceden¬te, avevano mantenuto vivo - come non era accaduto e non accadeva in nessun paese europeo, Francia, forse, esclusa - lo spirito vitale e contraddittorio dell'Ottantanove. Ma quella possibilità di racconto, che la storia offriva, non poteva avere spazio nel racconto della nazione unita. Il Risorgimento non era - nemmeno per frammenti sparsi - una parte della Rivo¬luzione francese, non era nato da essa e da essa, anzi, si era tenuto sempre (lo spiegherà di lì a qualche anno Alessandro Manzoni nel suo celebre La Rivoluzione francese del 1789 e la Rivoluzione italiana del 1859) distante”

    Se l’impresa dei mille aveva rappresentato uno dei massimi punti di contatto e collaborazione fra le due grandi famiglie po¬litiche che avevano caratterizzato il nostro risorgimento , quella moderata e quella democratica , la scelta di continuità di Vittorio Emanuele e Cavour ne determinò la frattura, come efficacemente esternò in Parlamento Francesco Crispi, prima della sua conversione monarchica "Credete voi - chiedeva l'antico garibaldino agli uomini della Destra al governo - che noi tutti, associandoci a voi, facendo col Principe l'unità nazionale, credete che noi pensammo farla a dispetto della libertà? Vi ingannate. Credete voi che il popolo italiano, associandosi a noi, abbia fatto questa unità perché sia il monopolio di una classe, perché sia sfruttata da pochi e non sia beneficio di tutti? Vi ingannate".
    D’altra parte Mascilli Migliorini ricorda che i prodromi del risorgimento nacquero proprio dal Sud , nella Repubblica Napoletana del 1799 e nel seguito che ebbe il disperato tentativo di Murat .
    . Il rifiuto di convocare un'Assemblea Costituente all'indomani della raggiunta unificazione territoriale e politica apparve, dunque, non solo come il sacrificio di una parte - quella democratica - soc¬combente, ma anche come il prevalere di una metà del nuovo Stato sull'altra e questo ancor prima che la "piemontesizzazione" rivelasse, negli anni successivi, la difficoltà della classe dirigente unitaria ad armonizzare le differenti componenti territoriali e sociali della penisola e, soprattutto, a definire in termini accettabili la relazione tra Nord e Sud del paese.

    Edited by lucrezio52 - 11/4/2024, 07:54
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    Senz'altro ricordo la commozione di quando, al British Museum, mi trovai di fronte alla stele di Rosetta: avete presente una delle scimmie vicino al monolite in 2001: Odissea nello spazio?
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    Vi ringrazio per la vostra considerazione! :)
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    CITAZIONE (lucrezio52 @ 7/4/2012, 20:16) 
    Permettetemi dal profondo della cultura laica fare a tutti gli amici gli auguri con questa questa interpretazione della Pasqua di Giovanni Bovio, filosofo e parlamentare repubblicano di cui, fra l' altro , il 15 aprile ricorreranno 109 anni dalla scomparsa

    LA VERA PASQUA

    Verrà un giorno in cui l'uomo non

    stenderà più la mano tremula

    davanti all'altro uomo, tutti avranno

    una casa ed una voce amica....

    QUEL GIORNO È PASQUA

    Sul mare odo gemiti di gente ignota che

    va in terra ignota, e sul lido

    parole rotte di persone care che non si

    rivedranno....

    QUEL GIORNO NON È PASQUA

    Verrà un giorno in cui il ferro non

    sarà Legge e l'oro non sarà Dio:

    sarà religione e nobiltà il lavoro.

    Quel giorno, a qualunque ora, in

    qualunque ordine della settima

    arrivi, santificatelo....

    È PASQUA SANTA

    Sorgete dalle miniere, dalle caverne,

    dai tuguri; destinatevi al

    dominio della Terra; discostate la

    tracotanza dei flagellatori;

    alitate lo spirito sulla faccia ai

    timidi.

    TALE È LA RESURREZIONE......

    TALE È LA PASQUA

    (Giovanni Bovio)

    Sono versi con ben poco di trascendente , tutti rivolti a cose di questa terra , ma credo che il messaggio di solidarietà e amore possa essere condiviso anche dagli amici con un legame religioso.

    Buona Pasqua a tutti

    confermo tutti i sentimenti augurali di 12 anni fa
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    Firenze, 19 mar. Salario minimo in tutti gli appalti del Comune di Firenze: lo prevede una delibera presentata dalle assessore al Welfare ed Educazione Sara Funaro e al Lavoro Benedetta Albanese, approvata oggi dalla giunta. L'atto stabilisce che nessuno dovrà guadagnare meno di 9 euro l'ora negli appalti affidati dal Comune. "Nel bando di gara sarà indicato il contratto di miglior favore, come è stato fatto alcuni giorni fa per i lavoratori dei musei civici, indicando quello di Federculture che ha garantito maggiori tutele e salari", spiega Funaro, peraltro candidata a sindaco di Firenze e che nei giorni scorsi aveva annunciato questa misura assieme alla segretaria del Pd Elly Schlein. "Con questa delibera il Comune di Firenze garantisce che non vengano attivati contratti pirata - ha spiegato Funaro -imporremo nei bandi l'applicazione solo dei contratti collettivi nazionali sottoscritti dalle organizzazioni sindacali più rappresentative e verificheremo tutti i contratti già in essere". "Oggi abbiamo approvato in giunta una delibera molto importante - ha detto il sindaco Dario Nardella -, che definirei storica, Siamo la prima città d'Italia a farlo".
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    CITAZIONE (Salvo49 @ 18/3/2024, 09:44) 
    La teorica del "viva/abbasso" non mi è mai appartenuta. Mi sembra invece semplicistica la retorica, tuttora dominante nel mainstream di provenienza americana, del "... ma la Russia ha aggredito e l'Ucraina è stata aggredita". Proprio valorizzando la necessità, da te peraltro evidenziata, di comprendere l'articolato percorso storico della crisi russo-ucraina, che non comincia nel 2022, mi permetto di invitarti a rivedere tutte le fasi precedenti di questa crisi, gli accordi trasgrediti, le promesse saltate, le garanzie farlocche ecc. ecc.

    Be', la tesi per cui i cittadini russi votano Putin in quanto hanno capito che la guerra in Ucraina non è una guerra imperialista ma difensiva, contro la politica -quella sì imperialista- di accerchiamento e sgretolamento della Russia che l'infame Occidente a guida americana persegue dalla fine del regime sovietico non mi sembra un giudizio propriamente "articolato". E la qualifica di "infame" all'intero Occidente andrebbe almeno motivata.
    Quanto al comprendere, ripercorrere ecc. credo di averlo fatto ad abundantiam già prima dell'invasione, quando ogni considerazione sui rischi della reazione russa provocava accuse di filo-putinismo. La discussione sulla Crisi ucraina, pur mutilata dalla scortese auto-cancellazione dei post di frapalin, sostenitore a mio parere acritico della "virtù" ucraina, contiene diversi post in proposito e altri figurano in questa. Di "come si fa la storia" abbiamo discusso qui: https://storiaepolitica.forumfree.it/?t=79574325 evidenziando la correttezza metodologica che il giudizio richiede.
    Nel caso specifico -peraltro quasi mai, in ogni conflitto- le vittime non sono del tutto "innocenti", il che va esposto con chiarezza, ma restano appunto vittime: il giudizio conclusivo non può porre sullo stesso piano aggrediti e aggressori, e tanto meno a giustificare questi ultimi. E, per concludere, ritengo di possedere strumenti adeguati a "fronteggiare" il dominio del mainstream americano.
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    La questione dell'autonomia differenziata è un cavallo di battaglia della Lega da tempo immemore, non caso il disegno di legge è stato presentato da Calderoli. Questo sempre per precisare di come la Lega sia sempre orientata a Nord, visto che al Sud che credono che la lega sia diventato "partito nazione".

    La mia idea su questo DDL è stata questa: non riuscendo a dare lo Statuto speciale a Veneto, Lombardia ed Emilia Romagna, spingono su questo disegno di legge avendo le spalle coperte dalla riforma del Titolo V della Costituzione avvenuto nel 2001 ad opera del centro-sinistra, tra l'altro.
    Lo Statuto speciale presuppone una modifica della Costituzione e quando questo avviene, viene data la possibilità di chiedere un referendum di conferma delle modifiche a tutti i cittadini italiani, quindi anche quelli al sud: e come pensiate che voteranno quelli al sud sulla possibilità che il nord si tenga la maggior parte degli introiti tributari delle rispettive regioni? Quindi si va per vie traverse.
    Ma questa è la mia idea.

    Mi è parso di capire che accade questo: questo disegno di legge permette alle regioni che ne facciano richiesta di trattenere la maggior parte degli introiti tributari riscossi presso le stesse regioni per finanziare tutti i servizi che le spettano di competenza, grazie al Titolo V modificato in costituzione.

    Parlando di cifre: il bilancio dello stato italiano è di circa 800 miliardi e questi vengono spesi dallo stato in prima persona oppure dalle regioni attraverso trasferimenti (ricordando sempre che ogni regione, provincia e comune dispongono di entrate proprie attraverso propri tributi, tipo l'IRAP per le regioni, il bollo auto per le province, metà IMU per i comuni).
    L'autonomia differenziata interviene prima che i soldi vengono trasferiti allo stato, facendo in modo che la regione trattenga quello che serve per finanziare i suoi servizi offerti.
    La regione Veneto ha chiesto di gestire il 90% delle imposte riscosse presso il suo territorio, la Lombardia il 75% e l'Emilia-Romagna il 60%.
    Ora non è detto che queste richieste vengono accolte dal governo, perché bisognerebbe comunque fare i conti con la realtà, ma immaginando per un attimo che si accolga la richiesta Veneta, cioè che a tutte e 3 le regioni viene permesso di gestire il 90% delle risorse, verrebbero a mancare nelle casse dello stato circa 190 miliardi; se si accogliesse l'ipotesi dell'Emilia Romagna, ovvero il 60% per tutte e 3, verrebbero a mancare alle casse dello Stato circa 120 miliardi.

    E' a questo punto che interviene il governo con i famosi LEP: i "livelli essenziali delle prestazioni".
    Partendo dal presupposto che con questa legge si creerebbero squilibri tra servizi offerti dalle regioni del nord e quelle del sud, la Costituzione impone che tutte le regioni devono cominciare dallo stesso punto di partenza: cioè che le prestazioni minime (pensiamo alla sanità, giustizia, istruzione ecc) devono essere garantite in tutte le regioni, poi chi ha di più investe sul territorio e offre servizi aggiuntivi.
    La teoria è molto interessante ma come avviene in ogni materia, la pratica è completamente differente.
    Se dovessimo applicare oggi questa teoria dei LEP, senza che sia stata approvata la legge Calderoli sull'autonomia differenziata, al Sud spetterebbero di diritto 75 miliardi di euro l'anno.

    Quindi ricapitolando: su 800 miliardi di bilancio statale, al sud ne spetterebbero 75 per via dei LEP, mentre con la legge Calderoli, male che vada ne mancherebbero 190 sul nascere.

    Poi un conto sono le idee: se la guardiamo dal punto di vista di un Veneto, potrebbe essere giusto che al sud vadano meno soldi, visto che non li sanno spendere o vengono spesi male; dal punto di vista di un Calabrese magari non sarebbe giusto visto che già adesso non vengono rispettati i LEP.
    Però queste sono considerazioni ideologiche.
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